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Attività in Evidenza

convention 28 novembre 1

La fotogallery della Convention sui Trend Sicurezza Alimentare

By Attività in EvidenzaNo Comments

Si è da poco conclusa la nostra Convention dedicata ai nuovi Trend della Sicurezza Alimentare nel 2020.

Ne abbiamo parlato con alcuni dei più importanti esperti del settore, quali, in ordine di intervento: la Dott.ssa Daniela Maurizi; il Dott. Davide Barela, il Ten. Col. Salvatore Pignatelli; il Dott. Antonio Iaderosa, il Dott. Gianni Montrone; l’Avv. Afro Ambanelli, il Prof. Agostino Macrì, la Dott.ssa Simona Gullace e il Dott. Ugo Cavalieri.

L’evento ha riscosso grande entusiasmo da parte di tutti i partecipanti, che in questa giornata si sono potuti confrontare circa i futuri trend della Sicurezza Alimentare.

Ecco alcune foto dalla Convention!

integratori alimentari cosa sono e differenze con farmaci

Gli integratori alimentari: il nuovo trend dell’alimentazione

By - Tutte, Attività in EvidenzaNo Comments

In Europa il nostro Paese vanta il primato nel volume di vendite di integratori alimentari , precedendo Germania, Russia, UK e Francia.

Il 2019 sta consolidando gli aumenti di fatturato del comparto che nel 2018 ha generato 3,3 miliardi di euro con 226 milioni di confezioni vendute ed un incremento del + 5% nei canali GDO, farmacia e parafarmacia.

L’industria italiana dell’integratore alimentare è riconosciuta come un’eccellenza a livello internazionale con aziende che stanno raccogliendo i frutti di investimenti in tecnologie, ricerca e sviluppo e formazione del personale.

Integratori alimentari : i fattori alla base della crescita del comparto

Il successo del comparto degli integratori alimentari si basa su alcuni fattori chiave, quali:

  • L’interesse crescente nei confronti della salute e del benessere da parte del consumatore italiano;

Gli italiani sono sempre più attenti all’alimentazione ed in generale alla salute, percepita come uno stato di equilibrio da mantenere e promuovere attivamente.

  • Ruolo sempre più attivo di medici e farmacisti nell’informazione e comunicazione delle proprietà degli integratori con un numero di prescrizioni da parte dei medici che nel 2018 è stato di circa 26 milioni;

Le farmacie restano infatti il canale distributivo di elezione e il medico (medici di base, pediatri, ortopedici, ma non solo) è spesso determinante nel processo di acquisto di diverse categorie di integratori alimentari.

Cosa sono gli integratori alimentari?

Secondo la Direttiva 2002/46/CE gli integratori alimentari sono:

prodotti alimentari destinati a integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine o i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva amminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti sia pluricomposti in forme predosate.

Dalla definizione risultano quindi quattro punti fondamentali:

  1. Gli integratori alimentari sono alimenti.

In quanto alimenti, gli integratori sono regolamentati oltre che da specifiche norme, anche dalle norme che regolano il settore alimentare: sicurezza igienica (Reg. CE 852/04), rintracciabilità (Reg. CE 178/02), informazioni al consumatore (Reg. UE 1169/11), utilizzo di additivi (Reg. CE 1333/08 – https://gruppomaurizi.it/integratori-alimentari-nuove-categorie-per-impiego-di-additivi/), ecc.

2. Gli integratori alimentari sono fonti concentrate di nutrienti o altre sostanze con effetto nutrizionale (ad esempio vitamine, minerali ecc.) o fisiologico (ad esempio estratti vegetali);

3. Gli integratori vengono commercializzati in forme predosate, e cioè formulati per essere assunti in piccole quantità misurabili e misurate.

Per forme predosate si intendono capsule, compresse, pastiglie, polveri in bustina, gomme da masticare e simili, flaconi contagocce, liquidi contenuti in fiale e tutte le altre forme similari di polveri e liquidi assunti in piccoli quantitativi unitari.

4. lo scopo di questi prodotti è integrare la comune dieta.

L’uso di qualunque integratore alimentare può dunque essere solo accessorio come complemento di una dieta varia ed equilibrata che in quanto tale è in grado di fornire tutte le sostanze nutritive di cui l’organismo ha bisogno.

In cosa differiscono dai comuni alimenti e dai farmaci?

integratori alimentari cosa sono e differenze con farmaci

Rispetto agli alimenti, la differenza sostanziale sta nel fatto che non sono concepiti e non possono essere usati come nutrimento in sostituzione di una dieta varia ed equilibrata.

Rispetto ai farmaci invece, differiscono poiché non hanno alcuna finalità terapeutica, di prevenzione o cura di malattie umane.

Interessanti informazioni rispetto alle proprietà e caratteristiche degli integratori alimentari sono contenute nell’opuscolo consultabile sul sito del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_191_allegato.pdf)

Quali sono le principali analisi microbiologiche e chimiche degli integratori alimentari?

I produttori di integratori alimentari devono avvalersi di un laboratorio per le indagini analitiche, interno o esterno all’azienda.

L’integratore alimentare deve infatti essere anzitutto sicuro, idoneo al consumo umano.

Per accertarne l’idoneità al consumo, ovvero l’assenza di contaminanti di diversa natura che ne possano pregiudicare la sicurezza igienica, gli integratori sono sottoposti ad analisi microbiologiche e chimiche.

Le analisi microbiologiche più comuni riguardano la ricerca di indicatori di igiene (es. enterobatteri), la verifica dello stato conservativo per l’intera durabilità del prodotto (es. muffe), la ricerca di patogeni (es. Listeria M. e Salmonelle spp), solo per citarne alcune.

Comuni sono inoltre le analisi chimiche quali la ricerca di micotossine (es. aflatossine), la ricerca di metalli pesanti (piombo, cadmio e mercurio ad esempio), la ricerca di pesticidi.

Oltre al prerequisito della sicurezza igienica, l’integratore deve caratterizzarsi per il suo effetto nutritivo o fisiologico, garantito dalla presenza e corrispondenza dei valori di principio attivo, nutrienti, vitamine, ecc dichiarati in etichetta e quelli effettivamente riscontrabili nel prodotto.

La verifica della composizione dichiarata (per l’intera durabilità del prodotto) rappresenta infine un’analisi imprescindibile per tutti i produttori di integratori alimentari.

microrganismi indoor

Microrganismi negli ambienti indoor

By Attività in Evidenza, Sicurezza AmbientaleNo Comments

PREMESSA

Recenti indagini condotte a scala europea hanno dimostrato che la popolazione che risiede nei centri urbani trascorre la maggior parte della propria giornata in ambienti confinati quali ufficio, abitazione privata, mezzi di trasporto.

Ulteriori studi inoltre hanno evidenziato un complessivo deterioramento della qualità dell’aria negli ambienti indoor per la presenza di inquinanti di varia natura che possono avere effetti nocivi sulla saluta umana.

La qualità dell’aria negli ambienti indoor è definita da fattori interni e fattori esterni. Le principali fonti interne sono determinate dall’uomo e dalle sue attività, dai materiali da costruzione, dagli arredi e dai sistemi di trattamento e condizionamento dell’aria.

Quest’ultimi in particolare, possono rappresentare, in caso di errata progettazione o assenza di accurata manutenzione l’habitat ideale per diversi microrganismi e di conseguenza un’importante fonte di contaminazione degli ambienti indoor.

I microrganismi aerodiffusi, alla stregua di altri agenti chimici, possono avere effetti nocivi per la salute umana, essi vengono aerotrasportati sotto forma di bioaerosol, legati a polvere e particelle con conseguente rischio di esposizione per via inalatoria o per contatto con superfici o oggetti contaminati.

Per questo motivo si rende necessario valutare la contaminazione ambientale da microrganismi.

La prevenzione e la protezione dagli agenti biologici vengono inoltre trattate a livello normativo dal D. Lgs 81/08 al titolo X.

microrganismi indoor

 

MONITORAGGIO MICROBIOLOGICO AMBIENTALE

In Italia, allo stato attuale, non è in vigore una normativa organica e specifica per il controllo della qualità dell’aria negli ambienti confinati, ma a seguito di un accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome sono state emanate linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2001/11/27/276/so/252/sg/pdf

Le linee guida forniscono informazioni fondamentali per la valutazione e la gestione, in termini di sanità pubblica, dei rischi per la salute connessi all’inquinamento dell’aria indoor e indicazioni tecniche per orientare le azioni di prevenzione e controllo di tali rischi.

In generale, il campionamento di agenti biologici nell’aria è basato sugli stessi principi che regolano il campionamento del particolato aerodisperso non biologico.

