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I pericoli chimici alimentari

By 5 Aprile 2016Sicurezza Alimentare7 min read
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Pericoli chimici negli alimenti: principali categorie e gestione di un pericolo temuto e diffuso

Anche quest’anno le principali categorie di alimenti non conformi notificati in Europa sono quelle in cui le non conformità riguardano prevalentemente i contaminanti chimici.

I dati (relativi al 2015) della relazione annuale del Ministero della Salute sul Sistema di allerta rapido europeo (Rasff) indicano un totale 2967 notifiche di cui  496 per micotossine, 398 per residui di fitofarmaci.

Anche i metalli pesanti risultano particolarmente diffusi: 109 notifiche per i soli prodotti ittici.

pericolo chimico alimentiI principali prodotti non conformi oggetto di notifica ovvero frutta secca, prodotti della pesca, frutta e vegetali, erbe e spezie, sono proprio quelli in cui il pericolo chimico risulta prevalente.

Da tale tipologia di pericolo, è bene ricordarlo, non sono comunque esenti in maniera più o meno rilevante anche le altre categorie di prodotti alimentari quali cereali e derivati, carni, oli e grassi, bevande, latte e derivati, ecc.

Prima di approfondire gli aspetti legati alla gestione del pericolo chimico che gli operatori del settore alimentare sono tenuti ad affrontare è indispensabile ricordare le principali categorie di pericoli chimici trasmissibili con agli alimenti.

Cos’è il pericolo chimico associato ai prodotti alimentari?

 

Vedi anche le nostre slide riassuntive sui pericoli chimici alimentari.

In linea generale, il pericolo chimico associato ai prodotti alimentari è dovuto:

  1. alla presenza di contaminanti ovvero di sostanze non aggiunte intenzionalmente ai prodotti alimentari ma in essi presenti o per contaminazione ambientale o derivanti dalla diverse fasi produttive, dalla coltivazione/allevamento alla trasformazione, confezionamento e distribuzione dei prodotti.
  2. alla presenza di sostanze aggiunte intenzionalmenteai prodotti alimentari.

Appartengono ad esempio alla prima tipologia di pericoli chimici:

  • Residui di pesticidi utilizzati nei prodotti fitosanitari al fine di proteggere le colture prima e dopo il raccolto. La materia è regolamentata a livello europeo dal Reg. CE 396/2005 e s.m. e i. costantemente aggiornato rispetto ai prodotti autorizzati e ai limiti massimi di residuo (LMR) rinvenibili nei prodotti alimentari e nei mangimi.
  • Residui di farmaci veterinari negli animali destinati alla produzione di alimenti e negli alimenti di origine animale. Tra essi ricordiamo ormoni e beta-agonisti (spesso non utilizzabili negli animali da reddito se non per scopi terapeutici e sotto controllo veterinario), antibatterici, farmaci veterinari antiparassitari, antinfiammatori, ecc. Come nel caso dei residui di pesticidi anche per i residui di farmaci veterinari sono stabiliti limiti massimi al superamento dei quali i prodotti sono considerati a rischio e pertanto non commercializzali. La materia è regolamentata a livello europeo dal Reg. UE 37/2010 e s.m. e i.
  • Micotossine, sostanze tossiche prodotte da alcune specie di funghi appartenenti prevalentemente ai generi Aspergillus, Penicillium e Fusarium. Le micotossine presenti nei prodotti alimentari derivano da colture (principalmente cereali) contaminate da tali funghi che in condizioni specifiche di temperatura e umidità proliferano producendo i pericolosi metaboliti. Tra essi ricordiamo le aflatossine ed in particolare la B1 per la sua diffusione tra i prodotti alimentari e la sua elevata tossicità (genotossica e cancerogena). I limiti di micotossine nei prodotti alimentari e nei mangimi sono disciplinati dal Reg. CE 1881/06 e s.m. e i. (per approfondimenti si rimanda all’articolo “Il rischio da muffe e micotossine negli alimenti”)
  • Contaminanti ambientali, diffusi sia in natura che in conseguenza di attività antropica. Tra essi ritroviamo l’arsenico in forma inorganica che contamina gli alimenti e l’acqua potabile attraverso il terreno e/o di acqua di falda contaminati, i policlorobifenili diossina simili (PCB), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le diossine ed i furani, ecc, composti che entrano nella catena alimentare spesso accumulandosi nei tessuti adiposi, muscoli e interiora (in particolare fegato e reni) degli animali da reddito.
  • Sostanze chimiche derivanti dal processo produttivo, in particolare dalla tipologia e condizioni di trattamento termico. Si tratta in alcuni casi di composti particolarmente pericolosi poiché cancerogeni come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), la cui presenza negli alimenti può essere dovuta anche a contaminazione ambientale, composti mutageni come le ammine eterocicliche, o probabili cancerogeni come l’acrilammide.
  • Sostanze chimiche derivanti da condizioni di lavorazione e/o di stoccaggio non idonee quali ad esempio le ammine biogene. Tra di esse ricordiamo l’istamina nei prodotti ittici, responsabile di una diffusa intossicazione alimentare. La formazione di istamina dipende fortemente dalle condizioni di temperatura. I tenori di istamina sono regolamentati dal Reg. CE 2073/05 e s.m. e i.).
  • Sostanze chimiche derivanti dai materiali a contatto (materiali da confezionamento, attrezzature e impianti). La migrazione/cessione nei prodotti alimentari riguarda non solo metalli pesanti (principalmente cromo, nichel, cadmio e piombo), ma anche sostanze come ammine aromatiche, formaldeide, ftalati, bisfenolo A, ecc. La materia è regolamentata a livello europeo sia da norme orizzontali che disciplinano in modo trasversale i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (Reg. 1935/04 e s.m. e i.), sia da disposizioni che regolano in modo specifico alcuni materiali, quali ad esempio le materie plastiche (Reg. UE 10/11), le ceramiche (Dir. 84/500/CEE recepita con DM 4.4.85 e s.m. e i.).
  • Residui di prodotti disinfettanti utilizzati per la disinfezione degli alimenti e di prodotti sanificanti utilizzati per le operazioni di pulizia e disinfezione degli ambienti e delle attrezzature da lavoro. Nel primo caso i residui possono derivare o da sovradosaggio o da operazioni di risciacquo non eseguite correttamente. Nel secondo caso la contaminazione può essere diretta (sversamento nel o sul prodotto) o indiretta attraverso le attrezzature/impianti/superfici per inadeguate modalità operative di sanificazione (errate diluizioni, inadeguato risciacquo, ecc).

