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Acque reflue: panoramica sulle tipologie di impianti di depurazione

By 10 Aprile 2017Luglio 26th, 2022Sicurezza Ambientale11 min read
schema impianto trattamento reflui

Tipologie di scarichi e impianti

Il D.Lgs. 152/06 definisce come scarico “qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione.” (art. 74, comma 1, lettera ff), e aggiunge la definizione “acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico”(art. 74, comma 1, lettera gg)”.

Lo stesso decreto prevede anche una molteplicità di scarichi, differenziati in funzione della provenienza e del corpo ricettore.

In base alla provenienza si possono distinguere le seguenti tipologie di scarichi:

  • acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
  • acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;
  • acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato.

 

Gli scarichi di acque reflue urbane sono ulteriormente distinti in funzione delle dimensioni dell’agglomerato urbano a monte e riferiti agli abitanti equivalenti serviti.

Sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue (comma 7 dell’art. 101 del D.Lgs. 152/06) provenienti da imprese dedicate alla coltivazione del terreno e della silvicoltura, allevamento del bestiame, imprese che esercitano la trasformazione o valorizzazione delle produzione agricola, con materia prima lavorata prevalentemente aziendale, impianti di acqua coltura e di piscicoltura (in relazione alla densità di allevamento).

In base al corpo recettore degli scarichi, si individuano invece:

  • Acque superficiali (Acque costiere, acque di estuario, acque dolci);
  • Suolo e strati superficiali del sottosuolo;
  • Acque sotterranee e sottosuolo;
  • Rete fognaria

 

Esistono di fatto solo due grandi tipologie di impianti di trattamento per le acque di scarico:

  • Impianti trattamento acque civili o assimilabili alle civili di tipo biologico
  • Impianti di trattamento delle acque industriali di tipo chimico/fisico

 

All’interno di queste due maxi categorie esistono infinite tipologie di trattamento molte volte combinate.

Negli impianti di trattamento di tipo biologico si osserva la formazione di una coltura microbica definita FANGO ATTIVO, che cresce aggregata alle particelle organiche ed  inorganiche di cui di nutre.

In genere, la biomassa che si sviluppa nel fango è costituita al 95% da batteri e per la restante parte da organismi più complessi (protozoi e metazoi).

Il ruolo di questa biomassa nel processo depurativo è duplice:

  • Metabolizzare la sostanza organica contenuta nei liquami
  • Costruire dei fiocchi di fango capaci di separarsi per gravità dall’acqua all’interno del sedimentatore finale.

 

Questa seconda fase presenta abbastanza frequentemente delle difficoltà, che possono essere ascritte a differenti patologie del fango attivo; l’effetto associato a tali disfunzioni può essere un globale peggioramento della qualità dell’effluente finale, la massiccia formazione di schiume sulla  superficie delle vasche aerate o dei sedimentatori secondari, la copiosa fuoriuscita di fango dai sedimentatori, ecc.

Relativamente ai sistemi di depurazione previsti per le acque reflue domestiche, si evidenziano i seguenti sistemi di trattamento:

 

  • Degrassatore o Vasca Condensa Grassi

Un abitante residente produce mediamente 5 kg di grasso all’anno.

La separazione di sostanze oleose e grasse contenute nell’acqua di scarico avviene in modo naturale, per flottazione mediante processo fisico di gravità (peso specifico inferiore a quello dell’acqua, sull’ordine dei 800-840 kg/mc).

Vengono installati ai piedi delle colonne di scarico dei reflui provenienti dai lavelli e lavastoviglie delle cucine di abitazioni, mense, ristoranti, collegi, convitti, ecc…, e sono ispezionabili dall’alto attraverso i chiusini removibili situati sulle piastre di copertura vasca.

Di seguito si riporta uno schema di un degrassatore.

schema degrassatore

 

L’efficienza del degrassatore è legata alla esecuzione con regolarità delle normali operazioni di

manutenzione: rimozione periodica del materiale galleggiante e di quello depositato nel fondo.