Tuttavia l’esigenza di assicurare la sopravvivenza e l’attività biologica del bioaerosol durante e dopo il prelievo rendono le attività di controllo e monitoraggio diverse da quelle usate per la caratterizzazione chimica delle particelle.

Il monitoraggio ambientale microbiologico di base prevede la ricerca di alcuni parametri specifici rappresentati da:

  • Carica batterica psicrofila ossia batteri che hanno crescita intorno ai 22°C, considerati indicatori di contaminazione microbica ambientale;
  • Carica batterica mesofila batteri con crescita intorno ai 37°C, considerati indicatori di contaminazione di origine umana o animale;
  • Carica fungina caratterizzati da muffe e lieviti, indicatori ambientali molto importanti, spesso correlati ad un’elevata umidità e polverosità dell’ambiente e da una scarsa e ridotta qualità dell’aria.

TECNICHE DI CAMPIONAMENTO: CAMPIONAMENTI ATTIVI, PASSIVI E DELLE SUPERFICI

Per valutare la contaminazione degli ambienti indoor ad opera di microrganismi è possibile effettuare dei monitoraggi ambientali che vengono eseguiti prelevando, dall’aria o dalle superfici, dei microrganismi e facendoli moltiplicare su idonei terreni di crescita.

Le caratteristiche del monitoraggio ossia la sua durata, i parametri da ricercare la sua periodicità e le tecniche da impiegare sono influenzate dalla destinazione d’uso degli ambienti e dalle tipologie di inquinanti che si presume possano essere presenti.

Le corrette modalità di esecuzione del campionamento e la scelta delle tecniche da impiegare sono fondamentali per la qualità dei campioni, questi fattori infatti possono determinare condizioni di stress per i microrganismi che possono comprometterne la proliferazione, andando pertanto a falsare i risultati dei monitoraggi.

Per un campionamento di aria ottimale è inoltre opportuno che il punto di prelievo sia localizzato al centro della stanza da monitorare, tenendo in considerazione la strutturazione dell’ambiente stesso ossia considerando la posizione di porte e finestre, dell’illuminazione, la presenza di ricircoli d’aria naturali o artificiali, è opportuno inoltre prevedere il campionamento a circa 50 cm dalle bocchette dei sistemi di condizionamento.

Per il campionamento dell’aria si distinguono due principali tecniche di campionamento:

  • Campionamento attivo
  • Campionamento passivo

Campionamento attivo

Il campionamento attivo si effettua aspirando un volume d’aria predefinito a portata costante mediante apposito campionatore che consente il passaggio dell’aria su diverse tipologie di supporti o filtri.

I microrganismi presenti nell’aria aspirata, disposti su terreni di coltura scelti in funzione del microrganismo da ricercare, vengono poi incubati per un congruo periodo in modo da consentire la crescita di colonie visibili ad occhio nudo e numerabili.

In commercio esistono diversi tipi di campionatori attivi che differiscono tra loro in base al principio di funzionamento:

  • Campionatori per impatto nei quali l’aria che viene forzatamente convogliata all’interno della strumentazione va ad impattare con il terreno di coltura depositando le particelle di bioaerosol. I campionatori per impatto differiscono tra loro per le dimensioni delle particelle che permettono di trattenere, per il tipo di impatto delle particelle sul terreno che può essere tangenziale o ortogonale e per la presenza di temporizzatori che permettono l’utilizzo della strumentazione anche in assenza dell’operatore.
  • Campionatori per filtrazione è un sistema comunemente usato per il monitoraggio degli inquinanti chimici e successivamente adattato al monitoraggio degli agenti biologici. Anche in questo caso viene aspirato un quantitativo di aria predefinito che viene fatto passare su un mezzo filtrante.
  • Campionatore per gorgogliamento in questo tipo di campionatore le particelle vengono raccolte in un mezzo liquido sono poco efficaci poiché consentono di campionare scarsi volumi di aria

I campionatori inoltre possono essere dotati di sistema aspirante esterno o integrato che li rende più o meno maneggevoli.

Il livello di contaminazione microbica di un ambiente indoor viene espresso come Unita Formanti Colonie (UFC) per m3 di aria.

Campionamento passivo

Nel campionamento passivo detto anche gravimetrico, le particelle si depongono naturalmente su supporti contenti idoneo terreno di coltura e lasciati per opportuni intervalli di tempo nell’ambiente oggetto di monitoraggio.

Come per il campionamento attivo anche in questo caso i supporti vengono incubati per un tempo idoneo a favorire la crescita di colonie che possono essere successivamente numerate.

Il livello di contaminazione ambientale viene indicato attraverso l’Indice Microbico Aria (IMA), il quale esprime il grado di inquinamento microbiologico dell’aria come numero di unità formanti colonia (UFC) che si contano in una piastra Petri di 9 cm di diametro, contenente agar nutriente, lasciata aperta nell’ambiente per un’ora, ad un metro da terra e ad un metro da ogni ostacolo fisico rilevante.

Il campionamento passivo presenta il vantaggio di essere estremamente economico ma non rappresenta un metodo quantitativo, non è infatti possibile correlare il numero di organismi rilevati a un volume noto di aria e presenta una scarsa sensibilità è stato infatti statisticamente dimostrato che permette di rilevare una carica ambientale minore rispetto a quella rilevata con il campionamento attivo.

Come ultima cosa ma non meno importante, la qualità del campionamento in tal caso è fortemente influenzato dalle caratteristiche idrodinamiche e dal grado di ventilazione dell’ambiente in esame.

Campionamento delle superfici

La valutazione della contaminazione ambientale da microrganismi può essere effettuata analizzando l’aria o in alternativa le superfici di strumenti o oggetti presenti nell’ambiente da investigare.

La contaminazione può essere causata infatti dalla deposizione del bioerosol sospeso nell’aria su superfici che per la presenza di elementi nutritivi sono in grado di supportare e favorire lo sviluppo della flora microbica che si deposita.

Il campionamento avviene mediante l’utilizzo di tamponi sterili costituiti da uno stelo rigido e da una testa morbida che viene strisciata sulla superficie da investigare.

PROGETTAZIONE DELLA CAMPAGNA DI MONITORAGGIO

E’ opportuno che la campagna di monitoraggio sia preceduta da un sopralluogo dell’ambiente da investigare che abbia come scopo quello di raccogliere quante più informazioni possibili sulle attività svolte al suo interno, sul numero di utenti presenti, sulle possibili fonti di inquinamento individuate etc e di conseguenza condurre un’indagine mirata alla definizione dell’inquinamento microbiologico.

Durante la fase di sopralluogo vengono inoltre determinati gli ambienti da monitorare per i quali si consiglia di eseguire:

  • Un campionamento a centro- ambiente, tenendo presente l’ubicazione di porte e finestre per la possibile influenza che le correnti d’aria possono esercitare sul campionamento.
  • Per ambienti di superficie superiore ai 30 m2, due prelievi lungo la diagonale o lungo la mediana, equidistanti tra loro.
  • In caso di presenza di sistemi di condizionamento dell’aria, effettuare anche un campionamento a 50 cm di distanza dalla bocchette di mandata e al di sopra del fan-coil.

Una volta stabiliti numero ed ubicazione dei punti di campionamento, si passa alla scelta del metodo e della strumentazione da utilizzare per il monitoraggio.

Per il campionamento del bioaerosol risulta maggiormente efficace il campionamento attivo in termini di efficienza e di percentuale di rilevazione di microrganismi, questo metodo inoltre prevede la restituzione dei dati in UFC/m3 di aria campionata che permette di confrontare i valori ottenuti con i valori guida disponibili da letteratura.

Si potrà inoltre decidere di affiancare al campionamento attivo il campionamento passivo, ottenendo così maggiori informazioni sul grado di contaminazione.

E’ indispensabile che ogni punto di campionamento sia univocamente individuabile e che tutte le operazioni di campionamento vengano eseguite adottando tutti gli accorgimenti utili ad evitare potenziale contaminazione dei campioni.

Ricopre un ruolo fondamentale anche la scelta, calibrazione e sterilizzazione della strumentazione di campionamento con particolare riferimento alla scelta delle portate di aspirazione, alla scelta dei terreni di coltura ed alla sterilizzazione dell’attrezzatura ad ogni utilizzo o tra un campionamento ed un altro.

INDICI DI RIFERIMENTO DELLA QUALITA’ DELL’ARIA

Allo stato attuale non esistono delle norme che riportano dei valori limite di concentrazione degli inquinanti microbiologici in ambiente indoor, gli stessi non sono previsti nemmeno nel D.Lgs 81/08.

