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Esportazione negli Usa: come controllare il pericolo microbiologico

By 23 Maggio 2017Luglio 25th, 2022Sicurezza Alimentare10 min read
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Si avvicina sempre più il termine ultimo, per le aziende che intendono intraprendere il commercio di alimenti con gli Stati Uniti, per adeguarsi alle nuove procedure legate alla sicurezza alimentare previste dal Food Safety Modernization Act (FSMA).

Entro settembre 2017, per esportare gli alimenti nel territorio statunitense, sarà necessaria la redazione di un Food Safety Plan da parte di un PCQI (Preventive Control Qualified Individual) secondo quanto previsto dal Preventive Control for Human Food Regulations.

Il FSMA e il Food Safety Plan prevedono che sia effettuata un’attenta e approfondita valutazione dei pericoli, e l’attuazione di misure di controllo (preventive control) necessarie per ridurre ad un livello accettabile o eliminare la probabilità che un pericolo si presenti su un prodotto alimentare.

Tra i pericoli che sicuramente mettono a rischio la sicurezza alimentare e che pertanto devono essere presi in considerazione nell’analisi dei pericoli, in caso di produzione di alimenti destinati al mercato USA, ci sono quelli microbiologici.

Secondo i rapporti del CDC (Centre for Disease Control and Prevention) sulla ricorrenza delle patologie di origine alimentare, infatti, i pericoli microbiologici rappresentano la principale causa di malattia correlata al consumo di alimenti negli USA. 

L’analisi del pericolo microbiologico, deve essere effettuata per ciascuna linea di produzione, identificando i possibili contaminanti presenti in ognuna delle materie prime utilizzate.

Quindi deve essere presa in esame anche la possibilità di contaminazione durante le varie fasi di lavorazione.

Laddove dall’analisi emerga la necessità di un preventive control e la necessità di applicare lo stesso nella fase che si sta considerando, devono essere esplicitati anche i seguenti aspetti:

  • il pericolo
  • i limiti critici
  • il sistema di monitoraggio che deve essere adottato
  • le azioni correttive
  • le attività di verifica
  • le registrazioni che devono essere effettuate.

 

I possibili pericoli microbiologici sono numerosi ed includono batteri, virus, protozoi, lieviti e muffe.

È pertanto fondamentale che vengano identificati quei pericoli che sono così rilevanti da dover essere gestiti usando un approccio preventivo, tenendo conto anche delle allerte alimentari e delle informazioni circa l’incidenza di patogeni che provengono da fonti autorevoli, quali ad esempio l’USDA (U.S. Department of Agricolture) o l’ICMSF (International Commission on Microbiological Specifications for Foods).

Il processo di analisi del pericolo è, perciò, un passaggio di estrema importanza per identificare quelli che sono i pericoli che richiedono delle misure di controllo perché possono influire sulla sicurezza del prodotto, sui quali andranno investite le risorse aziendali.

In particolare, il Food Safety Plan dovrà porre l’attenzione agli alimenti che potrebbero essere terreno favorevole per lo sviluppo di patogeni sporigeni (Bacillus Cereus, Clostridium Botulinum, Clostridium Perfringens) e non sporigeni (Campylobacter spp, E.Coli, Listeria monocytogenes, Salmonella spp Stafilococco aureo).

I microrganismi sporigeni sono in grado di produrre spore che sono molto resistenti al calore, alle sostanze chimiche e ad altri trattamenti che sono in grado di distruggere gli altri patogeni. Proprio per questo motivo i trattamenti necessari all’eliminazione delle spore sono spesso molto più severi rispetto a quelli necessari a distruggere le cellule vegetative.

Le spore diventano pericolose nel momento in cui si instaurano le condizioni favorevoli alla loro germinazione e alla crescita come cellule vegetative.

 

I patogeni principali

Le condizioni ideali per la crescita dei microrganismi, e la capacità di resistere ai metodi di inattivazione, differiscono da microrganismo a microrganismo.

Proprio per questo è importante conoscere i patogeni di interesse per uno specifico alimento e le condizioni che ne consentono la crescita, in modo da poter selezionare le misure di controllo più idonee da attuare per controllarli.

Di seguito riportiamo le caratteristiche di alcuni patogeni che sono tra le più comuni cause di patologie correlate al consumo di alimenti.

 

pericolo microbiologico alimenti

 

La Salmonella è uno dei più comuni patogeni alimentari ed è un patogeno ambientale.

L’infezione causa diarrea, febbre, crampi addominali, vomito. Più raramente la Salmonella può causare la morte. I sintomi compaiono generalmente dopo 12-72 ore dal consumo di cibo contaminato.

La principale fonte di Salmonella è rappresentata dall’intestino di molti animali, quindi i prodotti crudi di origine animale (quale carne, pollame, uova, prodotti derivati dal latte) sono frequentemente associati con l’insorgenza della patologia. Anche frutta fresca, e vegetali possono essere contaminati durante la coltivazione se non vengono applicate le Good Agricoltural Practise.

La Salmonella è in grado di crescere sia in presenza che in assenza di ossigeno, e trova le condizioni ideali per la crescita alla temperatura del corpo umano, mentre cresce molto poco alla temperatura di refrigerazione e non prolifera sopra i 46°C. Viene facilmente distrutta dalle usuali temperature di cottura.

 

Il Clostridium botulinum è un microrganismo sporigeno che produce differenti tipi di tossine.

I tipi A, B, E, F sono causa di una grave patologia chiamata botulismo. Tra i sintomi della patologia ci sono vista appannata o sdoppiamento della vista, secchezza della bocca, difficoltà di deglutizione, paralisi dei muscoli respiratori, vomito e diarrea.

I sintomi insorgono dopo 18-36 ore (a volte giorni) dall’ingestione di alimenti contaminati e se non si interviene con gli opportuni trattamenti si può arrivare alla morte. Le spore del C. botulinum sono molto diffuse in natura e sono spesso presenti nel suolo e nel tratto intestinale di alcuni animali.

Le spore sono resistenti al calore e nelle giuste condizioni, in assenza di ossigeno, possono germinare e produrre la tossina. Per distruggere la tossina è necessario raggiungere la temperatura di ebollizione per almeno 5 minuti.

Tra i fattori che inibiscono la produzione di tossina ci sono un pH inferiore a 4.6 e l’utilizzo di nitriti di sodio (ad esempio negli alimenti stagionati).

 

Il C. perfringens è microrganismo anaerobio, sporigeno che causa diarrea e dolori addominali, 6-24 ore dopo l’ingestione di alimenti contaminati da un numero elevato di cellule vegetative (>106/g).

Lo sviluppo della malattia richiede pertanto la crescita del patogeno nell’alimento.

Il C. perfringens è presente nel suolo e nel tratto intestinale di persone e animali. Le spore sopravvivono alle normali condizioni di cottura, inclusa l’ebollizione. Le spezie sono una potenziale fonte si C. perfringens poiché le spore possono persistere nelle spezie per periodi di tempo prolungati.

Le principali cause di intossicazione da C. perfringens sono l’inadeguata conservazione a caldo o l’inadeguato raffreddamento di alimenti cotti, in particolar modo carne, stufati, pasticci di carne, condimenti, pratiche che consentono la moltiplicazione dei batteri in quanto le spore possono sopravvivere al processo di cottura.

Infine, il C. perfringens ha uno dei più rapidi tassi di crescita tra i patogeni alimentari, e può raddoppiare in meno di 10 minuti alla temperatura ideale.

 

E.coli è un batterio che è normalmente presente nel tratto intestinale di esseri umani e altri animali e la maggior parte dei ceppi di E.coli non sono associati a malattie.