 

  • Fossa IMHOFF

Le vasche settiche di tipo Imhoff, devono essere costruite a regola d’arte, sia per proteggere il terreno circostante e l’eventuale falda, in quanto sono anch’esse completamente interrate, sia per

permettere un idoneo attraversamento del liquame nel primo scomparto , permettere un’idonea raccolta del fango nel secondo scomparto sottostante e l’uscita continua, come l’entrata, del liquame chiarificato.

Il liquame grezzo entra con continuità, mentre quello chiarificato esce.

Devono avere accesso dall’alto a mezzo di apposito vano ed essere munite di idoneo tubo di ventilazione .

L’ubicazione deve essere esterna ai fabbricati e  distante almeno 1 metro  dai muri di fondazione , a non meno di 10 metri da qualunque pozzo, condotta o serbatoio destinato ad acqua potabile, con disposizione planimetrica tale che le operazioni di estrazione del residuo non rechino fastidio.

Il comparto di sedimentazione deve permettere circa 4÷6 ore di detenzione per le  portate di punta mentre se le vasche sono piccole si consigliano valori più elevati.

Per le sostanze galleggianti occorre aggiungere una certa capacità per persona.

Come valori medi di capacità del comparto di sedimentazione si hanno circa 40÷50 litri per utente e  mai meno di 250÷300 litri complessivi.

Per il compartimento del fango si hanno invece capacità di 100÷120 litri pro capite, in caso di almeno due estrazioni all’anno; per le vasche più piccole è consigliabile adottare capacità di 180÷200 litri pro capite, con una estrazione all’anno. Per scuole, uffici e officine, il compartimento di sedimentazione va riferito alle ore di punta con minimo di tre ore di detenzione con conseguente riduzione del fango sedimentato.

Di seguito si riporta uno schema di una vasca Imhoff.

schema vasca imhoff

 

E’ importante ricordare che a monte della vasca è opportuno installare un degrassatore, che gli eventuali scarichi di acque meteoriche devono essere deviati a valle della fossa Imhoff e che la frequenza minima di espurgo dei fanghi deve essere almeno annuale.

 

  • Fitodepurazione

Si tratta di impianti alimentati con acque pre-trattate con una copertura superficiale vegetale costituita da macrofite acquatiche autoctone.

Gli impianti si suddividono in:

  • Impianti a flusso superficiale (SF);
  • Impianti a flusso sommerso orizzontale (HF);
  • Impianti a flusso sommerso verticale (VF).

 

le singole tipologie possono essere utilizzate singolarmente oppure in moduli collegati in serie o in parallelo in relazione alle necessità.

Nei liquami in ingresso devono essere rimossi il più possibile le sostanze particolate e le parti più grossolane per evitare intasamenti dei letti. Al riguardo si possono utilizzare fosse settiche a più scomparti o fosse tipo Imhoff.

Il substrato deve essere scelto in base alle caratteristiche di porosità e conducibilità idraulica che influirà sul tempo di residenza (può essere utilizzata ghiaia non frantumata e sabbia lavata o altri materiali equivalenti).

Per la vegetazione l’essenza più utilizzata è la cannuccia di palude (Phragmites australis)  per il suo ruolo di “pompa di ossigeno” svolto dall’apparato radicale, estremamente importante nei flussi sommersi.

L’impermeabilizzazione del letto è necessaria per evitare la percolazione in falda.

Per terreni con permeabilità > 10-7 m/s si deve procedere con impermeabilizzazione artificiale.

La Fitodepurazione è un sistema rivolto principalmente ad acque reflue domestiche o assimilate di

insediamenti e nuclei di ridotta potenzialità (alcune decine di abitanti equivalenti) ed è più elevata in presenza di superfici disponibili.

Tramite questo sistema di depurazione si raggiungono buoni rendimenti depurativi per il BOD5 (Domanda Biochimica di Ossigeno) ed i solidi sospesi equiparabili ad un trattamento secondario.

 

– Impianti a flusso superficiale (SF)

Strutturalmente la Fitodepurazione è costituita da bacini o canali poco profondi, impermeabili (strato di argilla, calcestruzzo o manti impermeabili quali le geomembrane ) con un substrato in cui radica la vegetazione e  con delle strutture idrauliche per il controllo dei livelli al fine di mantenere l’area allagata e con flussi idrici all’interno.