Per poter dare un giudizio sulla qualità dell’aria possiamo soltanto confrontare i valori ottenuti da un monitoraggio ambientale con valori consigliati.

Nel caso di campionamenti attivi e per ambienti non industriali, all’inizio degli anni ’90, sono stati proposti dalla Commissione delle Comunità Europee degli intervalli di concentrazione totali di Unità Formanti Colonia che individuano delle categorie di inquinamento biologico il cui superamento non implica automaticamente l’instaurarsi di condizioni di pericolo.

categorie inquinamento microbiologico

categorie inquinamento microbiologico miceti

Uno studioso Italiano Cesare Dacarro ed i suoi collaboratori hanno proposto un altro tipo di approccio per correlare la concentrazione delle cariche batteriche e fungine ambientali alla qualità dell’aria.

Tale approccio si avvale oltre che di un indice di contaminazione microbiologica globale (ICGM) il quale tiene conto delle diverse categorie di microrganismi che possono determinare l’inquinamento microbiologico, anche di altri particolari indici di contaminazione microbiologica di seguito illustrati.

  • IGCM L’indice di contaminazione globale microbiologico è dato dalla sommatoria delle Unità Formanti Colonia per m3 di batteri a 37° e 20° C e le Unità Formanti Colonia fungine per m3 di aria determinate a 20°C.

IGCM= UFCbat(37°C) + UFCbat(20°C) + UFCmic

 

  • ICM indice di contaminazione da batteri mesofili, che permette di valutare un potenziale inquinamento generato da batteri di origine umana e animale, fornisce importanti informazioni sull’efficacia dei ricambi d’aria ed è dato da:

ICM= UFCbat(37°C) /UFCbat(20°C)

  • IA indice di amplificazione il quale permette di analizzare le differenze tra i livelli di contaminazione esterna e interna

IA = IGCM/m3int/IGCMm3est

categorie inquinamento microbiologico dacarro

Se si effettua il monitoraggio con tecnica passiva per la determinazione della qualità dell’aria si deve fare riferimento alle 4 classi di contaminazione microbiologica dell’aria definita dall’IMA.

Tale metodo prevede che in assenza di normativa ufficialmente approvata, l’operatore individui quale classe di contaminazione microbiologica dell’aria adottare come limite massimo per l’ambiente da monitorare in base al rischio di infezione che questo presenta.

valori limite IMA per tipologia di ambiente

Valutare il Rischio biologico

Gruppo Maurizi, con l’esperienza decennale dei suoi tecnici e con il suo laboratorio interno accreditato può offrirti supporto per la valutazione della qualità dell’aria in ambiente indoor in tutte le fasi, dalla progettazione della campagna di monitoraggio alla consulenza per il risanamento delle condizioni di salubrità.

-> Scopri come ti aiutiamo con la Valutazione del Rischio Biologico

il mondo del biologico

Il mondo del Bio: numeri e novità

By Attività in Evidenza, Sicurezza AlimentareNo Comments

In Italia è sempre più diffusa la ricerca e la richiesta di alimenti di origine biologica.

I consumatori infatti, sono sempre più orientati verso l’acquisto di alimenti provenienti dall’agricoltura biologica, meglio se derivanti da produzioni green ed eco-sostenibili.

Questo è quello che è emerso nel corso della settima edizione del TuttoFood 2019, una fiera internazionale del B2B dedicata al food & beverage, che quest’anno si è concentrata sulla tutela della salute dei consumatori.

Durante la manifestazione è stato presentato uno studio condotto da Nomisma, una società privata di ricerche, secondo il quale i temi che suscitano una crescente sensibilità da parte dei consumatori sono:

  • la ricerca di benessere e di prodotti naturali e salutistici;
  • la ricerca di prodotti di qualità;
  • trasparenza lungo la filiera produttiva;
  • l’ attenzione agli sprechi;
  • l’ utilizzo di confezioni a basso impatto ambientale.

il mondo del biologico

Una tendenza che negli ultimi anni, soprattutto in Italia, ha subito una crescita sempre più evidente. A confermarlo ci sono numerosi studi, condotti da diversi istituti di ricerca. Vediamo insieme un po’ di numeri.

Il 63 % dei consumatori italiani è disposto a spendere anche il 10% in più per l’acquisto di prodotti biologici, come emerso da uno studio condotto dall’Istituto triestino SWG. Il motivo principale che spinge i consumatori all’acquisto di prodotti bio è la voglia di assumere alimenti che siano più sani e salutari rispetto agli alimenti convenzionali.

Sempre lo stesso studio dichiara che il 56% degli italiani preferisce acquistare prodotti a basso impatto ambientale, come ad esempio prodotti privi di packaging o costituiti da materiale riciclabile.

Ma come risponde il mercato globale a queste nuove tendenze?

Alla pari di quanto sta accadendo in Italia, negli ultimi anni il mercato globale del biologico ha registrato un trend in crescita.

Il fatturato mondiale ha raggiunto e superato i 90 miliardi di euro, per un totale di oltre 3 miliardi di produttori operanti su una superficie di quasi 70 milioni di ettari. L’Europa si posiziona al secondo posto nella produzione, con oltre il 21% di terreni coltivati con agricoltura biologica.

E l’Italia?

In Italia le superfici impiegate per le coltivazioni biologiche coprono circa il 15% della produzione agricola nazionale (circa 2 milioni di ettari), con oltre 76 mila aziende, seconda solo alla Spagna.

Crescono in particolare le aree coltivate a verdure (+49%), cereali (+32), oliveti e vigne (+23%). Il sud Italia, in particolare Sicilia, Puglia e Calabria, continua ad essere la zona più redditizia per le produzioni biologiche.

Altro dato incoraggiante è il fatto che, rispetto alle altre nazioni europee, l’Italia è il Paese con il maggior numero di imprese di trasformazione. Oltre 18.000 aziende si occupano di produzione, ma soprattutto trasformazione di alimenti biologici.

E tutto questo va avanti da oltre 10 anni, determinando una continua crescita del settore. Nel 2018 infatti, il volume totale di vendite di prodotti biologici è stato di 3.562 milioni di euro, circa l’8% in più rispetto al fatturato dell’anno precedente.

Tutto questo ha fatto sì che il settore del biologico sia arrivato a rappresentare il 4% circa della spesa alimentare degli italiani, i quali preferiscono acquistare uova, pane e confetture.

Dunque il mercato è sempre più orientato verso l’acquisto di prodotti biologici, vista la crescente ricerca da parte dei consumatori, soprattutto italiani, di alimenti più sani e naturali. Ma ancora di più si sta facendo avanti la volontà di ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale che ne può derivare.

La foto-storia della nostra Convention

By Attività in Evidenza, Rassegna StampaNo Comments

Il 29 Marzo scorso abbiamo organizzato una Convention dedicata al tema della gestione degli allergeni nella ristorazione.

L’evento ha riscosso grande entusiasmo da parte di tutti gli addetti al settore, che in questa giornata si sono potuti confrontare con alcuni dei maggiori esponenti della delicata tematica legata agli allergeni.

Le allergie aumentano esponenzialmente.

Il Ministero della Salute rende noto che i richiami degli alimenti in Europa crescono costantemente: nel solo 2017 si contano 165 casi di mancata segnalazione in etichetta degli allergeni, più di quelli del 2016 (125), il doppio rispetto al 2013 (71).

Il pericolo allergeni è al primo posto tra le allerte europee del 2019, con quota superiore al 20%.

È quanto emerso dalla convention “La gestione degli allergeni nella ristorazione”, organizzata dal Gruppo Maurizi, che si è tenuta stamattina a Milano.

All’evento sono intervenuti i NAS e tra gli altri relatori, CRIFOOD, l’Unione Nazionale Consumatori, ed esperti legali .

L’1% dei campioni analizzati per gli allergeni dal Gruppo Maurizi sono risultati positivi, e le verifiche sul personale hanno dimostrato che in 5 casi su 100 non c’era formazione adeguata.

La gestione degli allergeni è una questione complessa per le attività di somministrazione degli alimenti” afferma Daniela Maurizi, Amministratore Delegato del Gruppo Maurizi, “occorre un piano di lavoro ben definito”, continua “che cominci con la scelta dei fornitori, passi attraverso l’eliminazione dei rischi di contaminazione dovuti ad alimenti o utensili e che garantisca la piena tracciabilità di ogni allergene”.

