
Il recente servizio del programma “Le Iene” ha fatto accendere ancora una volta i riflettori su quelli che sono i pericoli del pesce crudo.
In particolare, sono stati provati numerosi ristoranti di sushi all you can eat, per verificare, purtroppo con esiti anche molto negativi, la qualità del pesce servito.
Ma quali sono, e come vanno gestiti, i pericoli del pesce crudo?
I principali pericoli da tenere sotto controllo quando si ha a che fare con i prodotti ittici, sono rappresentati dalla Sindrome Sgombroide e dall’ Anisakidosi.
Di cosa si tratta e quali sono sintomi e conseguenze?
La Sindrome Sgombroide è una intossicazione acuta che si manifesta in seguito all’ingestione di diverse specie di pesci: tonno, sgombro, aringa, alici, sardine.
Tale intossicazione è causata dall’eccessiva concentrazione di Istamina, una molecola la cui presenza nell’organismo umano in quantità elevate (dovuta all’ingestione di pesce che ne è particolarmente ricco) può avere conseguenze piuttosto gravi.
L’istamina si origina a partire dell’aminoacido Istidina (di cui le suddette specie ittiche sono ricche) in tutti quei casi in cui non si ha idonea conservazione del pesce: temperature inadeguate e scarse condizioni igieniche.
L’Anisakidosi è una parassitosi causata da Anisakis, l’esponente di maggior rilievo, dal punto di vista dell’interesse tossicologico, della famiglia Anisakidae.
Si tratta di un nematode (un piccolo verme tondo dalla colorazione biancastra, traslucida) che è ospite indesiderato di diverse specie ittiche: totani, calamari, sgombri, sardine, aringhe, alici, pesci S. pietro, pesci sciabola. Anisakis, se ingerito vivo, parassitizza l’intestino umano e può provocare gravi fenomeni infiammatori ed emorragici.
Diversi studi scientifici riportano la presenza del parassita negli oceani Atlantico, Pacifico, Indiano, e nel mar Mediterraneo.
In particolare la distribuzione nei nostri mari mostra le percentuali maggiori di presenza nel mare Adriatico centrale, mentre nel mar Tirreno la presenza del parassita si manifesta prevalentemente nelle acque Liguri, in Sardegna, e in Campania, sardine e alici sono le specie ittiche più colpite.
Quali sono i sintomi?
I sintomi della sindrome sgombroide si manifestano in breve tempo rispetto all’ingestione (da mezz’ora a due ore), sono rappresentati da eritema e prurito, fino a tachicardia e palpitazioni cardiache.
È la quantità di Istamina e quindi di pesce ingerito che determina la gravità dei sintomi, ma anche la suscettibilità dell’individuo.
Nei casi di anisakidosi sono le larve vitali del parassita ad essere pericolose, poiché l’uomo ne è ospite accidentale, e contrae l’infestazione cibandosi degli ospiti intermedi naturali (pesci e cefalopodi).
In modo particolare quando vengono ingerite più larve, queste possono invadere la mucosa gastrica o intestinale e causare dolori addominali, nausea, vomito, ma anche febbre.
Una volta penetrate all’interno della mucosa le larve provocano una reazione infiammatoria con possibilità di formazione di ulcere, fino a perforazione della parete della mucosa.
Sono anche stati segnalati casi di reazioni allergiche con episodi di orticaria e shock anafilattico.
Esistono dei trattamenti in grado di tenere sotto controllo i pericoli del pesce crudo ?
La marinatura, la salagione, l’affumicatura sono efficaci? Cosa c’è di vero?
Sono trattamenti efficaci ma solo a precise condizioni!
La marinatura (tradizionale metodo che prevede l’utilizzo di aceto, sale, succo di limone), nonostante abbia un effetto antibatterico, non è sufficiente a garantire la morte delle larve (ricordiamo che Anisakis non è un batterio, ma un parassita!).
Tale trattamento è consentito solo se affiancato ad un attento congelamento, strumento questo invece efficace se effettuato correttamente.
La salagione può essere un trattamento efficace, ma attenzione: studi scientifici hanno dimostrato che il tempo massimo di sopravvivenza delle larve presenti in filetti di alici posti in salagione (concentrazioni di 8-9% di sale), è di 6 settimane.
