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Certificazione volontaria di prodotto, come funziona?

By 5 Ottobre 2020Luglio 27th, 2022Sicurezza Alimentare5 min read
certificazione volontaria di prodotto

Le aziende del settore agroalimentare italiano si trovano costantemente a fronteggiare alle richieste espresse dal consumatore finale, in merito a qualità, affidabilità e sicurezza degli alimenti. A questa condizione si affianca la concorrenza di altre realtà in continua crescita, frutto di un mercato sempre più globalizzato ed internazionale. Quello che può fare un’azienda agroalimentare, per fornire le garanzie richieste e allo stesso tempo aprirsi a nuove strategie commerciali, è di aderire a degli standard di certificazione volontari. Abbiamo già parlato di certificazioni di qualità e di cosa intendiamo quando parliamo di certificazioni volontarie. Per questo motivo oggi ci concentreremo sul concetto di certificazioni volontarie di prodotto.

Certificazione volontaria di prodotto: cosa vuol dire?

Ricordiamo che nel mondo delle certificazioni volontarie possiamo distinguere due macrocategorie:

  1. Certificazione volontaria di sistema: assicura la capacità di un’organizzazione (produttrice di beni o fornitrice di servizi) di strutturarsi e gestire le proprie risorse e i propri processi produttivi in modo da riconoscere e soddisfare i bisogni dei clienti, impegnandosi al miglioramento continuo.
  2. Certificazione volontaria di prodotto: è una forma di assicurazione diretta, con cui si accerta la rispondenza ai requisiti applicabili di un prodotto tangibile o intangibile (servizio), inteso come risultato di un processo. Le certificazioni volontarie di prodotto sono regolate dalle norme settoriali, generiche e specifiche, di prodotto o da riferimenti normativi equivalenti. 

La certificazione volontaria di prodotto consente ad un’azienda di valorizzare i propri prodotti, grazie all’ottenimento di una certificazione da parte di un ente terzo esterno e indipendente che attesta la conformità ad uno specifico standard. In questo modo le organizzazioni possono differenziarsi e mettere in risalto le peculiarità delle proprie produzioni, comunicandole al mercato di riferimento.

Certificazioni volontarie di prodotto, quali scegliere?

Vediamo insieme quali sono le principali, per orientarci al meglio nella scelta della certificazione volontaria di prodotto migliore, in base alle necessità dell’azienda.

Certificazioni volontarie di prodotto per la GDO.

Nel 2000 è nato un organismo, il Global Food Safety Initiative (GFSI), il cui obiettivo è quello di stabilire degli standard internazionali univoci in materia di sicurezza alimentare. Il compito dell’organismo è quello di identificare e comparare standard per la sicurezza alimentare, rispondendo alle richieste in continua evoluzione della GDO.

Tutti gli standard riconosciuti dal sistema GFSI si basano sui principi dell’HACCP, integrando aspetti specifici per la sicurezza alimentare, come food fraud, food defence, allergeni o formazione del personale. Grandi marchi della GDO hanno abbracciato gli standard riconosciuti da GFSI, rendendo di fatto obbligatorie queste certificazioni a tutte le aziende del settore agroalimentare che vogliono vendere i loro prodotti nelle grandi catene.

Quali sono le certificazioni volontarie di prodotto riconosciute GFSI?

  • BRC Food: nato per la GDO del mercato anglosassone e per tutte quelle aziende che producono a marchio privato o conto terzi e che esportano nel Regno Unito.
  • IFS Food: nato da aziende della grande distribuzione organizzata del mercato francese, tedesco ed italiano, con il tempo si è diffuso in tutto il mercato europeo, equiparandosi di fatto al BRC Food.
  • FSSC 22000: nato dalla fusione della ISO 22000 con lo standard PAS 220 su richiesta delle principali multinazionali food, come Nestlè, Kraft o Danone. È l’unico standard GFSI a basarsi su un sistema di gestione per la qualità e sicurezza alimentare sullo schema ISO.
  • Global GAP (Global Agricultural Practice): definisce le buone pratiche di produzione delle aziende agricole e degli allevamenti. Questo standard nasce dall’esigenza di commercializzare prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento sicuri e realizzati nel rispetto dell’ambiente e nella salvaguardia dei propri lavoratori.