L’informazione al consumatore è importante, “il problema degli allergeni nella ristorazione deve essere trattato con la massima attenzione”, dichiara Agostino Macrì dell’Unione Nazionale Consumatori, “i consumatori con allergie hanno bisogno di essere rassicurati e di conoscere nel dettaglio tutti gli ingredienti di ogni piatto. Per garantire questo, “conclude” è necessaria una costante formazione del personale impegnato nella preparazione degli alimenti e nella comunicazione con i clienti”.

Da parte delle autorità c’è sempre la massima attenzione. La testimonianza dei carabinieri dei Nuclei Nazionali Antisofisticazioni (NAS) conferma quanto siano stringenti i controlli posti in essere per tutelare i consumatori.

Come soluzione al problema allergeni, è stato presentato “food menu” un menù digitale consultabile via smartphone tramite QR code. “La piattaforma genera in tempo reale il registro degli allergeni oltre all’elenco degli ingredienti”, spiega il responsabile progetto Domenico Di Paola, “in questo modo il cliente può consultare il menù

CIRFOOD ha presentato un esempio virtuoso di gestione degli allergeni:  “CIRFOOD è da sempre in prima linea per garantire una corretta gestione degli allergeni, tramite specifici training e aggiornamenti del personale, ridefinizioni del menù, materie prime e preparazioni adeguate”, dichiara Paola Mimmo, Responsabile ufficio qualità prodotto e sicurezza. “La nostra filosofia è rimasta la stessa dopo l’entrata in vigore del regolamento 1169: ci impegniamo nel controllo oculato dei contaminanti secondari di processo, con una selezione sempre più attenta e vigile delle materie prime inadeguate, per garantire la massima sicurezza e qualità ai nostri clienti”.

Le buone pratiche e le soluzioni presentate nel corso dell’evento aiutano l’industria della ristorazione a gestire al meglio il problema degli allergeni e a non incorrere nelle sanzioni previste: “Il diritto dei consumatori a ricevere informazioni sugli alimenti, e quindi sugli allergeni, è tutelato da un impianto normativo rigoroso”, commenta l’avv. Afro Ambanelli, “il decreto legislativo 231/2017 stabilisce precisi obblighi di informazione a riguardo per le attività di somministrazione ed elevate sanzioni amministrative”.

Gruppo Maurizi è una società di consulenza specializzata in sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro.

L’AD, Daniela Maurizi è segretario della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici ed è spesso ospite in programmi radiofonici e Televisivi per diffondere la cultura della sicurezza alimentare, per industria e consumatori.

laboratorio accreditato gruppo maurizi

Gruppo Maurizi Accreditato anche ISO/IEC 17025:2017

By Attività in Evidenza, LaboratorioNo Comments

L’accreditamento è uno strumento con il quale il Laboratorio può mettersi alla prova e dimostrare le proprie competenze.

In Italia, l’Ente Unico di accreditamento designato dal Governo, in applicazione del Regolamento europeo 765/2008, ad attestare la competenza, l’indipendenza e l’imparzialità dei laboratori di prova è Accredia.

Nel corso delle verifiche ispettive, Accredia valuta il Laboratorio a livello gestionale ed operativo e verifica le competenze specifiche sia sulle prove che il Laboratorio dichiara come “prove accreditate” che quelle per le quali desidera un’estensione dell’accreditamento.

laboratorio analisi alimenti roma gruppo maurizi

Tutti i Laboratori di Prova che vogliano attestare le proprie competenze nei confronti di Accredia, devono confrontarsi con i requisiti stabiliti dalla norma ISO/IEC 17025.

Tale norma è stata revisionata nel 2017 e sostituisce la precedente versione del 2005 in modo da raggiungere un maggiore orientamento e trasparenza nei riguardi del cliente.

Accredia ha accettato domande di accreditamento con la nuova versione della norma soltanto dal 30 Maggio 2018 e ha reso obbligatorio il passaggio entro la fine del 2020.

Gruppo Maurizi ha chiesto di essere valutato secondo l’edizione corrente in modo da confrontarsi con standard di qualità il più possibile stringenti nell’ottica di offrire sempre il miglior servizio possibile.

Gruppo Maurizi ha superato l’ultima visita ispettiva del 2018, vedendosi riconoscere dal team ispettivo l’accreditamento ai sensi della norma ISO/IEC 17025:2017, ha confermato le prove già presenti nel suo elenco e ha ottenuto l’accreditamento per tutte e 16 le prove chieste in estensione.

 

Qui il link alla banca dati dei Laboratori accreditati: http://services.accredia.it/accredia_labsearch.jsp?ID_LINK=1734&area=310&dipartimento=L,S&desc=Laboratori&

microplastiche nelle bevande daniela maurizi tg1

Ci sono microplastiche nelle bevande? Daniela Maurizi per il TG1

By Attività in Evidenza, Laboratorio, Rassegna StampaNo Comments

Oggi, la Dottoressa Daniela Maurizi, ha presentato in conferenza stampa i risultati delle analisi svolte dal Gruppo Maurizi per la ricerca delle microplastiche nelle bevande.

microplastiche nelle bevande daniela maurizi tg1

Abbiamo controllato i livelli di microplastiche in tutte le tipologie di bevande analcoliche (aranciate, cole, thè).

In tutti i campioni sono stati trovate microplastiche, a conferma del fatto che l’inquinamento ambientale ha scalato le montagne fino ad entrare nella catena alimentare, contaminando quello che mangiamo e beviamo.

Sono molte le ricerche internazionali sul tema, e le autorità stanno studiando la questione per stabilire se le microplastiche che abbiamo trovato sono dannose, che tipo di effetti e rischi comporti l’accumulo nell’organismo.

Se vi interessa sapere qualcosa di più, date un’occhiata alla sua intervista per il TG1:

http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-32f10359-d509-429b-af73-2dde2f8aa6b6-tg1.html

brc 8 novità

BRC 8: Guida completa a tutte le novità

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La nuova Versione del BRC 8, uscita ad Agosto 2018 e applicabile da Febbraio 2019, sembra apparentemente innocua.

In realtà nasconde molte novità che gli intenditori sapranno apprezzare.

 

INTRODUZIONE AL BRC 8: molte novità, pochi cambiamenti

 

Confermiamo subito la grande attesa: il sistema americano, ovvero il Food Safety Modernization Act (FSMA) con il suo Preventive Controls for Human Food, è stato discretamente e diplomaticamente inglobato nel BRC 8.

Nella BRC vs 8 le parole “Food Safety Plan” compaiono per ben 21 volte accanto alla sigla HACCP, mentre nella versione precedente (BRC 7) comparivano solo 9 volte. Rafforzato quindi il concetto che un piano di gestione per la sicurezza alimentare è composto da un sistema HACCP e un piano per la sicurezza alimentare.

Molte delle novità che troviamo nel BRC 8 erano già presenti nelle Interpretation guideline della versione precedente e non saranno quindi una vera sorpresa.

Di sicuro è rafforzata e incentivata la cultura per la sicurezza alimentare a tutti i livelli aziendali…

Compaiono molti requisiti nuovi su diversi temi, in alcuni casi come rafforzativi di concetti o esplicitazione di dettagli, in altri come ridefinizione di argomenti (lavaggio CIP) mentre, in altri ancora, per inserire nuovi argomenti ( requisiti sui monitoraggi ambientali o per il pet food), ma soprattutto compaiono due nuovi capitoli:

  1. Capitolo 8: dedicato completamente alle aree ad alto rischio, alto controllo e alto controllo a temperatura ambiente nell’area produzione;
  2. Capitolo 9: relativo ai requisiti dei prodotti solo commercializzati qualora siano stoccati, ma non prodotti, all’interno dello stabilimento.

Per i veri appassionati e puristi del tema, consigliamo di tenere sotto mano anche la versione BRC in lingua inglese perché, in alcuni casi, chiarisce dubbi rispetto ad una traduzione in italiano non sempre lineare.

Ma vediamo capitolo per capitolo quali sono le novità e come le dobbiamo affrontare.

Nel caso in cui non ci siano differenze, i requisiti non sono commentati.

brc 8 novità

Capitolo 1: Impegno della Direzione

 

Nel BRC 8 compare un nuovo requisito, il 1.1.2 che chiama la Direzione aziendale a garantire un “Piano chiaro per lo viluppo e miglioramento costante di una cultura della qualità e della sicurezza alimentare” ovvero la definizione di una serie di attività che possano portare a tutti i livelli aziendali la diffusione ed il miglioramento per la sicurezza alimentare.

Si dovranno inoltre (requisito 1.1.4) illustrare i motivi per i quali certi obiettivi definiti non sono stati raggiunti al fine di capirne le cause e meglio individuare gli obiettivi futuri (e quindi il loro successo in termini di raggiungimento).

