
La Corte di Giustizia delle comunità europee ha chiarito l’ambito sulla classificazione dei rifiuti con codici a specchio, che sebbene di difficile applicazione, fanno luce su alcuni aspetti a partire dai rapporti fra produttori/detentori e laboratori di analisi.
Se non può essere determinata la composizione, o non possono essere valutate le proprietà pericolose, i codici a specchio vanno classificati come pericolosi in virtù del principio di precauzione.
In particolare, con la decisione del 28 marzo 2019, il tribunale ha stabilito che:
- L’allegato III della direttiva 2008/98 nonché l’allegato della decisione 2000/532 devono essere interpretati nel senso che, il detentore di un rifiuto che possa essere classificato con codici speculari, ma la cui composizione non sia immediatamente nota, deve, ai fini della classificazione, determinare questa composizione e ricercare le sostanze pericolose che possano ragionevolmente trovarvisi. A questo fine può utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal regolamento n. 440/2008 o qualsiasi altro campionamento, analisi chimica e prova riconosciuti a livello internazionale.
Tuttavia, il legislatore dell’Unione, nel settore specifico della gestione dei rifiuti, ha inteso operare un bilanciamento tra, da un lato, il principio di precauzione e, dall’altro, la fattibilità tecnica e la praticabilità economica, in modo che i detentori di rifiuti non siano obbligati a verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto in esame, ma possano limitarsi a ricercare le sostanze che possono essere ragionevolmente presenti in tale rifiuto e valutare le sue caratteristiche di pericolo sulla base di calcoli o mediante prove in relazione a tali sostanze.
- Di conseguenza, una misura di tutela come la classificazione di un rifiuto che può essere classificato con codici speculari in quanto rifiuto pericoloso è necessaria qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di tale rifiuto si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare la caratteristica di pericolo che detto rifiuto presenta.
- Per quanto sopra, il principio di precauzione deve essere interpretato nel senso che, qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato con codici speculari si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso.