L’Italia vince nel calcio ma non nella pizza
La nostra nazionale vince contro l’Inghilterra e mantiene alto l’orgoglio in uno sport che rimane uno dei simboli italiani nel mondo, purtroppo non è così per l’altro nostro simbolo: la pizza
Pian piano sembra vogliano toglierci il primato della pizza, da sempre sinonimo di Italia in tutto il mondo.
Quasi due pizze su tre (63%) servite in Italia sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti dall’altra parte del mondo senza che i consumatori possano averne alcuna informazione.
Complice la crisi, gli italiani o vanno meno in pizzeria (40% rispetto a prima della crisi) o vi rinunciano del tutto (25%), secondo l’indagine Ixè come riporta il dossier «La crisi nel piatto degli italiani nel 2014» di Coldiretti.
La pizza made in Italy è ancora tale?
L’impasto che ha creato il mito della pizza dai Maestri pizzaioli napoletani si trasforma ora in un miscuglio dove il grano italiano 100% è sostituito da farina francese, tedesca o ucraina.
Al posto della mozzarella con latte vaccino vengono usati semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall’est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell’extravergine italiano.
Sono i numeri a parlare: nel 2013 in Italia sono stati importati 481 milioni di chili d’olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Stati Uniti e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenza all’aumento del 20% nei primi due mesi del 2014.
E non ci consola che ora ad essere premiati all’estero sono pizzaioli egiziani o cinesi, mentre nel nostro Paese note pizzerie chiudono per connessioni a clan camorristici come è accaduto a gennaio scorso a Roma per “Pizza Ciro” o “Zio Ciro”, per dirne solo un paio seguite da numerose altre in Toscana e Campania.