Maggiore enfasi sul fatto che il personale (requisito 1.1.5) deve essere consapevole della necessità di dover riferire al responsabile incaricato la presenza di eventuali prodotti non conformi o non sicuri in modo che si possano prendere le misure correttive necessarie.

A questo proposito compare un nuovo requisito (1.1.6) ovvero l’azienda deve predisporre una modalità riservata per il personale che intenda segnalare anomalie o violazioni per la sicurezza, l’integrità, la qualità o la conformità legislativa dei prodotti.

Utilizzo del logo: a fronte delle novità introdotte dallo standard compare un requisito specifico per l’utilizzo del logo BRC (requisito 1.1.13) che potrà essere utilizzato solo se si rispetta quanto previsto dalla Parte II, sezione 5.6).

Capitolo 2: Piano di Sicurezza Alimentare

 

Nella Bozza della versione 8 che BRC ha pubblicato a novembre 2017, c’erano per questo capitolo delle proposte di modifica sostanziali come ad esempio l’eliminazione dei riferimenti al Codex Alimentarius per step e fasi dell’HACCP e la comparsa dell’esplicito riferimento al PCQI nel team per la sicurezza alimentare.

Nella versione definitiva del BRC 8 sono rimasti i riferimenti HACCP del Codex Alimentarius con l’aggiunta della parola “equivalente” ovvero “Equivalent to Codex Alimentarius”.

Il riferimento al PCQI è nascosto nel requisito 2.1.1 “qualora sussista un obbligo giuridico (legal requirement) per una specifica formazione, questa dovrà essere adeguatamente predisposta. “
In questo capitolo compaiono molti dei riferimento al “Food Safety Plan” in aggiunta al “programma HACCP” che di fatto non cambia nella sostanza ma chi ha confidenza con l’FSMA e le sue richieste, sa invece che questa semplice aggiunta in realtà rende il BRC 8 ancora più conforme alle richieste della normativa americana.

Il resto del capitolo 2 dai Prerequisiti (req. 2.2) la descrizione del prodotto (requisito 2.3), identificazione d’uso (req 2.4), diagramma di flusso (req. 2.5 ) fino alla fine ovvero fino alla revisione del piano HACCP (req 2.14) non presenta sostanziali novità rispetto a quelle già dette.

 

Capitolo 3: Sicurezza Alimentare e Sistema di Gestione della Qualità

 

3.2 Documenti e registrazione elettroniche: non solo back up.

Qualora sia utilizzata una documentazione in formato elettronico, non è sufficiente garantire un semplice back up dei dati ma dovranno essere conservati in modo sicuro con modalità di accesso controllate e modalità di modifiche con protezione password (req. 3.2.1 e 3.3.1). si dovrà quindi predisporre una procedura che descriva le modalità di gestione di questo tipo di documentazione.

3.4 Verifiche Interne: maggior dettaglio alle evidenze

Definito pari a 4 il numero minimo di date per effettuare l’audit interno sull’intero sistema (req 3.4.1) che dovrà comprendere almeno:

  • il piano HACCP o piano di sicurezza alimentare e tutte le attività per la sua implementazione
  • programmi di prerequisiti
  • piani di protezione alimentare e prevenzione delle frodi alimentari
  • elenco delle procedure implementate per garantire la conformità allo standard

inoltre i rapporti di audit devono identificare sia gli aspetti conformi che quelli non conformi con prove oggettive dei risultati (re 3.4.3)

3.5 Valutazione Fornitori: maggiore attenzione all’analisi del rischio e alla loro performance

Diverse le novità nel BRC 8 per quanto riguarda i fornitori anche se la maggior parte sono una migliore definizione e argomentazione di quanto già presente nella versione precedente.

Per la valutazione del rischio delle materie prime (req 3.5.1.1 ), compare la richiesta che questa deve essere rivista:

  • ogniqualvolta si rilevi una modifica attinente alla materia prima, alla trasformazione di una materia prima o al fornitore della materia prima
  • ogniqualvolta emerga un nuovo rischio in seguito al richiamo o al ritiro del prodotto che utilizzi una specifica materia prima
  • ogni 3 anni obbligatoriamente

quindi non più ogni anno in modo superficiale (una data e una firma ) ma ogni 3 anni in modo più approfondito (un documento che dimostri le considerazioni fatte).

Attenzione inoltre alla certificazione BRC o GFSI equivalente dei fornitori ad alto rischio, perché lo scopo di certificazione deve comprendere le materie prime acquistate (req. 3.5.1.2).

Se l’azienda affida ad un ente esterno (audit di 2 o 3 parte) la verifica del proprio fornitore, si dovrà preoccupare di dimostrare (req 3.5.1.2):

  • le competenze dell’auditor
  • confermare che l’ambito di applicazione della verifica includa la valutazione della sicurezza alimentare del prodotto, della tracciabilità, del rispetto del protocollo HACCP e delle buone pratiche nei processi produttivi (GMP)
  • ottenere e rivedere una copia del rapporto di audit completo.

Questa attenzione alle evidenze oggettive, alle GMP e alle competenze dell’auditor sono un allineamento con il FSMA americano.

Per quanto riguarda i questionari per la valutazione dei fornitori a basso rischio (req 3.5.1.2) rispetto alla versione precedente è esplicitato che i questionari devono contenere informazioni su tematiche che riguardano la sicurezza alimentare, la rintracciabilità, il rispetto di un protocollo HACCP, delle GMP ed essere verificato da una persona che abbia le competenze necessarie per ricoprire un ruolo di controllo.

Per quanto riguarda la valutazione dei fornitori compaiono due nuovi requisiti che in realtà formalizzano meglio quanto era già inglobato nel requisito 3.5.1.2

della versione precedente a dimostrazione dell’importanza degli argomenti trattati:

3.5.1.3 riguarda l’implementazione di un processo e la predisposizione di un sistema di verifica continua della performance dei fornitori basato su criteri di valutazione del rischio che dovrà essere documentato ogni 3 anni

3.5.1.4 l’azienda deve avere un elenco aggiornato o un data base dei fornitori approvati che potrà essere sia in formato cartaceo che elettronico.

Tale elenco o le sue informazioni pertinenti dovranno essere disponibili al personale interessato come ad esempio coloro che si occupano della ricezione e relativo controllo delle materie prime (anche questo dettaglio è un allineamento con la supply chain preventive control dell’FSMA).

Confermato tutto il discorso relativo alle informazioni necessarie o certificazioni, in caso di acquisti da intermediari o grossisti che riguarda in modo esplicito, in questa versione dello standard, anche gli imballi primari (req 3.5.15).

Il requisito relativo alla rintracciabilità per i fornitori qualificati, tramite questionario, nel BRC 8 cambia capitolo e diventa un nuovo requisito il 3.5.1.6 (ex 3.9.3).

In merito all’approvazione di materie prime e di imballaggi, il nuovo requisito, il 3.5.2.2, va incontro alle richieste dell’FSMA e precisando che devono essere adottate procedure per garantire che le modifiche approvate sulle materie prime (inclusi gli imballaggi primari), siano rese disponibili agli addetti al controllo in modo che venga accettata la corretta materia prima (o imballaggio). Con riferimento esplicito ad eventuali modifiche di etichette o film stampati con le informazioni relative.

Per la ricezione di animali vivi, un nuovo requisito del BRC 8 , il 3.5.2.3, stabilisce che l’azienda deve adottare adeguate procedure di ispezione da parte di personale qualificato nelle fasi di stabulazione e post mortem per garantire che le carni degli animali macellati siano adatte al consumo umano.
Maggiori dettagli anche per i fornitori di servizi (req 3.5.3.1) che comprendono anche i fornitori di stoccaggio o di imballaggio al di fuori dello stabilimento, per i quali si chiede che venga fatta un’approvazione basata sulla valutazione del rischio considerando:

  • i rischi per la sicurezza e la qualità dei prodotti
  • conformità alle disposizioni di legge
  • potenziali rischi per la sicurezza dei prodotti (per esempio rischi identificati nelle valutazioni di vulnerabilità e dei sistemi di protezione degli alimenti)

Stesso approccio anche per i fornitori di processi di trasformazione esternalizzati (req 3.5.4.2) per cui è richiesto che siano approvati e controllati per garantire l’adeguata gestione dei rischi per la sicurezza e la qualità dei prodotti e l’esecuzione di processi di tracciabilità efficaci.

La procedura di approvazione dovrà quindi basarsi anche in questo caso su una valutazione del rischio e valgono le stesse considerazioni per i fornitori ad alto e basso rischio definite nel 3.5.1.2.

