
È ormai da diversi giorni che i social, le radio, ed i media in generale ci informano sulla presenza di numerosi casi di intossicazione da ingestione di pesce, evidenziando un trend in pericoloso aumento.
Anche se tanta ridondanza rischia di generare allarmismi inutili, è sempre bene conoscere di cosa si sta parlando, per poter tenere il fenomeno sotto controllo e limitarne i rischi.
Questo è importante tanto per l’ Operatore del Settore Alimentare (che vende e/o somministra il prodotto), quanto per il consumatore, che consuma il pesce al ristorante o che preferisce prepararlo a casa.
Tra i post di facebook, così come in molti comunicati che tappezzano la rete, ci troviamo a leggere informazioni imprecise e spesso fuorvianti come: “Sindrome sgombroide, non mangiate pesce crudo!”.
Facciamo un po’ di chiarezza sulla questione.
La Sindrome Sgombroide è una intossicazione acuta che si manifesta in seguito all’ingestione di alcune specie di pesci, nel caso in cui tali specie non siano state correttamente conservate, a prescindere dal fatto che esse vengano consumate crude o cotte.
Le specie ittiche coinvolte (sgombri, tonni, lampughe, sardine, aringhe, alici…) presentano in natura un’elevata concentrazione di Istidina, un amminoacido che, in condizioni specifiche, si trasforma in Istamina.
L’istamina è un composto azotato normalmente presente nell’organismo umano, ma un suo eccesso, causato dall’ingestione di pesce che ne è ricco, può avere conseguenze più o meno gravi.
La conversione istidina-istamina avviene principalmente per due cause:
- non idonea temperatura di conservazione (che deve essere inferiore a 4°C)
- crescita batterica
La produzione di istamina quindi si ha dopo la morte del pesce, quando i sistemi di difesa dell’animale non inibiscono più lo sviluppo dei batteri (e le modalità di conservazione inadeguate favoriscono questa situazione).
L’istamina è termoresistente, quindi nessuna cottura permette la decontaminazione del pesce che ne contiene alte concentrazioni:
I sintomi si manifestano in tempi brevi rispetto all’ingestione (da mezz’ora a due ore), e vanno da eritema e prurito iniziali, fino a tachicardia e palpitazioni cardiache. La sindrome sgombroide dipende comunque dalla suscettibilità dell’individuo e dalla quantità di Istamina e quindi di pesce ingerito.
Altro discorso, che nulla ha a che fare con la Sindrome Sgombroide, è invece l’Anisakidosi (una parassitosi causata da Anisakis).
L’Anisakis è un parassita che infesta l’intestino di numerose specie ittiche, prediligendo il pesce azzurro (sardine, aringhe, alici, sgombro, aringa…).
È un piccolo verme tondo che, se ingerito vivo, parassitizza l’intestino umano e può provocare gravi fenomeni infiammatori ed emorragici.
Tale pericolo può essere tenuto sotto controllo uccidendo il parassita: Anisakis non vitale non è pericoloso.
Esso è sensibile sia alle alte temperature di cottura sia al freddo intenso.
Per questo motivo la cottura del pesce garantisce l’abbattimento del rischio Anisakis.
È solo l’ingestione di prodotti ittici crudi o praticamente crudi (alici marinate comprese!) ad essere potenzialmente soggetta al pericolo anisakidosi! Ma anche in quest’ultimo caso, il congelamento preventivo (a temperatura di non superiore a -20° C per almeno 24 ore, o a -18°C per almeno 96 ore in congelatore domestico, come previsto da normativa vigente), associato ad una verifica visiva della eventuale presenza del parassita, garantisce la salubrità del prodotto.
Come ci difendiamo?
Pochi ma attenti accorgimenti ci aiutano a tenere sotto controllo sia il pericolo da Sindrome Sgombroide sia da quello di Anisakidosi.
- L’OSA garantisce la salubrità dei prodotti ittici che somministra attraverso adeguate procedure di manipolazione (abbattimento a temperatura di congelamento per il pesce destinato al consumo crudo per la prevenzione del rischio Anisakis), pulizia dei locali e delle attrezzature di lavorazione, l’igiene del personale, idonee temperature di conservazione (T<4°C), mantenimento della rintracciabilità del prodotto per poter gestire prontamente eventuali allerte sanitarie.
- Il Consumatore deve mantenere la catena del freddo (sia nella conservazione in frigo domestico, sia nella delicata fase di trasporto del pesce dal negozio a casa, attraverso l’uso di borse termiche in particolare nella stagione calda), congelare il pesce che intende consumare crudo (anche in questo caso per la prevenzione del rischio Anisakis), consumare il prodotto dopo l’acquisto in tempi brevi.
- Le ASL garantiscono la salute dei consumatori attraverso controlli analitici mirati lungo tutta la filiera.
Conoscere il preciso significato di queste comuni patologie e saperle distinguere ci permette di tenere sotto controllo in tutta tranquillità i potenziali rischi legati al consumo di pesce (crudo o cotto che sia), senza dover rinunciare ad un alimento tanto ricco di proprietà nutrizionali quanto appagante per il palato!