
Vai al nostro articolo più recente sul FSMA: Haccp VS Harpc
Un’occasione ghiotta per gli stakeholders del food export americano: Mr Colin McIff – direttore Europa US Food & Drug Administration -, disponibile per chiarire tutti i dubbi sul Food Safety Modernization Act.
Ospiti della SSICA di Parma, posti seduti esauriti, il 16 novembre scorso, Mr McIff ha presentato i principi generali che regolano soprattutto il prossimo FSVP (Foreign Supplier Verification Program) la cui prossima applicazione è prevista per maggio 2017.
Ha presentato eventuali esclusioni dall’applicazione, anche se sono emersi dubbi in merito alla sovrapposizione di norme già emanate in passato rispetto alle Regulations del FSMA (PCHF o FSVP), e ha chiarito che l’approccio della FDA verso le aziende sarà costruttivo e collaborativo.
Il FSMA non è stato pensato per rallentare l’export verso gli USA, ma al contrario per favorire e incentivare un commercio responsabile e virtuoso rispetto a principi che legano la Sicurezza Alimentare.
Sempre Mr McIff ha ribadito che, il controllo fatto da soggetti terzi, è stato pensato e voluto per mantenere attivo il virtuosismo che ha mosso la redazione dell’intero assetto di Regulations del FSMA.
La FDA ha inoltre già stipulato accordi con Canada e Nuova Zelanda ed è in procinto di chiudere un accordo con l’Australia, per il riconoscimento dei loro sistemi di controllo per la Sicurezza Alimentare.
Ne consegue che il sistema di commercio, con questi Paesi, sarà più rapido.
La buona notizia è che il dialogo fra USA e Europa per un riconoscimento analogo è stato iniziato ma il processo sarà lento anche perché l’accordo dovrà coprire, con un sistema ad “ombrello”, tutti i 28 Paesi della UE.
Nel frattempo il Preventive Control for Human Food (PCHF) è in vigore per le aziende più grandi e settembre 2017 si avvicina sempre di più per le altre aziende.
Nonostante le linee guida ufficiali per la sua applicazione non siano state ancora pubblicate (esiste solo una bozza poco chiarificatrice), i dubbi per le aziende italiane sono molti soprattutto in merito all’applicazione con altri Regolamenti preesistenti, e definizione di aziende/fornitori di piccole dimensioni.
Ma la questione più dibattuta, nel nostro Paese in merito al FSMA, riguarda i requisiti che deve avere il PCQI ovvero colui, o colei, che ha la responsabilità di redigere e/o supervisionare alla redazione del Food Safety Plan ed è l’interlocutore preposto in occasione degli audit della FDA.
Forti della nostra tradizione ed elevata preparazione del personale, non digeriamo bene che un ente, per quanto autorevole, ci imponga un corso per una qualifica che riteniamo di avere già.
Le obiezioni principali delle aziende sono:
- Titolo di studio e percorso formativo di lunga data ed elevato livello della figura che di solito ricopre il ruolo di Resp. Sistema di Gestione per la Sicurezza Alimentare
- Esperienza pluriennale nel settore
- Applicazione da diversi anni di norme ben più complesse e stringenti quali BRC e IFS
- Critica verso il programma del corso per PCQI perché definito troppo basic.
Le più autorevoli Associazioni di categoria hanno giustamente avanzato questi dubbi ed anche richieste di chiarimento per sapere quali evidenze sono necessarie per evitare il corso e dimostrare la propria competenza.
E se cambiassimo punto di vista?
Qual è il vero obiettivo del nostro sistema produttivo alimentare italiano?
Vincere una questione di principio, far valere la nostra preparazione e autorevolezza oppure fare in modo che queste novità non rallentino troppo il processo e l’export con gli USA diventi il più indolore e produttivo possibile?
Non è una questione di vincitori né vinti ma di opportunità.
La prima reazione che abbiamo avuto in azienda alla lettura del corposo programma per il corso PCQI è stata di “sufficienza”.
Dopo aver approfondito il tema con mezzi propri, aver seguito un corso per PCQI, essere andati negli USA per seguire e ottenere il titolo di Lead Instructor, la visione americana rispetto alla Sicurezza Alimentare è stata più chiara ed è diversa dalla nostra (non più efficace).
Per questo è importante non sottovalutare cosa può dare un corso per PCQI oltre ad un titolo che comunque non fa aprire altre discussioni.
Chiariamo subito che il nostro è il punto di vista di una società di consulenza che sta sul mercato da 45 anni e il cui core business non sono i corsi di formazione, ma la crescita e prosperità dei nostri clienti.
Il modus operativo e teorico di concepire la sicurezza alimentare, secondo gli americani, è diverso dal nostro nonostante i concetti siano gli stessi ma cambia sostanzialmente il vocabolario.
E qui sta la piccola rivoluzione.
Il corso per PCQI ci fa vedere la sicurezza alimentare da un’altra prospettiva e ci costringe a ragionare sui principi fondamentali sui quali abbiamo costruito tutti i nostri sistemi, ma che diamo per scontati da troppo tempo.
Molte aziende ricorderanno quando hanno deciso di applicare standard quali BRC o IFS e forse molte di loro hanno mandato personale a fare qualche corso per chiarirsi le idee e/o chiesto aiuto a consulenti.
Il principio è analogo.
Il PCHF non è così banale anche se sembra esserlo.
Investire risorse economiche e il tempo di personale altamente qualificato per un corso che costringe a ripensare completamente il proprio sistema per metterlo in discussione, smontarlo e rimontarlo secondo una logica diversa, non può che fare del bene a qualunque sistema e rende sicuramente più forte e consapevole il responsabile di turno che dovrà in futuro interloquire con persone che conoscono una unica visione, quella americana.
Proprio perché il PCHF sembra “facile” in realtà non lo è affatto e il programma del corso va vissuto cercando le differenze di approccio che sono molte.
Per esempio:
- il controllo della gestione degli allergeni è visto e concepito in modo diverso;
- l’analisi dei pericoli tiene in considerazione dati americani e non europei, (le uova pastorizzate sono potenzialmente non sicure, il pericolo radiologico deve essere sempre valutato);
- necessità di dare maggiore evindenza alla validazione delle misure
- ma soprattutto i Preventive Controls e la loro concezione, non sono una cosa da liquidare con due battute ma un approccio diverso che può diventare molto semplice con la giusta chiave di lettura. E il corso per PCQI fornisce questa chiave di lettura.
Come giustamente Mr McIff ha suggerito, pur non essendoci ancora una posizione chiara da parte della FDA in merito ai requisiti di un PCQI, può essere opportuno seguire un corso che si ritenga valido anche come una occasione.
A chiusura di questa riflessione, che vuole chiaramente incoraggiare le aziende al confronto, si ricorda la pubblicazione, di una Comunicazione della Commissione Europea del 30 luglio 2016 rivolta alle Autorità Competenti, che chiarisce gli elementi cardini e imprescindibili di un Sistema di Gestione per la Sicurezza Alimentare, che va nella stessa direzione del PCHF e riconosce, nella ISO 22000, la norma alla quale ispirarsi.
E guarda caso la ISO 22000 è l’unica ad avere il concetto di PRP operativi che assomigliano molto ai Preventive Controls.