
Il food delivery è ormai parte della nostra quotidianità. Se in passato ci si limitava a una pizza il sabato sera da gustare comodamente a casa guardando una partita o un bel film con gli amici, con la pandemia il cibo a domicilio ha conosciuto un vero e proprio exploit, rimasto costante anche negli anni post Covid.
Se c’è una cosa che ci aspettiamo dal nostro cibo a domicilio, oltre ad arrivare puntuale e ancora caldo, è che esso rispetti tutti i criteri della sicurezza alimentare così come vengono osservati all’interno della cucina del ristorante.
Ma è davvero così? I consumatori possono ritenersi al sicuro? Lo scopriamo insieme in questo articolo.
I dati sul food delivery nell’era post Covid
Il food delivery è letteralmente a portata di mano di chiunque: basta possedere uno smartphone e una connessione internet per ordinare direttamente tramite le app tutto ciò che desideriamo dai ristoranti intorno a noi.
Del servizio si occupano società che fungono da intermediario fra il ristorante e il cliente, svolgendo sostanzialmente un servizio di consegna di alimenti a domicilio per mezzo di rider motorizzati. Generalmente, la prestazione di base è corredata da una serie di offerte, pacchetti e servizi accessori appositamente studiati per garantire al consumatore il massimo del servizio al minimo sforzo.
Ma quanto vale il mercato del food delivery? Secondo i dati più recenti, questo è un mercato che vale 1,8 miliardi di euro per una tipologia di servizio utilizzata ormai dal 71% della popolazione italiana, stando alle statistiche relative al food delivery.
Se pre-Covid le piattaforme di food delivery in Italia valevano 70 milioni di euro, a seguito della pandemia esse sono arrivate a rappresentare il 97% del valore totale dei piatti venduti, a discapito delle vendite effettuate dai canali online dei ristoranti tradizionali, che rappresenterebbero solo il 3%.
La pandemia ha, infatti, contribuito alla crescita esponenziale di questo fenomeno (+20% di valore tra 2020 e 2021) che si avvicina oggi in Italia ai 2 miliardi di euro complessivi.
Food delivery: il consumatore è tutelato?
Se è indubbio il successo del food delivery anche post Covid, rimane comunque in sospeso il seguente interrogativo: il consumatore può ritenersi tutelato dal punto di vista della salubrità degli alimenti consegnati?
Dopotutto il rischio di proliferazione batterica è sempre dietro l’angolo, senza parlare delle oramai onnipresenti allergie ai più svariati alimenti.
La tutela del consumatore deve essere obiettivo prioritario anche quando parliamo di food delivery, la quale deve seguire le specifiche normative di settore e rispettare le responsabilità che le spettano.
Vediamo allora insieme come viene gestito il processo del delivery e a chi spettano le responsabilità.
Come viene gestito il food delivery? Il processo e le responsabilità
Prescindendo dal modo in cui il servizio viene confezionato per il cliente, che cambia da società a società, le fasi del food delivery sono più o meno sempre le stesse:
- Le attività di preparazione e somministrazione di alimenti già autorizzate (ovvero ristoranti, pizzerie, rosticcerie, bar, tavole calde, e così via) si appoggiano a piattaforme di delivery esterne che si occupano del trasporto degli alimenti;
- La sicurezza in fase di preparazione e confezionamento spetta direttamente al ristorante, che provvede autonomamente ad applicare tutte le procedure atte a garantire la sicurezza dei propri alimenti, come previsto dalla normativa cogente, quali:
- L’applicazione di piani di autocontrollo e procedure HACCP;
- L’analisi per la verifica delle proprie modalità operative;
- La formazione del personale relativamente alla sicurezza alimentare.