Appartengono alla seconda tipologia di pericoli chimici le sostanze aggiunte intenzionalmente quali:

  • Additivi alimentari ovvero sostanze aggiunte per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio dei prodotti alimentari, in quantità superiori ai limiti di legge o in alimenti in cui non ne è consentito l’impiego. La materia è disciplinata a livello europeo dal Reg. 1333/08 e s.m. e i.
  • Tutte le sostanze chimiche vietate aggiunte dolosamente per sofisticazioni e frodi.

In che modo l’operatore del settore alimentare (OSA) può e deve gestire il pericolo chimico?

Al fine di produrre prodotti alimentari sicuri, il pericolo chimico deve essere attentamente considerato nell’analisi dei pericoli e valutazione dei rischi associati.

L’analisi dei pericoli chimici mira infatti ad identificazione tutti i pericoli chimici che possono interessare il prodotto al fine di prevenirli, eliminarli o ridurli a livelli accettabili.

In tale fase quindi, l’OSA deve identificare tutte le fonti di pericolo chimico a partire dalle materie prime utilizzate per poi estendere l’analisi al processo produttivo, alle condizioni di lavorazione e di stoccaggio dei prodotti intermedi e finiti, valutando altresì le interazioni di essi con i materiali di confezionamento per tutta la durata del prodotto.

La tabella n.1  riporta i limiti di concentrazione di alcuni contaminanti chimici per alcune tipologie di prodotto e costituisce un esempio di schematizzazione prodotto alimentare – contaminante – limite normativo cogente che può essere utilizzata nella fase di identificazione dei pericoli chimici.

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Una volta identificati i pericoli chimici associabili ai propri prodotti alimentari, l’OSA deve mettere in atto specifiche misure di prevenzione e di controllo dei pericoli identificati.

Si riportano di seguito alcuni esempi di misure di prevenzione e di controllo applicabili a tutti i pericoli chimici.

Esempi di misure di prevenzione:

  • scelta e qualificazione dei fornitori di materie prime con acquisizione della documentazione (certificati di analisi) attestante la conformità delle stesse;
  • scelta e qualificazione dei fornitori di materiale destinato al contatto con i prodotti alimentari (imballi primari) con acquisizione della documentazione attestante l’idoneità e la conformità degli stessi e delle relative analisi (prove di cessione per la determinazione della migrazione globale e specifica);
  • manutenzione degli impianti e attrezzature relativamente ai materiali di rivestimento che potrebbero cedere elementi e composti chimici indesiderati;
  • formazione del personale, con particolare attenzione agli aspetti relativi all’utilizzo di prodotti sanificanti e degli eventuali additivi utilizzati nel processo produttivo;

Esempi di misure di controllo:

  • rispetto delle procedure operative di lavorazione (es. dosi di impiego additivi, gestione e utilizzo dei prodotti sanificanti, ecc) e di stoccaggio, laddove modalità di stoccaggio inadeguate possano comportare l’insorgenza di un pericolo chimico (es. temperatura di refrigerazione dei prodotti ittici associati ad un elevato contenuto di istidina);
  • rispetto delle specifiche produttive (es. temperatura del trattamento termico) preventivamente validate anche in considerazione del pericolo chimico;
  • analitico, in ottemperanza alla normativa cogente e secondo quanto emerso dalla propria analisi dei pericoli e valutazione dei rischi associati.

In conclusione, diversi sono gli elementi che dimostrano quanto oggi la sicurezza alimentare sia strettamente legata anche al pericolo chimico.

Il numero di alimenti non conformi oggetto di notifica a livello europeo, l’aggiornamento particolarmente attivo della normativa del settore, così come lo sviluppo di metodiche analitiche sempre più sensibili, rappresentano un campanello d’allarme per le imprese del settore alimentare tenute ad affrontare, oggi più che in passato, un pericolo sotto la lente d’ingrandimento del legislatore, dell’autorità competente e del consumatore!

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