Alcuni ceppi però, come E.coli O157:H7, risultano pericolosi per l’uomo. E.Coli 0157:H7 produce una tossina chiamata tossina Shiga nell’intestino umano causando una grave patologia.

I sintomi comprendono diarrea, che può essere emorragica, occasionalmente febbre e compaiono generalmente 2-3 giorni dopo l’ingestione di alimenti contaminati. L’insufficienza renale e la morte possono essere una conseguenza della malattia soprattutto nei bambini.

La fonte principale di E.Coli O157:H7 è la contaminazione fecale.

Il consumo di hamburger crudi o non ben cotti, prodotti agricoli contaminati, cavoletti, latte e succhi di frutta non pastorizzati sono frequentemente associati alla patologia.

La condizioni ottimali per la crescita sono una temperatura vicina alla temperatura del corpo umano, e un pH di 4.4.

 

Listeria monocytogenes può causare la meningite, una grave infezione con sintomi che includono febbre improvvisa, mal di testa intenso, nausea, vomito, delirio e coma in soggetti con sistema immunitario depresso.

Più di un terzo del persone ospedalizzate muoiono.

In una persona sana l’infezione può non causare sintomi o causare sintomi simili all’influenza e diarrea.

Questo microrganismo rappresenta un problema principalmente per le donne in gravidanza, in quanto causa di aborto spontaneo, e per gli anziani.

La malattia si manifesta circa 2 settimane dopo l’ingestione di alimenti contaminati (o anche più) così capire la fonte della malattia può essere molto difficile.

I prodotti a base di carne ready to eat, prodotti lattiero caseari non pastorizzati e altri prodotti a bassa acidità pronti al consumo sono stati associati al manifestarsi di listeriosi.

La L. monocytogenes è un patogeno ambientale, quindi la contaminazione può verificarsi anche dopo la cottura sia da ambiente di lavoro, personale, attrezzature, pareti, condensa dei frigoriferi.

Questo batterio non sporigeno è distrutto dalle temperature di pastorizzazione, cresce sia in presenza che in assenza di ossigeno, e può crescere a temperature di refrigerazione.  L. monocytogenes è molto resistente se confrontata con tanti altri batteri, resiste a congelamento e scongelamento, e sopravvive per periodi prolungati in ambienti secchi.

 

Quali sono le strategie per controllare i pericoli microbiologici?

Sicuramente la principale strategia da attuare per controllare i batteri patogeni negli alimenti è la prevenzione della contaminazione.

Le strategie per la prevenzione della contaminazione sono indirizzate al controllo degli ingredienti, del personale addetto alle lavorazioni e dell’ambiente e attrezzature di lavoro.

Per tenere i patogeni lontani dagli alimenti sarà necessaria, quindi, l’attuazione delle buone pratiche igieniche da parte degli addetti alle lavorazioni, la prevenzione delle contaminazioni crociate attraverso procedure di sanificazione efficaci e l’attuazione di una procedura per la qualificazione dei fornitori per minimizzare l’introduzione di patogeni nell’azienda.

Altra strategia fondamentale è l’eliminazione o la riduzione dei patogeni ad un livello tale da non rappresentare un pericolo.

La cottura è un trattamento frequentemente utilizzato per distruggere i patogeni, altre tecniche applicate agli alimenti, per ridurre o eliminare il pericolo microbiologico, sono l’irradiazione, i trattamenti ad alta pressione, l’acidificazione, gli ultrasuoni e la luce pulsata (process preventive control).

Queste tecniche devono essere validate per lo specifico alimento e le specifiche condizioni di lavorazione dell’alimento per assicurare che tali trattamenti siano in grado di assicurare il controllo del pericolo nell’alimento in questione.

Per esempio perché la cottura sia efficace l’alimento deve raggiungere una temperatura adeguata per un tempo sufficiente ad uccidere i microrganismi patogeni di interesse.

