
Roma 22 marzo 2018 – Si è tenuto a Roma il workshop “Glifosate tra normativa e scienza” organizzato da Gruppo Maurizi e dall’Università di Milano per fare chiarezza su un composto usato da mezzo secolo su cui si stanno scontrando consumatori, produttori, scienziati e legislatori.
Gli addetti ai lavoro sono soggetti a stringenti vincoli procedurali che garantiscono la qualità e la sicurezza dei loro prodotti.
Le procedure spaziano dall’agronomia, al controllo qualità, alla capacità analitica su matrici diverse, alla scelta dei fornitori come ha spiegato Daniela Maurizi, responsabile del Gruppo Maurizi, European Chemist, Consigliere Segretario del Consiglio Nazionale dei Chimici ed esperta nell’analisi della composizione chimica degli alimenti, della presenza dei residui di sostanze tossiche e, in generale, nel controllo qualità.
“Un dibattito prettamente scientifico è il presupposto fondamentale per un confronto efficace sul tema glifosate, gli addetti ai lavori con iniziative come questa possono fornire una corretta informazione scientifica e gettare le basi per l’individuazione di soluzioni condivise da tecnici, industria, istituzioni e consumatori” dichiara Maurizi aggiungendo che “i processi di analisi della composizione chimica degli alimenti, sconosciuti all’opinione pubblica, costituiscono valida tutela”.
“Si tratta di un prodotto fitosanitario utilizzato come erbicida che a partire dalla sua introduzione, metà degli anni ’70, ha fatto registrare per le sue specifiche caratteristiche applicative un notevole incremento del consumo –- spiega Aldo Ferrero professore di agronomia e coltivazioni erbacee del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari dell’Università di Torino – In Italia ed in Europa il glifosate viene utilizzato esclusivamente senza prevedere alcun contatto con le colture agrarie.
Secondo le valutazioni delle istituzioni ufficiali europee ed internazionali il glifosate non presenta rischi tossicologici come risulta dai rapporti delle agenzie europee EFSA ed ECHA e dai giudizi di FAO e Organizzazione Mondiale della Sanità.
Come per gli antibiotici occorre porre vincoli e maggiore attenzione all’utilizzo del glifosate, un corretto impiego consente di limitare i possibili effetti sfavorevoli legati allo sviluppo di forme di resistenza nelle piante infestanti e al rischio di contaminazione ambientale (acqua e suolo)”.
“Nelle valutazioni tossicologiche riguardanti un definito composto non si può prescindere dalla valutazione del cosiddetto Intake, dato relazionabile alla quantità di alimenti assunti da ogni persona e che contengono il composto in questione, considerato che l’effetto di accumulo può non essere trascurabile” sottolinea Fernando Tateo professore al Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli studi di Milano e direttore scientifico dei Laboratori di ricerche analitiche e tecnologiche sugli alimenti e l’ambiente. “Secondo la classificazione attuale il glifosate è incluso a livello di tossicità nella classe terza ove in classe due si posizionano altre sostanze comunemente consumate e non ritenute problematiche secondo le più comuni considerazioni.
Nell’applicazione delle metodiche analitiche attuali specialmente in casi in cui bisogna avere specifica accortezza come questo, è necessario fare verifiche statisticamente significative, studiando con attenzione la ripetibilità del dato e l’intervallo di incertezza. Il livello analitico generale di indagine attuale è sostanzialmente buono per la ricerca del glifosate in matrici diverse quali ad esempio cereali, pasta e miele ma occorre comunque che i vari laboratori analitici possano raggiungere una qualità ancora più affidabile, attraverso una auspicata unificazione della metodica adottata”.
“L’impiego del glifosate come altre sostanze analoghe, è regolamentato da precise norme che riducono al massimo il pericolo della presenza di residui.
I limiti indicati dall’EFSA sono molto prudenziali e tengono conto anche della possibilità che gli stessi contaminanti siano presenti anche in altri alimenti, nonché di possibili azioni tossiche sinergiche – afferma Agostino Macrì dell’Unione dei consumatori – sulla base delle informazioni disponibili ritengo non ci siano attualmente pericoli a seguito del consumo di prodotti come la pasta per i quali purtroppo si sono diffusi messaggi allarmistici che non fanno altro che alimentare paure ingiustificate tra i cittadini alimentando un clima di sfiducia che si ripercuote negativamente anche sulle attività lavorative delle aziende”.