L’affumicatura si rivela efficace solo nel caso in cui venga effettuata a caldo.
Il trattamento a caldo prevede l’utilizzo di temperature di circa 70/80 °C per 3/8 ore, questo è in grado di assicurare la morte delle larve di Anisakis. L’affumicatura a freddo utilizza invece temperature ben inferiori (intorno ai 20-25°C), anche se per tempi prolungati, tale trattamento è inefficace, e va quindi affiancato al congelamento.
E la cottura?
Le temperature di cottura garantiscono la morte del parassita, prevenendo qualsiasi rischio di Anisakidosi.
Si ricorda che non bisogna mai sottovalutare le corrette procedure igieniche, in particolare quando si ha a che fare con alimenti tanto delicati come i prodotti ittici.
Neanche le elevate temperature di cottura infatti sono in grado di scongiurare con certezza possibili tossinfezioni: l’istamina (responsabile della Sindrome Sgombroide) è termoresistente, quindi nessuna cottura permette la decontaminazione del pesce che ne contiene alte concentrazioni.
Solo attraverso una attenta valutazione e gestione dei rischi, e attraverso l’attuazione di procedure di corretta prassi igienica lungo tutta la filiera (dalle fasi di acquisto/ricezione del pesce all somministrazione al cliente del prodotto finito) è quindi possibile limitare i rischi di tossinfezioni.
La garanzia della qualità del pesce quindi, non può che essere fornita da un’attenta applicazione dei principi HACCP, che prevedono controlli mirati dei prodotti attraverso analisi specifiche.
È necessario attuare idonei piani di campionamento volti ad assicurare la salubrità dell’alimento sia dal punto di vista microbiologico che chimico. Contaminanti come Cadmio, Mercurio, Piombo, Istamina vanno ricercati in questa tipologia di prodotti, così come pericolosi batteri (Salmonella spp, Bacillus cereus, Listeria monocytogenes, Stafilococchi coagulasi positivi, Escherichia coli beta D-glucuronidasi positiva, Vibrio cholerae e paraemolithicus).
Quali sono le garanzie per il consumatore?
Sicuramente le attività che garantiscono in modo continuativo il rispetto dei requisiti di igiene previsti dalla normativa vigente (la pulizia dei locali e delle attrezzature di lavorazione, l’igiene del personale, le idonee temperature di conservazione (T<4°C), il mantenimento della rintracciabilità del prodotto per la gestione di eventuali allerte sanitarie), sono quelle verso cui il consumatore dovrebbe rivolgersi se desidera evitare, dopo un aperitivo al sushi bar o dopo una rilassante cenetta di sashimi, un doloroso e spiacevole dopocena.
Come si comporta l’OSA formato e attento?
Le attività che si occupano della somministrazione di pesce da consumarsi crudo o praticamente crudo ( sushi restaurants, sushi bar..) stanno avendo molto successo negli ultimi anni anche grazie ad un maggiore apprezzamento delle loro qualità organolettiche e attenzione alle loro proprietà nutrizionali.
Tuttavia è fondamentale che non manchi mai una corretta gestione di questi alimenti lungo tutta la filiera.
Gli accorgimenti che garantiscono di minimizzare il rischio di contaminazione sono rappresentati da:
- sensibilizzazione del personale addetto alle lavorazioni. L’eviscerazione del pesce fresco per evitare la migrazione delle larve nel muscolo; un attento controllo visivo.
- Congelamento dei prodotti ittici destinati al consumo crudo. Ricordiamo che 3 sono i parametri da considerare: 1. Temperatura. 2. Tempo necessario affinché questa sia raggiunta in tutte le parti del prodotto 3. Mantenimento della temperatura, al fine di garantire la morte del parassita. La normativa di riferimento (Reg. CE 853/04) ricorda che il trattamento dei prodotti ittici va effettuato ad una temperatura di -20 °C per almeno 24 ore al cuore del prodotto.
L’OSA ricordi che per il rispetto del tempo necessario al raggiungimento della temperatura di congelamento è necessario abbattitore di temperatura!