- Lo stesso ristorante si accerta che la sicurezza del packaging destinato al food delivery rispetti i criteri richiesti dalla normativa in vigore prima di confezionare l’ordine da consegnare al rider della piattaforma designata;
- Spetta altresì al ristorante osservare le norme su allergeni e igiene degli alimenti prima di erogare l’ordine;
- A questo punto subentra la piattaforma di food delivery, che essenzialmente si riduce alla fase di trasporto e consegna al cliente. Ciò che viene offerto è quindi un servizio di logistica: organizzazione del dove, come e quando fornire il prodotto al consumatore.
La tecnologia odierna permette di accedere a una piattaforma integrata via web o mediante una comoda applicazione, la quale, attraverso la geolocalizzazione, fornisce immediatamente un elenco di tutte le attività di somministrazione e vendita di alimenti geograficamente prossime all’indirizzo del consumatore.
L’organizzazione delle aree geografiche è studiata in modo tale sia da garantire una consegna in tempi ridotti, sia da minimizzare il rischio di alterazione del prodotto (tempi di trasporto ridotti limitano i rischi di proliferazione).
A questo punto è lecita la domanda del consumatore: chi è responsabile della sicurezza dei prodotti consegnati? L’attività che li produce? O chi li trasporta? Be’, dipende! Può essere di entrambi o soltanto dell’attività che prepara gli alimenti, in funzione dell’ambito di competenza.
Tutti i rider vengono dotati di idonei box a isolamento termico, per mezzo dei quali garantiscono la protezione degli alimenti e la loro corretta temperatura di conservazione (in funzione della tipologia di pasto): ecco quindi che se parliamo di mantenimento della temperatura, soprattutto di fronte alla catena del freddo, la responsabilità è senza dubbio di chi trasporta il pasto.
Ma altrettanto importante è l’attenzione all’igiene degli alimenti e la corretta gestione degli allergeni, un rischio da non sottovalutare assolutamente, che resta a carico dell’attività che prepara gli alimenti. Ogni società di consegna a domicilio prevede, per ogni ristorante associato, una pagina personale dedicata all’interno della quale è possibile inserire gli allergeni eventualmente presenti nei pasti consegnati. Il sistema della piattaforma di delivey permette inoltre al consumatore di specificare eventuali intolleranze o allergie già in fase di ordinazione: abitudine che è il caso di adottare per i soggetti sensibili. In ogni caso, poiché la prudenza non è mai troppa: è sempre consigliabile un colpo di telefono al ristorante prescelto per maggiori delucidazioni circa la presenza di allergeni.
Food delivery e sicurezza: cosa dice la legge?
Il Regolamento (CE) 852/2004 definisce i criteri igienici dei prodotti alimentari. Con la pubblicazione del Reg. CE 2021/382, il Regolamento è stato modificato e sono stati introdotti tutti i requisiti che gli Operatori del Settore Alimentare, compresi quelli che fanno food delivery, devono osservare per prevenire il rischio di contaminazione dei cibi con allergeni.
Nell’Allegato II del Regolamento si specifica chiaramente che:
Le attrezzature, i veicoli e/o i contenitori utilizzati per la trasformazione, la manipolazione, il trasporto o il magazzinaggio delle sostanze o dei prodotti [alimentari] che provocano allergie o intolleranze […] non devono essere utilizzati per la trasformazione, la manipolazione, il trasporto o il magazzinaggio di prodotti alimentari che non contengono tali sostanze o prodotti, a meno che tali attrezzature, veicoli e/o contenitori non siano stati puliti e controllati almeno per verificare l’assenza di eventuali residui visibili di tali sostanze o prodotti.
Spetta infatti ai gestori delle piattaforme di food delivery la responsabilità di
garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti o i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte.
Stando a quanto riportato nella normativa, è evidente come la sicurezza alimentare debba essere osservata da tutti gli operatori, compresi i gestori del food delivery, i quali sono responsabili di:
- predisporre e garantire l’effettiva adozione di procedure di autocontrollo (buone prassi igieniche e HACCP);
- formazione e supervisione di tutti gli addetti alla manipolazione, trasporto e conservazione del cibo, siano essi dipendenti, anche di imprese terze, o lavoratori autonomi, quali sono i riders.