La superficie liquida si trova sopra il substrato e l’altezza del livello dell’acqua varia in relazione alle

caratteristiche del refluo in ingresso, al livello di trattamento che si intende raggiungere ed al tipo di essenza impiegata.

Le essenze maggiormente utilizzate sono le seguenti:

  • Tipo vegetativo: Macrofite radicate emergenti (es. Phragmites australis, Thypha latifoglia, Carex elata,ecc);
  • Tipo sommerso (es. Potamogeton);
  • Tipo natante ( es. Nynphaea alba, Nuphar lutea).

 

Per conseguire un soddisfacente risultato depurativo in  termini di sostanza organica e solidi sospesi i dati di letteratura indicano valori> 20 m2/ AE.

 

Impianti a flusso sommerso orizzontale (HF)

Gli impianti HF sono costituiti da bacini impermeabili riempiti con substrato di materiale inerte di diversa granulometria (ad esempio : ghiaione lavato da 40/70 mm per uno spessore di 15-20 cm;  ghiaietto lavato da 10/20 mm per 15 cm di spessore come supporto per le radici).

Al di sopra si pone in genere un telo di “tessuto non tessuto” e 40-50 cm di una miscela di terreno e  torba al 50% dove sono messe a dimora le piante.

La superficie dei letti deve essere perfettamente piana, mentre il fondo avrà una leggera pendenza (non superiore all’1%) per garantire il deflusso.

La distribuzione del liquame avviene da un lato e di norma si utilizzano sistemi dotati di dispositivi per facilitare la pulizia. Per il deflusso vengono consigliate tubazio ni da 100 – 150 mm di diametro

con fori da 10 mm poste sul fondo dal lato opposto alla distribuzione;.

Come substrato il materiale di riempimento è costituito da ghiaia lavata da 4/8 mm, mentre i tubi di distribuzione e drenaggio vengono ricoperti da ghiaia 16-32 mm.

La tubazione di uscita è collegata ad un dispositivo regolatore di livello per favorire l’allagame nto della superficie o il completo svuotamento e mantenere il livello saturo di esercizio.

A monte ed a valle del letto vengono realizzati i pozzetti di ispezione necessari per il controllo dei livelli ed il prelievo dei campioni.

Gli impianti HF necessitano della realizzazione di bordi sopraelevati per evitarel’ingresso delle acque di pioggia (argini di guardia di circa 20 cm).

La vegetazione più utilizzata per questa tipologia di impianto è la Phragmites australis e per mantenere le funzioni evaporative delle piante è necessario provvedere alla periodica manutenzione della vegetazione.

 

– Impianti a flusso sommerso verticale (VF)

Anche nel caso di impianti VF la superficie del letto deve essere orizzontale e perfettamente piano. Il flusso liquido è verticale ed il caricamento avviene dall’alto e deve essere eseguito in modo uniforme utilizzando tubazioni forate di PVC o polietilene ( con fori distanti circa 1 metri).

L’alimentazione avviene in modo discontinuo ed è realizzata attraverso pompe o sistemi a sifone quando la pendenza lo  consente. Il refluo percola lentamente attraverso il letto e viene convogliato verso il sistema di raccolta posto alla base.

Il letto drena liberamente consentendo all’aria di saturarlo.

Il refluo successivo assorbe l’aria e insieme all’areazione provocata dal flusso viene ossigenato in maniera consistente garantendo l’ossigenazione necessaria per la nitrificazione dell’azoto ammoniacale.

Il dispositivo di drenaggio è posto sul fondo del letto e copre tutta la superficie utilizzando tubi drenanti posti a distanza di circa 2 m che sono collegati ad un condotto di raccolta connesso a sua volta con il sistema di scarico ad altezza variabile necessario per l’allagamento della superficie.

Sopra il drenaggio si pone il materiale di riempimento costituito da ghiaia lavata.

Il substrato è costituito da ghiaia lavata a diversa granulometria decrescente o sabbia lavata per uno spessore di circa 1 metro.

Anche in questo caso sono necessari sistemi di contenimento delle acque meteoriche (argini perimetrali) attorno ai letti.