3.6 Specifiche tecniche: anche elettroniche ma sempre revisione ogni 3 anni

Le specifiche tecniche (o schede tecniche) sia di materie prime che prodotti finiti e imballi possono finalmente essere, in modo esplicito, in formato elettronico come definito nel req 3.6.2. (Le specifiche devono essere sempre aggiornate con l’obbligo minimo dei 3 anni che rimane nonostante ci fosse, nella bozza del documento pubblicato a novembre 2017, la proposta di eliminare il valore minimo temporale dei 3 anni).

Nello stesso requisito è esplicitato che le revisioni precedenti delle specifiche, devono essere conservate.

3.7 Azioni correttive e Preventive: maggiore enfasi alla Root cause analysis

Quello che prima era uno dei punti (3.7.2) per la gestione completa di una non conformità, ora diventa un punto a sé stante (3.7.3) con la richiesta esplicita che venga predisposta una procedura per il completamento dell’analisi delle cause profonde per le non conformità.

Tale analisi è obbligatoria al fine del miglioramento continuo e per impedire il ripetersi di una non conformità, quando:

  • l’analisi di non conformità finalizzata a individuare tendenze generali registri un significativo aumento di un tipo di non conformità
  • si verifichi una non conformità che implichi un rischio per la sicurezza, la conformità o la qualità dei prodotti

3.8 Tracciabilità: procedura documentata

La rintracciabilità si arricchisce di un nuovo requisito (3.9.1) che chiede una procedura documentata che illustri obbligatoriamente:

  • le modalità di funzionamento del sistema di tracciabilità
  • l’etichettatura e i registri richiesti

inoltre nel 3.9.3 è richiesto che il test venga fatto includendo l’elenco dei documenti citati e dimostrando i collegamenti fra gli stessi

3.11 Gestione degli incidenti, ritiro e richiamo dei prodotti: valutazione degli attacchi informatici

Non particolarmente significativi i cambiamenti nel BRC 8 per questo argomento se non fosse che entrano a pieno titolo i sistemi informatici ovvero l’azienda fra i possibili incidenti deve considerare il malfunzionamento o gli attacchi ai sistemi di sicurezza informatica (req 3.11.1).

La procedura documentata per il ritiro e/o richiamo dovrà obbligatoriamente includere sempre la stessa serie di informazioni (req 3.11.2) ed in più:

  • un piano per registrare le tempistiche relative alle attività principali
  • un piano per condurre un’analisi delle cause profonde per garantire il miglioramento continuo dei prodotti evitando il ripetersi di situazioni analoghe

Attenzione al cliente e comunicazione: spariscono i requisiti.

Spariscono i due requisiti del 3.12.

 

Capitolo 4: Standard dello Stabilimento

 

4.2 Food Defence: rafforzata

I requisiti per i sistemi di sicurezza e protezione alimentare all’interno dello stabilimento sono stati rafforzati, e quindi ampliati (4.2.1 e 4.2.3) con quanto già era previsto dalle linee guida sull’argomento.

Inoltre nel BRC 8 compare un nuovo requisito, il 4.2.2, in merito ad eventuali rischi circa il sabotaggio riconosciuti su specifiche materie prime, nel piano devono essere inseriti specifiche valutazioni e azioni per ridurre tale rischio e monitorarlo.

4.3 Layout, flusso del prodotto e separazione: traslocano i requisiti

Tutti i requisiti relativi alle zone ad alto rischio/controllo e alto controllo a temperatura ambiente migrano al capitolo 8 mentre sono confermati, con una numerazione ovviamente diversa, tutti i requisititi di base generici.

Compare un nuovo requisito, il 4.4.6, relativo ad eventuali camminamenti sopraelevati che, nel caso fossero adiacenti o attraversassero le linee di produzione, dovranno soddisfare i seguenti punti:

  • essere progettati al fine di prevenire la contaminazione di prodotti e di linee di produzione

  • essere facili da pulire

  • essere sottoposti ad adeguata e periodica manutenzione

I requisiti 4.4.8 e 4.4.11 che riguardavano rischio rottura per finestre e lampade a bulbo migrano nel BRC 8 al 4.9.3.4 e 4.9.3.5, ovvero il paragrafo relativo al vetro, plastica frangibile, ceramica e materiali simili.

4.7 Manutenzione: deve essere autorizzata la ripresa della produzione

Poche e non significative le novità nel BRC 8 per questo argomento.

Anche in questo caso migra un requisito al capitolo 8 mentre compare, al 4.7.4, la richiesta che un membro del personale autorizzato a farlo, dia conferma del fatto che i fattori di rischio per la contaminazione dei prodotti dovuti alla manutenzione, siano stati eliminati e quindi si può riprendere la produzione.

4.8 Strutture per il personale: haccp per i distributori automatici?

Come per la manutenzione i cambiamenti principali riguardano la migrazione di alcuni requisiti al capitolo 8.

Inoltre compare il riferimento esplicito alla gestione dei distributori automatici sia per quanto riguarda la sicurezza alimentare dei prodotti distribuiti sia per la gestione degli allergeni.

4.9 Controllo della contaminazione chimica e fisica del prodotto: aree destinate a movimentazione di materie prime, preparazione, trasformazione, confezionamento e stoccaggio: due nuovi requisiti

Nulla di sostanziale per questi requisiti tranne l’inserimento in questa sede dei requisiti per rischio rottura per finestre e lampade a bulbo che prima si trovavano al 4.4.8 e 4.4.11 e ora sono invece al 4.9.3.4 e 4.9.3.5.

Compaiono invece due nuovi requisiti per il controllo di altri contaminanti fisici ovvero il 4.9.6.1 per la prevenzione di contaminazione da imballaggi di materie prime e il 4.9.6.2 relativo alla gestione delle penne nelle zone con prodotti aperti (prive di parti piccole e rilevabili da attrezzature di rilevazione corpi estranei).

4.10 Identificazione di Corpi estranei e strumenti per la rimozione: nulla di nuovo

Tutti i requisiti sono confermati con qualche minima variazione come ad esempio il requisito che stava al 4.3.5 che è stato inglobato nella parte finale del 4.10.1.3 o la parte finale del requisito 4.10.2.1 che è stata eliminata perché considerata già valutata nel 4.10.4.

4.11 Ordine e igiene: riscritti i requisiti CIP e nuovi requisiti per il monitoraggio ambientale

Mentre i requisiti generici rimangono sostanzialmente invariati, sono stati riscritti completamente i quattro requisiti per i sistemi di pulizia CIP (Cleaning in place) a cui si rimanda per una completa lettura e verifica di conformità delle proprie procedure. Sostanzialmente i nuovi requisiti sono suddivisi per:

  • 4.11.7.1 progettazione ovvero specificatamente realizzate in modo da garantire un efficace funzionamento

  • 4.11.7.2 Definizione dei limiti di accettabilità delle diverse fasi in riferimento ai fattori di rischio

  • 4.11.7.3 Manutenzione dell’attrezzatura CIP e definizione della relativa procedura

  • 4.11.7.4 definizione delle procedure di monitoraggio della pulizia delle attrezzature CIP

Compare in questo capitolo nel BRC 8 un nuovo paragrafo per il monitoraggio ambientale alla cui base c’è quanto definito al 4.11.8 ovvero:

lo stabilimento dovrà predisporre programmi di monitoraggio ambientale basati sulla valutazione dei rischi per la ricerca di eventuali agenti patogeni e organismi di deterioramento.

Le operazioni di monitoraggio dovranno essere effettuate nelle aree di produzione in cui si lavorano prodotti aperti e cibi pronti per il consumo.

I requisiti per il monitoraggio ambientale (si rimanda allo standard per i dettagli) in sostanza prevedono:

  • 4.11.8.1 definizione di un programma di monitoraggio basato sull’analisi del rischio

  • 4.11.8.2 definizione di limiti e relative azioni correttive

  • 4.11.8.3 valutazione dell’efficacia del programma

4.14 Gestione degli infestanti: nel BRC 8 cambia nome

Se nella versione precedente si parlava di Controllo degli infestanti (Pest Control) nella versione attuale il termine utilizzato è Gestione (Pest Management) e fa capire quale deve essere l’approccio realistico sul tema.

È definito inoltre, in modo esplicito, che la gestione degli infestanti deve essere fatta in conformità con la normativa vigente (4.14). infine un nuovo requisito, il 4.14.7 per la predisposizione di misure adeguate per prevenire l’entrati di volatili o la loro nidificazione nelle aree di carico e scarico.

Capitolo 5: Controllo del Prodotto

 

5.2 Etichettatura del prodotto: solo una precisazione

Nel BRC 8 un nuovo requisito, il 5.2.5, chiarisce che se ci sono delle indicazioni di cottura sull’etichetta, queste devono essere pienamente approvate per garantire che, una volta cotto seguendo le indicazioni, il prodotto sia sempre sicuro e pronto per il consumo.

