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Anche il pomodoro ha la sua origine

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Il decreto del 16 novembre 2017 in merito all’Indicazione dell’origine in etichetta del pomodoro, in vigore in via sperimentale già dal 2018, torna a far parlare di sé con la nuova prorogata voluta dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. Un provvedimento atteso che mostra come l’Italia sia all’avanguardia in merito alla trasparenza delle informazioni ai consumatori. E di cui ci si aspetta che la stessa Commissione Europea legiferi in merito. 

Chi è soggetto alle disposizioni del decreto?

Rientrano nel campo di applicazione i derivati del pomodoro di cui all’art. 24 della legge n. 154 del 28/07/2016 e le salse e sughi preparati a base di pomodoro (di cui il codice doganale 21032000) e ottenuti anche con altri ingredienti di origine vegetale o animale. Non si applica ai prodotti appena descritti ma prodotti o commercializzati in altri paesi membri dell’Unione Europea.

Cosa prevede il decreto?

L’indicazione dell’origine del pomodoro deve essere indicata in etichetta con altezza dei caratteri minima di 1.2 mm, in punto ben visibile, chiaramente leggibile e dovrà prevedere le seguenti diciture: 

  • paese di coltivazione del pomodoro: (nome del paese in cui il pomodoro è stato coltivato) 
  • paese di trasformazione: (nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato) 

Nel caso in cui il pomodoro sia stato coltivato e trasformato nello stesso paese, si potrà indicare la dicitura “Origine: paese di coltivazione e trasformazione”. Infine, nel caso di coltivazione o trasformazione di più paesi UE o extra UE, possono essere utilizzate le seguenti diciture “UE”, “non UE”, “UE e non UE”.

Indicazioni dell’origine in etichetta del pomodoro: quali sono le sanzioni?

Il decreto del 2017 fa formalmente riferimento al D.Lgs 109/92, ormai superato. Sarà infatti al D.Lgs 231/17 che bisognerà far riferimento per tutte le sanzioni per la violazione delle disposizioni del Reg. (UE) 1169/2011 riguardanti: 

  • Le pratiche leali di informazione di cui all’art. 7 del Regolamento (UE) 1169/2011: è vietato condurre in errore il consumatore, pertanto, salvo che il fatto costituisca reato, la violazione dei criteri generali di trasparenza e corretta informazione dei consumatori è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000,00 a 24.000,00 euro (art. 3 D.Lgs. 231/17) 
  • Gli obblighi informativi da parte degli OSA di cui all’art. 8 del Regolamento (UE) 1169/2011: gli operatori, diversi dal “soggetto responsabile”, che forniscono alimenti di cui conoscono o possono presumere la non conformità in tema di informazione, sono puniti con una multa di importo da 500,00 a 4.000,00 euro (art. 4 D.Lgs. 231/17) 

Quando è entrato in vigore?

Il decreto è diventato obbligatorio dopo 180 giorni a partire dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quindi a partire dal 27 febbraio 2018. Attualmente è stata prorogata questa indicazione in etichetta fino al 31.12.2023.

Gli italiani desiderano conoscere l’origine dei prodotti alimentari

Quando si parla di alimenti, gli italiani vogliono etichette trasparenti: l’importante per il consumatore è conoscere l’origine del prodotto, in particolare per sapere se si tratta di materie prime italiane e se trasformato in Italia o in altri Paesi esteri. 

Si tratta di una tracciabilità di origine importante anche da punto di vista di sicurezza alimentare. 

Ricordiamo come non solo il pomodoro è interessato in questa proroga di etichettatura di origine, ma anche altri prodotti alimentari quali riso, pasta, carni suine trasformate, latte e prodotti lattiero-caseari.

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