 

Certificazioni volontarie di prodotto agroalimentare.

Tutte le aziende che vogliono fornire garanzie in merito alla sostenibilità ambientale, certificando l’origine delle materie prime e allo stesso tempo garantire la sicurezza alimentare, possono certificare i prodotti con il marchio biologico.

La certificazione dei prodotti biologici nasce con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle produzioni agroalimentari sull’ambiente, vietando l’utilizzo di sostanze chimiche e vietando qualsiasi lavorazione che possa avere un impatto negativo sull’ambiente. La certificazione biologica di fatto rappresenta un’opportunità per le aziende alimentari per dimostrare il loro impegno verso l’ecosostenibilità, attraverso il rispetto delle disposizioni indicate nei regolamenti e disposizioni legislative.

Tutte le aziende agroalimentari che vogliono valorizzare la propria territorialità e risaltare la denominazione dell’origine dei propri prodotti, rispettando disciplinari specifici di produzione, possono certificarsi secondo i seguenti percorsi:

  • Denominazione Origine Protetta (DOP): la certificazione è fortemente legata alla territorialità. È infatti proprio il territorio a determinare le caratteristiche dell’alimento, che deve essere realizzato interamente all’interno di una determinata area geografica, identificata dal disciplinare di riferimento.
  • Indicazioni Geografiche Protette (IGP): Anche questo disciplinare è fortemente legato alla territorialità di produzione dell’alimento. A differenza del marchio DOP, è consentito che parte del processo produttivo possa avvenire all’esterno dell’area geografica indentificata dal disciplinare.
  • Specialità Tradizionali Garantite (STG): il riconoscimento è legato a delle specifiche intrinseche dell’alimento o del processo di produzione, consolidate dalla tradizione e registrate a livello comunitario. La garanzia al consumatore è fornita dalla qualità del prodotto stesso.

Certificazione volontaria di rintracciabilità

Tra le certificazioni volontarie di prodotto ricade anche la ISO 22005 – Rintracciabilità delle filiere agroalimentari. Questo standard consente alle aziende di certificare, sulla base di specifici requisiti legislativi, la gestione del loro sistema di rintracciabilità. La ISO 22005 consente a tutte le aziende che volessero accrescere il proprio valore, di certificarsi secondo due aspetti:

  • Rintracciabilità di filiera: consente di fornire garanzie sui controlli lungo tutta la filiera produttiva, dal produttore primario al prodotto finito;
  • Rintracciabilità interna: consente di identificare il principio di responsabilità, garantendo la conoscenza di tutti i fornitori che contribuiscono alla realizzazione di un lotto di produzione.

Abbiamo visto insieme quali sono le principali certificazioni volontarie di prodotto. Ma una volta determinato lo standard al quale ci si vuole certificare, l’azienda deve capire come muoversi.

Certificazione volontaria di prodotto, cosa deve fare un’azienda per conseguirla?

Gli elementi necessari per potersi certificare sono:

  1. Predisposizione, da parte dell’Organizzazione che vuole certificarsi, di un sistema di gestione interno per la qualità o redazione di un disciplinare interno di riferimento;
  2. Identificazione del prodotto da sottoporre a certificazione, con le relative caratteristiche verificabili e/o misurabili;
  3. Identificazione dell’Organismo di Certificazione (OdC) indipendente e competente del settore che avrà il compito di certificare l’azienda;

Come ben sappiamo l’Italia è caratterizzata da un patrimonio enogastronomico molto ricco, conosciuto e apprezzato in tutto il modo. Tutte le produzioni tipiche sono profondamente legate alle peculiarità del nostro territorio e della sua storia, che hanno contribuito nel tempo alla creazione di tradizioni culturali e gastronomiche. Attraverso le certificazioni volontarie di prodotto le aziende agroalimentari possono valorizzare gli aspetti peculiari degli alimenti da loro realizzati, risaltando tradizioni e territorialità, ma allo stesso tempo rimanendo competitivi in un mercato sempre più vasto e globalizzato.

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