La temperatura necessaria dipende dal tipo di alimento e dal tipo di patogeno di interesse.

Bisogna tenere presente però che le spore sono più resistenti delle forme vegetative dei batteri, e le temperature raggiunte in fase di cottura non sono pertanto efficaci per la distruzione delle spore. Proprio per questo motivo nel caso in cui dall’analisi dei pericoli emergesse la possibilità di contaminazione da parte di microrganismi sporigeni, diventerebbe necessaria l’attuazione di una misura di controllo da attuare sul fornitore (supply chain preventive control), per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari.

Altro fattore che deve essere tenuto presente è che spesso un’ulteriore causa di patologie è rappresentata dalla ricontaminazione dei prodotti dopo la cottura o altri trattamenti antimicrobici, è necessario prendere in considerazione e gestire il pericolo della possibile reintroduzione del patogeno dopo la cottura o altri processi di inattivazione tramite delle procedure di sanificazione (sanitation control) mirate alla sanificazione delle superfici che entrano a contatto con gli alimenti e alla prevenzione della cross- contaminazione.

Infine, uno strumento fondamentale per ridurre l’insorgenza di patologie alimentari consiste nell’evitare la crescita dei microrganismi.

La prevenzione della crescita può ridurre il rischio di malattie alimentari perché alcuni patogeni devono crescere ad un livello sufficientemente alto per rappresentare una situazione di rischio.

Il controllo della crescita rappresenta uno strumento particolarmente importante soprattutto nel caso in cui il normale processo di produzione dell’alimento non uccide il potenziale patogeno (ad esempio le spore) o quando i prodotti possono essere ricontaminati dopo un processo di distruzione (ad esempio i prodotti ready to eat dopo la cottura).

I parametri che possono influenzare la crescita dei patogeni potenzialmente pericolosi sono

  • tempo,
  • temperatura,
  • livello di acidità (pH),
  • acqua disponibile (aw),
  • livello di ossigeno,
  • presenza di competizione con altri batteri,
  • l’uso di conservanti.

 

In condizioni favorevoli i batteri cominciano rapidamente a crescere: un batterio si divide in due, due in quattro, quattro in 8 e così via.

In condizioni ideali un batterio può raddoppiare ogni 20 minuti, quindi in 5 ore si possono raggiungere i 30.000 batteri, e in 8 ore più di 16 milioni di batteri. La formazione di tossine di solito avviene durante questa fase di crescita esponenziale.

condizioni per crescita patogeni

 

La crescita può essere prevenuta attraverso l’applicazione di misure di controllo, quale il controllo della temperatura di conservazione degli alimenti.

Il range di temperatura in grado di supportare la crescita dei patogeni varia considerevolmente in base allo specifico batterio (come riportato nella tabella), ma in generale l’intervallo di temperatura tra 25° e 40°C consente una rapida moltiplicazione dei microrganismi patogeni.

Conservare gli alimenti a temperature di refrigerazione consente il rallentamento della crescita dei microrganismi e quindi riduce la probabilità di insorgenza di patologie.

 

In conclusione quindi i pericoli microbiologici rappresentano un rischio per la sicurezza alimentare se non opportunamente controllati.

Dal momento che l’applicazione di misure di controllo rappresenta per l’azienda alimentare uno strumento fondamentale per la riduzione o eliminazione dei pericoli microbiologici, e per garantire la sicurezza e la salute dei consumatori, la valutazione delle misure di controllo da attuare deve essere effettuata tramite un’adeguata ed attenta analisi dei pericoli che tenga conto della specifica tipologia di prodotto e dei processi produttivi.

È prioritario pertanto che l’analisi dei pericoli e la stesura del Food Safety Plan sia realizzata da una figura professionale qualificata, il PCQI (che potrà anche essere esterno all’azienda), proprio per garantire che il piano sia adeguato alla realtà aziendale e che le misure di controllo attuate siano realmente efficaci.

 

 

 

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