5.3 Allergeni: compare il Cross-Contact

I requisiti rimangono identici tranne per l’inserimento di “Cross Contact” ogni qual volta che si parla di possibile contaminazione di allergeni.

Come è noto agli addetti ai lavori, il documento Americano di applicazione della FSMA per le aziende di produzione alimentare, ovvero il Titolo 21 of the Code of Federal Regulation Part 117-Current Manufacturing Practice, Hazard Analysis, and Risk-based Preventive Controls for Human Food, definisce e distingue la contaminazione fra allergeni (cross contact) rispetto alla contaminazione crociata classica (cross contamination).

Con questa semplice aggiunta tutto il paragrafo che riguarda gli allergeni diventa “compliance” con il documento americano.

Nel requisito 5.3.6 è rafforzato inoltre il concetto che solo qualora un giustificato processo di valutazione del rischio dimostri che il processo produttivo non può prevenire la contaminazione da allergeni, dovrà essere applicata una specifica indicazione sull’etichetta.

5.4 Autenticità del prodotto: tutto confermato

5.5 Imballaggio del prodotto: un nuovo requisito

Compare fra i requisiti la richiesta di una procedura per tenere sotto controllo gli imballaggi e le etichette obsolete in modo che possa essere evitato il loro l’utilizzo e correttamente eliminato.

5.6 Controllo del prodotto e test di laboratorio: azioni più tempestive per esiti sfavorevoli

Come conseguenza dell’inserimento dei monitoraggi ambientali, nei requisiti per i test di laboratorio troviamo citato questo riferimento nel requisito 5.6.2.1.

Unica novità di rilievo nella versione 8 del BRC è l’inserimento di un nuovo punto, il 5.6.2.5, con la richiesta esplicita di controllo dei risultati di laboratorio per agire di conseguenza soprattutto in caso di esiti insoddisfacenti o superiori di limiti di legge.

5.8 Cibo per animali domestici: novità

Tre requisiti nuovi per le aziende che producono Pet Food che devono garantire che il loro prodotto sia sicuro e adatto all’uso a cui è destinato.

Capitolo 6: Controllo del Processo

 

6.2 Etichettatura e controllo della confezione: maggior controllo per evitare errori

Più che di novità potremmo dire che per questo aspetto il BRC 8 ha voluto sottolineare una maggiore attenzione e responsabilità per evitare errori.

Nel 6.2.1 compare una specifica che chiarisce che le impostazione e le modifiche dei parametri delle stampanti (lotti, date su etichette, packaging), potranno essere fatte solo da personale autorizzato.

Nel 6.2.3 nell’elenco dei controlli che devono essere fatti in fase di confezionamento per il corretto abbinamento prodotto/packaging/etichetta, compare esplicito riferimento alle informazioni relative agli allergeni (altro piccolo dettaglio che va incontro alle richieste del FSMA americano).

Infine nel 6.2.4 una corposa aggiunta che richiede che sia verificato il controllo delle impostazioni dei sistemi di stampa codici (a barre) per individuare o scartare i prodotti le cui informazioni non rientrino nelle specifiche. Questo tipo di controllo dovrà essere fatto:

  • all’inizio del processo di imballaggio

  • alla fine del processo di imballaggio

  • a una frequenza determinata dalla capacità dello stabilimento di identificare, conservare e prevenire la distribuzione di qualsiasi materiale coinvolto, in caso di guasto attrezzature (per esempio durante le operazioni di imballaggio o al cambio del lotto del materiale di imballaggio)

Lo stabilimento deve definire e implementare azioni correttive laddove si rilevi un malfunzionamento delle attrezzature destinate alla verifica sulla linea produttiva (ad esempio una procedura documentata e verificata di ispezione manuale).

6.3 Quantità (controllo del peso, del volume e del numero): più controllo

Fermo restando che nel BRC 8 sono confermati i requisiti della precedente versione nonché gli obblighi di legge, un nuovo punto, il 6.3.3, chiede che siano fatti e registrati, ulteriori controlli di funzionamento per quanto riguarda il controllo peso sulla linea (documented procedures for the operation and testing of online check weighers).

Le procedure che ne scaturiranno dovranno comprendere:

  • indicazioni dei requisiti legali

  • responsabilità per il collaudo attrezzatura (responsibilities for testing the equipment)

  • efficienza operativa dell’atrezzatura, specificando eventuali variazioni per prodotti specifici

  • metodi e frequenza dei collaudi degli strumento di controllo del peso (methods and frequency of testing the check weigher)

sui requisiti che riguardano la taratura (6.4) non ci sono differenze rispetto alla precedente versione del BRC.

Capitolo 7: Personale

 

7.1 Formazione: per tutti

La formazione rimane anche nel BRC 8 un capo saldo della norma, e dovrà sempre coinvolgere tutti gli operatori a tutti i livelli.

Un nuovo requisito, 7.1.5, insiste che tutto il personale coinvolto nel processo di etichettatura/confezionamento, compresi interinali e appaltatori, devono essere adeguatamente istruiti sulle corrette operazioni da effettuare.

Infine nel 7.1.6 compare la richiesta di riferimenti bibliografici, istruzioni operative o procedure per i corsi di formazione eseguiti internamente all’azienda.

Per il resto del capitolo 7 che riguarda il personale, non ci sono novità particolari se non che compaiono i braccialetti medici (7.2.1) fra le eccezioni ai monili concessi e per quanto riguarda gli indumenti per l’ingresso nelle aree di produzione, sono migrati al capitolo 8 alcuni requisiti specifici per le zone di alto rischio/attenzione.

Capitolo 8: Aree ad Alto Rischio, Alto Controllo e Alto Controllo a Temperatura Ambiente nell’area di Produzione

 

Come preannunciato è il primo dei due nuovi capitolo di questo BRC 8.

Di fatto sono stati raccolti in un unico capitolo i requisiti che nella versione precedente erano distribuiti e suddivisi per argomento.

Per verificare se un prodotto ricade nella definizione di Alto Rischio, Alto Controllo e Alto Controllo a Temperatura Ambiente nell’area di Produzione, si dovrà sempre fare riferimento all’appendice 2.

Nonostante un capitolo dedicato a questo tipo di produzione, è ribadito il concetto che le aziende devono comunque rispettare tutto lo standard.

Per lo più una riorganizzazione con alcuni nuovi requisiti che compaiono nella parte relativa agli interventi di manutenzione (8.3.2 e 8.3.3) nonché nella gestione dei rifiuti per queste aree (8.6.1).

Per facilitare la lettura dei cambiamenti che riguardano questo capitolo vi proponiamo una tabella di correlazione tra BRC 7 e BRC 8, ovvero la posizione precedente e attuale di un medesimo requisito o l’indicazione di un nuovo requisito da soddisfare.

BRC 8 tabella novità capitolo ottavo

Capitolo 9: Requisiti per i prodotti commercializzati

 

Lo standard BRC 8 si arricchisce di un capitolo interessante che effettivamente aggiunge qualcosa.

Definiamo intanto il campo di applicazione così come lo troviamo scritto all’inizio del capitolo:

Laddove uno stabilimento acquisti e venda prodotti alimentari rientrati nell’ambito di applicazione dello standard e che sono stoccati presso i locali dell’azienda ma non sono prodotti, trasformati o confezionati all’interno dello stabilimenti sottoposto a verifica, la gestione di tali prodotti dovrà essere conforme ai requisiti di questo capitolo.

Presentiamo ora i 5 paragrafi cui è suddiviso questo capitolo rimandando per i dettagli dei requisiti allo standard stesso.

BRC 8 capitolo 9 tabella

 

moduli inail 2019

Moduli INAIL OT20 e OT24 – Anno 2019

By Attività in Evidenza, Sicurezza sul LavoroNo Comments

L’INAIL anche quest’anno ha pubblicato i modelli OT20 ed OT24 che le aziende devono utilizzare al fine di ottenere una riduzione del tasso medio di tariffa ai sensi, rispettivamente, degli artt. 20 e 24 del DM 12.12.2000 e s.m.i. qualora dimostrino di aver effettuato interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro.

Tali modelli sono reperibili sul sito ufficiale INAIL al seguente link.

Di seguito alcuni chiarimenti circa la procedura da seguire per presentare la modulistica in oggetto e, soprattutto, alcuni esempi di potenziali interventi migliorativi in materia di sicurezza sul lavoro.

Quale è la differenza tra il modulo OT 20 ed il modulo OT24?

