
Le allergie, in particolare quelle alimentari, stanno diventando un vero e proprio problema sociale, coinvolgendo uno spicchio di popolazione sempre più ampio con il passare del tempo.
La situazione in Europa non è delle più confortanti.
I dati epidemiologici forniti dal “Documento di indirizzo e stato dell’arte” in materia di allergie alimentari del Ministero della Salute, indicano che nei paesi industrializzati tra il 20 ed il 25% della popolazione presenta condizioni allergiche del tratto respiratorio.
In tutta l’Europa occidentale le allergie alimentari sono particolarmente rappresentate nell’età pediatrica. A conferma di questi studi, ulteriori dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità stimano che in Europa l’incidenza delle reazioni avverse al cibo si attesta intorno al 7% nei bambini e scende al 2% negli adulti.
Il Report Annuale 2015 del RASFF (Sistema di Allerta Rapido Europeo) riporta ben 137 allerte europee diramate solo relativamente ai casi di gestione degli allergeni.
Attraverso l’applicazione delle dovute accortezze il pericolo delle allergie alimentari può essere però tenuto sotto controllo.
L’unione Europea, con l’emanazione del Reg UE 1169/11 (relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori) ribadisce un elenco degli allergeni, focalizzandosi sull’importanza della loro visibilità, dove se ne annoverano 14:
cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa, lupini, molluschi.
In effetti tuttavia l’elenco può sembrare non esaustivo:
esistono infatti reazioni avverse a numerosi altri alimenti, si pensi ad esempio al cocco, alle fragole, alle castagne, ai piselli, ai kiwi, al peperoncino, ai semi di girasole, al pomodoro, alle banane…
e la lista non si esaurisce qui; tuttavia è necessario operare una distinzione tra allergia all’alimento in se, o allergia ad un particolare costituente dell’alimento.
È risaputo infatti che i funghi, tra gli altri alimenti, sono sconsigliati per chi è intollerante al lattosio, ma non essendo considerati allergeni “secondo la legge” il consumatore non può aspettarsi di trovarli in evidenza su una etichetta alimentare o sul menù di un ristorante. Stesso discorso può essere fatto per i pomodori che contengono nichel.
Numerosi sono gli altri casi di questi cosiddetti “allergeni non allergeni”.
Quella che potrebbe sembrare una mancanza di tutela per il consumatore è in realtà dettata dall’esigenza di non generare eccessiva confusione.
Se si dovesse decidere di considerare allergeni tutte le sostanze che in qualche modo generano una reazione avversa nel consumatore, si andrebbe nella direzione di vedere indicati allergeni letteralmente ovunque.
In realtà poi la Comunità Europea ha deciso di includere in questa lista un nutrito numero di allergeni (14 categorie, come detto), ma confrontando la normativa Europea con altre normative, si può vedere come in altre parti del mondo l’approccio non sia così “tutelante” per il consumatore.
La normativa statunitense ad esempio (Food Allergen Labeling and Consumer Protection Act) ne elenca addirittura soltanto otto degni di interesse: latte, uova, pesce, crostacei, soia, frutta a guscio, cereali, arachidi.
In questo senso si evidenzia come le norme mirino ad un controllo efficace soltanto di quelle sostanze che effettivamente hanno una incidenza statistica e di gravità dell’effetto rilevante: l’incidenza di allergie ad alimenti come lupini, sedano, senape, anidride solforosa, molluschi, è talmente bassa che non si ritiene necessario metterli in evidenza per il consumatore Statunitense.
Non dimentichiamo infine quelle reazioni che nulla hanno a che fare con Intolleranze ed Allergie ma che sono estremamente comuni, come le avversioni psicologiche per un determinato alimento (se è particolarmente disgustoso al palato o suscita ricordi spiacevoli si trasforma in allergia)! O ancora le intossicazioni alimentari da causa batterica.
Tutte queste sfaccettature possono facilmente generare confusione.
In definitiva, le norme attualmente in vigore sono state pensate per tutelare tanto il consumatore, quanto le aziende, con l’ovvio intento di essere costantemente aggiornate seguendo quello che è lo sviluppo dei progressi scientifici o delle sintomatologie rilevanti nella popolazione.
Chiaramente questo vuol dire che la lista dei 14 allergeni potrebbe subire delle variazioni, ma attualmente è a quella che il consumatore e le aziende devono fare riferimento quando si tratti di sicurezza in campo alimentare.