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Inquinamento acque sotterranee: un problema che persiste

By 13 Settembre 2016Sicurezza Ambientale4 min read
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Nel corso delle attività di campionamento per il controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano condotte dal Servizio di Igiene degli Alimenti e Nutrizione della ASL RM 6 nel 2011, è emersa la presenza di tetracloroetilene e tricloroetilene in aree ben delimitate dei Comuni di Pomezia e Ardea.

Tuttavia, la limitatezza dei dati allora disponibili e la particolare natura dei solventi, non consentiva di escludere la presenza di contaminazioni pregresse in aree limitrofe.

E’ stata così avviata una campagna mirata di campionamenti che ha consentito di far emergere un’area ancor più vasta di contaminazione delle acque sotterranee da sostanze clorurate di origine non naturale: Tricloroetilene (TCE) e Tetracloroetilene (PCE).

 

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Le fonti di esposizione a solventi organici clorurati per l’uomo sono rappresentate da aria, acqua e suolo.

Il tetracloroetilene e il tricloroetilene sono solventi organici di sintesi – cioè prodotti dall’uomo e non presenti in natura – contenenti cloro (solventi organici clorurati).

La diffusione dell’impiego dei solventi in molti settori produttivi, il lungo periodo nel quale queste sostanze sono state utilizzate, le quantità impiegate, le pratiche di smaltimento incontrollato nell’ambiente (soprattutto in passato quando non esistevano norme sul controllo di questo tipo di rifiuti), unite alle caratteristiche di diffusione e persistenza di questi composti nel suolo e nelle acque fanno si che oggi gli effetti degli inquinamenti da tetracloroetilene e tricloroetilene siano rilevati in molte aree italiane, tanto che questi contaminanti sono considerati ubiquitari.

Le condizioni di utilizzo e lo smaltimento di prodotti contenenti solventi organici clorurati avvengono oggi secondo norme rigorose per garantire l’assenza di rischi per l’uomo e per l’ambiente; pertanto gli inquinamenti che vengono rilevati sono effetto di fenomeni di rilascio dei composti nell’ambiente avvenuti in passato, o in qualche caso dovute a pratiche illecite e pericolose ancora oggi effettuate.

Alte concentrazioni di tetracloroetilene, in particolare in aree chiuse e poco ventilate, possono causare vertigini, mal di testa, sonnolenza, confusione, nausea, difficoltà di deambulazione, perdita di coscienza.

A seguito di contatto ripetuto si può manifestare irritazione cutanea.

La neurotossicità è l’effetto avverso maggiormente osservato sia dopo esposizione orale che per inalazione.

II tricloroetilene è cancerogeno per l’uomo attraverso tutte le vie di esposizione e rappresenta un potenziale pericolo per la salute umana per la tossicità a livello del sistema nervoso centrale, dei reni, del fegato, del sistema immunitario, del sistema riproduttivo maschile; effetti tossici sono anche rilevati a carico dello sviluppo dell’embrione e del feto.

Attraverso un coordinamento sinergico e finalizzato tra Asl Roma 6 (ex Roma H) e Arpa Lazio Sezione di Roma (Servizio Ambiente e salute e Servizio Suolo, rifiuti e bonifiche) si è potuta perimetrare l’estensione attuale del fenomeno e, sulla base delle evidenze raccolte, si è potuto notare che il fenomeno di contaminazione ha avuto probabilmente origine circa 15 anni ± 5 anni orsono ed è stato quasi sicuramente causato da smaltimenti illeciti di sostanze clorurate direttamente nel sottosuolo, con una o più sorgenti di contaminazione, al momento ancora sconosciute e plausibilmente all’interno dell’areale di interesse.

L’areale di vasta contaminazione da tricloroetilene e tetracloroetilene, comprende numerosi pozzi impiegati per la produzione agricola e animale, produzione alimentare, abitazioni private e a servizio di piccole comunità, non servite dalla rete di distribuzione pubblica.

Nel garantire la qualità delle acque fornite dai sistemi di distribuzione idro-potabili del territorio, Acea Spa ha attuato una serie di azioni di monitoraggio e studio, supportate da prove sperimentali, finalizzate a valutare la possibile evoluzione dei fenomeni di contaminazione a carico degli acquiferi che alimentano i pozzi del Laurentino, approvvigionamento idro-potabile principale dei comuni di Pomezia e Ardea.

Secondo le disposizioni da applicare ai privati (oltre che a enti, pubblici esercizi e aziende del settore alimentare) impossibilitati ad allacciarsi al pubblico acquedotto, deve essere acquisito il giudizio di idoneità al consumo umano delle acque emunte dai pozzi previa richiesta alla ASL-SIAN competente.

L’utilizzo dei pozzi è vietato in assenza del giudizio di idoneità al consumo umano e sono applicabili sanzioni specifiche per proprietari/gestori di pozzi inadempienti.

L’utilizzo di acque di pozzi privati che presentino valori di tricloroetilene e tetracloroetilene superiori (in termini di somma) a 10 μg/l è subordinato all’adozione di trattamenti specifici per la rimozione dei contaminanti, adeguatamente mantenuti e controllati.

Nella legislazione italiana, che ha recepito la normativa comunitaria sulle acque destinate a consumo umano (D.Lgs. 31/2001 e s.m.i.) sono adottati valori limite più conservativi rispetto ai valori guida definiti dalla OMS e sono pari a 10 μg/L come sommatoria delle concentrazioni di tricloroetilene e tetracloroetilene.

 

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