Il modulo OT20 deve essere compilato dalle aziende nei primi due anni di attività e permette una riduzione fissata al 15% indipendentemente dalla tipologia o dimensione aziendale. Il modulo OT20 consiste di:

  • Scheda informativa generale in cui devono essere inserite info specifiche dell’azienda richiedente (ragione sociale, codice ditta assegnato dall’ inail, etc);

  • Domanda di riduzione nella quale devono essere indicate le esatte generalità e la qualifica del richiedente;

  • Dichiarazione del richiedente che consiste in un’autocertificazione del rispetto delle norme vigenti in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro.

Il modulo OT24 deve essere compilato dalle aziende che svolgono la propria attività da oltre due anni e che dimostrino di aver effettuato nel corso dell’anno 2018 interventi di miglioramento in sicurezza sul lavoro tali da raggiungere il punteggio soglia di 100 punti necessario ad ottenere la riduzione del tasso medio di tariffa.

Esiste una scadenza entro cui presentare i moduli OT20 ed OT 24?

Sì, i moduli devono essere presentati entro e non oltre il 28 febbraio 2019 esclusivamente in modalità telematica attraverso la sezione “Servizi Online” presente sul sito INAIL unitamente alla documentazione probante richiesta dall’Istituto.

Quali tipologie di interventi di miglioramento sono previsti dal modello OT24?

Gli interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro che possono essere effettuati dalle aziende nell’anno 2018 al fine di raggiungere il punteggio soglia di 100 punti si distinguono in:

  • Interventi di carattere generale tra cui adozione o mantenimento di un sistema di gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro certificato BS OHSAS 18001:07 o UNI ISO 45001:18, adozione o mantenimento di un sistema di gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro che risponde ai criteri definiti dalla Linee Guida UNI INAIL ISPESL e Parti Sociali, adozione o mantenimento di un modello organizzativo e gestionale di cui all’art. 30 del D.lgs 81/2008, implementazione o mantenimento del Sistema di responsabilità sociale secondo la norma SA8000, etc;

  • Interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale tra cui realizzazione di modelli di rendicontazione dei responsabilità sociale asseverati da ente terzo, implementazione o mantenimento dei principi temi ed aspetti specifici di responsabilità sociale propri della UNI ISO 26000:2010, etc

  • Interventi trasversali tra cui effettuazione della riunione periodica annuale in aziende fino a 15 lavoratori, raccolta analisi dei quasi infortuni da parte dell’azienda richiedente con individuazione pianificazione ed attuazione delle relative misure di miglioramento, adozione o mantenimento di una procedura per la selezione dei fornitori di servizi secondo criteri che riguardano anche la salute e sicurezza sul lavoro, raccolta ed analisi di infortuni e quasi infortuni avvenuti in occasione di lavoro agli appaltatori e sub appaltatori, adozione o mantenimento di una procedura per la verifica dell’efficacia della formazione in aziende con meno di 50 dipendenti, effettuazione di specifica formazione per addetti all’uso del defibrillatore in aziende per le quali non è obbligatoria l’adozione di un defibrillatore, etc;

  • Interventi settoriali generali tra cui adozione o mantenimento di un modello organizzativo e gestionale di cui all’art. 30 del D.lgs 81/2008 asseverato in conformità alla prassi di riferimento UNI/Pdr 2:2013, etc;

  • Interventi settoriale tra cui specifica formazione a lavoratori stranieri con l’organizzazione di corsi in lingua italiana o con adozione di modalità informative specifiche in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, adozione di un piano di monitoraggio dei livelli di esposizione dei lavoratori ad uno o più agenti chimici, fisici e biologici oltre a quanto previsto da normativa, presenza di piano di emergenza ed effettuazione di una prova di evacuazione in aziende con meno di 10 lavoratori, etc.

A ciascun intervento di miglioramento l’INAIL assegna un dato punteggio; l’azienda deve dimostrare, mediante presentazione di documentazione probante ben definita, di avere eseguito un numero sufficiente di interventi tale da raggiungere il punteggio soglia di 100 punti.

In che modo viene determinata la riduzione del tasso medio di tariffa?

La riduzione del tasso medio di tariffa è determinata in relazione al numero dei lavoratori anno del periodo secondo tabella di seguito riportata:

sgravi fiscali inail tabella spiegazione

Il provvedimento di accoglimento o meno della domanda viene comunicato al datore di lavoro con Posta Elettronica Certificata entro 120 gg dalla data di presentazione della domanda.

Gruppo Maurizi è in grado di dare supporto alle aziende nell’ individuare insieme i possibili interventi di miglioramento in materia di sicurezza sul lavoro che possano essere adeguati alla tipologia di attività svolta dall’azienda richiedente nonché affiancare la direzione aziendale nella preparazione della documentazione probante da presentare.

nuovi limiti aflatossine alimenti

Aflatossina M1: chiarimenti dal Ministero

By Attività in Evidenza, Sicurezza AlimentareNo Comments

E’ stata recentemente pubblicata in Gazzetta Ufficiale la circolare del Ministero della salute “Criterio per la classificazione dei formaggi e fattori di concentrazione (art. 2 del regolamento CE 1881/2006 e sm) per l’ aflatossina M1 nei formaggi”.

L’ aflatossina M1 può essere presente nel latte proveniente da animali nutriti con mangimi contaminati da aflatossina B1.

In considerazione della sua tossicità (agente potenzialmente cancerogeno per l’uomo – gruppo 2B secondo la classificazione dello IARC), il Reg. CE 1881/06 e s.m.i. ne stabilisce limiti di concentrazione come indicato nella tabella seguente:

aflatossina alimenti tabella limiti

 

Tali limiti tuttavia, eccetto che per i prodotti destinati ai lattanti, sono riferiti esclusivamente al latte, non ai prodotti caseari.

Per i prodotti caseari quali i formaggi, i limiti di aflatossina M1 sono definiti attrave fattori di concentrazione o diluizione della sostanza nel prodotto finito.

Durante la caseificazione infatti, l’ aflatossina M1 si ripartisce tra cagliata e siero, concentrandosi nella cagliata.

Quanto l’aflatossina M1 può concentrasi o diluirsi nel prodotto finito rispetto al latte di partenza dipende dalla tipologia di formaggio e può variare sensibilmente in funzione dello specifico processo produttivo anche all’interno di una stessa categoria di formaggio.

Con la circolare del 19.04.18 il Ministero della Salute ha armonizzato le norme nazionali che disciplinavano i fattori di concentrazione dell’ aflatossina M1 con le norme comunitarie di classificazione dei formaggi per far fronte alle criticità evidenziate in fase di controllo ufficiale nel definire i fattori di concentrazione da applicare per le diverse tipologie di formaggi campionati.

Aflatossina : Cosa cambia per gli OSA?

 

A seguito della pubblicazione della Circolare del Ministero della Salute, l’Autorità Competente dovrà indicare in modo dettagliato la denominazione del formaggio o allegarne copia dell’etichetta in modo da consentirne la classificazione al laboratorio di analisi, riportando, se disponibili, i fattori di concentrazione definiti dall’OSA.

Viene pertanto ripreso quanto disposto dall’art 2 del Reg. 1881/06 e s.m. secondo cui sono gli stessi OSA ad essere responsabili di identificare e fornire i fattori specifici di concentrazione o diluizione all’autorità competente quando effettua un controllo ufficiale.

Nel caso in cui l’OSA non abbia identificato il fattore di concentrazione o se l’autorità competente ritiene il fattore applicato dall’OSA inidoneo alla luce della motivazione addotta, è l’autorità stessa a definire il fattore in base alle informazioni disponibili.

Per gli OSA risulta pertanto fondamentale definire i coefficienti di concentrazione dei propri prodotti attraverso specifiche analisi quantitative dell’ aflatossina M1.

In assenza di fattori di concentrazione individuati dagli OSA, l’Autorità competente adotterà quelli indicati dal Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare:

  • 3,0 per i formaggi a pasta tenera e prodotti derivati dal siero
  • 5,5 per i formaggi a pasta dura

Rispetto alle due categorie di formaggi suindicate, la circolare chiarisce che debbano includersi in esse le categorie indicate nella Decisione della Commissione 97/80/CE secondo la quale i formaggi sono classificati, in base al fattore di umidità del formaggio magro, detto “Moisture on Fat-Free Basis” o MFFB, in:

  • formaggi a pasta molle

  • formaggi a pasta tenera
  • formaggi a pasta semi-molle

  • formaggi a pasta semi-dura

  • formaggi a pasta dura formaggi a pasta dura

  • formaggi a pasta dura extra-dura

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