
Il principio cardine sulla quale si basa la Normativa Comunitaria e Nazionale è quello del “chi inquina paga”.
In particolare, a livello nazionale, la normativa in materia di Danno Ambientale è dettata dall’art. 300 parte IV del D.lgs. 152 del 2006 e s.m.i. il quale specifica che per danno ambientale si intende:
“Qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”,
In riferimento a quattro tipologie:
- alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157
- alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo su:
- lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE
- lo stato ambientale delle acque marine interessate, quale definito nella direttiva 2008/56/CE,
- alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali
- al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.”
La Normativa prevede un doppio regime di responsabilità, sia oggettiva che soggettiva.
Entrando nel dettaglio, la responsabilità oggettiva richiede la sola esistenza di un nesso causale in cui l’operatore risponde del danno come conseguenza diretta della propria condotta.
La responsabilità oggettiva si applica al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell’All. III (con inversione dell’onere della prova).
La responsabilità soggettiva, invece, richiede anche l’elemento soggettivo come il dolo o la colpa, oltre al nesso di causalità. In questo caso l’operatore risponde se il danno ambientale, oltre ad essere stato causato dalla sua attività o condotta, sia doloso o colposo.
Questa responsabilità si applica alle specie e agli habitat non elencate nell’All. III.
La Normativa introduce anche il concetto di perdite temporanee di risorse e servizi relativamente al fatto che il danno ambientale può causare il non svolgimento delle funzioni ecologiche della risorsa (ad esempio, un incendio ad un bosco può causare la perdita temporanea – fino al rispristino – di rifugi per gli animali e dell’assorbimento di CO2).
Infine, il Ministero dell’Ambiente, del Territorio e della Tutela del Mare può esercitare azioni di risarcimento del danno ambientale attraverso due canali:
- art. 311 dove si propone l’azione di risarcimento del danno ambientale
- art. 312 e art. 316 dove si consente al Ministero stesso di emanare le ordinanze di ripristino.