Relativamente agli Impianti Industriali si evidenziano le seguenti tecniche di depurazione:

 

  • Depurazione chimico/fisica

Consiste nell’aggiungere dei prodotti opportuni (reattivi) allo scarico in modo che i composti tossici si trasformino in sostanze meno aggressive (reazione chimica) facendoli precipitare nella soluzione acquosa e quindi separandoli con diversi sistemi ( filtrazione, centrifuga, pressatura, essiccatura ecc.) prima di scaricare l’acqua al corpo ricettore (reazione fisica).

I fanghi così ottenuti saranno riutilizzati o stoccati in apposite discariche a secondo delle loro  caratteristiche di pericolosità, stabilità, tossicità ecc.

A volte il sistema viene accoppiato, in coda, con un trattamento biologico per aumentare il rendimento  della depurazione.

Le industrie che più utilizzano questo sistema sono la galvanica, la tessile/tintoria la siderurgica ed in  genere le cosiddette industrie pesanti.

Di seguito si riporta uno schema base di impianto di trattamento chimico/fisico.

schema-impianto-trattamento chimico fisico

 

  • Depurazione con filtrazione per adsorbimento

In questa tipologia di depurazione gli scarichi industriali vengono fatti passare attraverso filtri pieni di un carbone vegetale organico denominato carbone attivo.

Questo materiale, dalla granulometria di 2-5 millimetri circa, è estremamente poroso con un enorme superficie in rapporto al volume.

Il carbone è quindi in grado di trattenere moltissime sostanze organiche, non altrimenti eliminabili, al  punto di essere utilizzato come sistema di depurazione anche nelle acque potabili.

Quando il carbone non è più in grado di trattenere adeguatamente gli inquinanti si dice esaurito.

Viene quindi inviato in appositi stabilimenti dove è rigenerato mediante lavaggio con vapore surriscaldato ad alta pressione.

Il carbone è quindi quasi completamente riutilizzato mentre gli inquinanti estratti e concentrati sono trattati da ditte specializzate in impianti specifici: è un sistema di trattamento tipico di ditte chimiche, farmaceutiche, vernici, petrolchimiche ecc.

Di seguito si riporta uno schema base di impianto di trattamento dei reflui tramite utilizzo di carboni attivi.

 

schema-impianto trattamento reflui

 

  • Depurazione tramite filtrazione su resine a scambio ionico o chelanti

Gli scarichi industriali vengono fatti passare attraverso filtri riempiti di resine speciali per ogni  componente da trattare dette resine selettive.

Queste resine, dall’aspetto di granuli rotondi con diametro inferiore al millimetro, trattengono le sostanze inquinanti.

Alcune di queste resine possono essere recuperate mediante lavaggi con appositi prodotti ( processo di rigenerazione).

In altri casi, dipendenti dalla tipologia, tossicità, pregio del materiale da recuperare, la resina viene smaltita essa stessa come materiale di rifiuto, mediante infustaggio, cementificazione, vetrificazione ecc.

È un trattamento tipico per industrie di meccanica di precisione, oreficerie, galvaniche particolari ecc.

 

  • Impianti di depurazione biologici

Alcune aziende operanti nel settore della trasformazione di prodotti alimentari, generano scarichi per certi versi simili a quelli prodotti da un insediamento civile.

È ad esempio il caso di macelli, salumifici, industrie conserviere, caseifici, lavorazioni enologiche,  allevamenti zootecnici e piscicoltura. In questi casi si utilizza un processo depurativo biologico a fanghi attivi secondo le modalità e la tipologia costruttiva descritta in precedenza.

Spesso la depurazione biologica è preceduta da un pretrattamento tipico della filiera produttiva, quali degrassatura, stacciatura (eliminazione di materiale grossolano), triturazione, correzione di acidità ecc.

A volte, successivamente alla depurazione biologica, si fa seguire un trattamento di affinamento denominato terziario consistente in filtrazione su sabbia, su carbone attivo, decolorazione, correzione del Ph ecc.

Di seguito si riporta uno schema di una tipologia di impianto di depurazione biologico.

impianto depurazione biologico

 

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