
Il latte è un alimento molto presente nella dieta degli italiani: tanti sono i momenti in cui compare sulle nostre tavole a partire dall’immancabile cappuccino della colazione continuando con i prodotti che derivano dalla trasformazione del latte (formaggi, yogurt, panna ecc.), o i prodotti nei quali il latte viene utilizzato come ingrediente (gelati, dessert, salse ecc.), fino ad arrivare ai prodotti nei quali viene aggiunto per ragioni tecnologiche (ad esempio alcuni salumi).
Eppure non tutti gli individui hanno la stessa capacità di digerire questo alimento, o meglio un suo costituente, il lattosio.
Si parla infatti di intolleranza al lattosio, una condizione che si distingue nettamente dall’allergia alle proteine del latte perché alla base non vi è alcun coinvolgimento del sistema immunitario ma un deficit enzimatico.
Il lattosio è uno zucchero naturalmente presente nel latte, responsabile del suo caratteristico gusto lievemente dolce.
Per poter essere assorbito e utilizzato dal nostro organismo come fonte di energia, il lattosio deve essere scisso all’interno dell’intestino nei due zuccheri semplici di cui è composto, galattosio e glucosio, ad opera dell’enzima lattasi prodotto dalle cellule dei villi intestinali.
Questo accade se nell’intestino è presente una quantità sufficiente di lattasi.
Nei soggetti intolleranti l’enzima è assente o presente in quantità ridotta pertanto il lattosio, non scisso, non può essere assorbito e permane nell’intestino dove viene metabolizzato dalla flora batterica intestinale con produzione di acidi grassi e vari gas, tra i quali idrogeno, metano e anidride carbonica.
Inoltre, il lattosio richiama acqua nell’intestino generando quindi diarrea, crampi, gonfiori e altri spiacevoli sintomi che chi soffre di intolleranza al lattosio conosce bene.
Questa condizione è molto comune nell’adulto (forse rappresenta la forma di intolleranza alimentare più diffusa), infatti nell’uomo il deficit di enzima lattasi è una condizione che si instaura fisiologicamente alla fine dell’allattamento.
Alte concentrazioni dell’enzima sono normalmente presenti al momento della nascita in modo da permettere al bambino di utilizzare gli zuccheri derivati dal latte materno.
Allo svezzamento, la produzione dell’enzima si riduce in modo naturale, principalmente per la riduzione dell’assunzione di latte con la dieta e per l’introduzione di alimenti diversi (carne, pesce, ecc). Nel 30% circa della popolazione adulta però l’enzima continua ad essere prodotto permettendo a questi soggetti di digerire regolarmente il lattosio assunto con la dieta.
Esiste poi una forma congenita di intolleranza al lattosio caratterizzata dalla quasi totale mancanza di attività dell’enzima fin dalla nascita ma si tratta di una condizione estremamente rara.
Quali alimenti contengono lattosio ?
Il lattosio è presente in concentrazioni variabili nel latte e nei suoi derivati, quali panna, burro, formaggi freschi.
La sua concentrazione diminuisce nello yogurt, fino a diventare trascurabile nei formaggi a pasta dura che hanno subito un lungo processo di stagionatura.
A livello industriale, poi, il lattosio viene aggiunto durante la preparazione di vari alimenti, sia come tale che sottoforma di latte in polvere.
Per questo motivo è presente non solo nei latticini, ma anche in altri prodotti alimentari, come salumi, gnocchi di patate, salse, budini, pane e pane speciale, alcuni cibi in scatola, prodotti da forno, pasticcini, minestre pronte, condimenti per insalate, salse, creme, besciamelle, alcuni integratori.
Sul mercato, in conseguenza del crescente numero di soggetti affetti da intolleranza al lattosio, aumentano inoltre i prodotti “delattosati”, che vengono ottenuti addizionando artificialmente l’enzima lattasi, che agisce come la lattasi umana scindendo il lattosio nei due zuccheri semplici che lo compongono.
Il quadro normativo attuale, sebbene vago, è supportato dal Reg. UE 609/13 circa gli alimenti destinati ad un’alimentazione particolare che entrerà in vigore il prossimo 20 Luglio 2016 .
Nell’ottica del cambiamento normativo che questo Regolamento introdurrà, già lo scorso Luglio il Ministero della Salute si è espresso cercando di fare chiarezza sull’ammissibilità di alcune indicazioni utilizzabili in etichetta:
– l’indicazione “senza lattosio” può essere impiegata per latti e prodotti lattiero caseari con un residuo di lattosio inferiore a 0,1g per 100 g o ml.
– l’indicazione “a ridotto contenuto di lattosio” può essere utilizzata se il residuo di lattosio è inferiore a 0,5 g per 100 g o ml.
Per fornire una informazione precisa ai consumatori sui contenuti dei prodotti delattosati “senza lattosio” o “a ridotto contenuto di lattosio” va inoltre riportata in etichetta anche un’indicazione relativa alla presenza nel prodotto di galattosio e glucosio derivanti dalla scissione del lattosio.
Eventuali indicazioni quali “naturalmente privo di lattosio” possono essere utilizzate solo quando ciò non sia da ritenersi scontato, in conformità a quanto già stabilito per gli alimenti in via generale, dal Reg. U.E. 1169/11
Intolleranti al lattosio: come comportarsi?
Sicuramente gli alimenti che contengono questo zucchero devono essere evitati o assunti in quantità controllata secondo la tolleranza individuale.
Le persone che soffrono di intolleranza al lattosio dovranno leggere attentamente l’elenco degli ingredienti riportato nelle etichette dei prodotti preimballati o consultare il libro ingredienti presente nelle attività in cui viene effettuata la vendita/somministrazione di alimenti sfusi, per capire quali alimenti sono privi di lattosio e quindi possono essere consumati in sicurezza.
Il Reg. UE 1169/11 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, infatti, in vigore dal dicembre 2014 impone che le sostanze in grado di provocare allergie o intolleranze tra cui “latte e prodotti a base di latte (incluso lattosio)” siano evidenziate nell’elenco ingredienti degli alimentari attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per dimensioni, stile o colore di sfondo.
È importante inoltre prestare attenzione anche al may content, la famosa indicazione che troviamo in molti prodotti alimentari “può contenere tracce di….”. Tale indicazione, infatti, fornisce informazioni circa la possibile presenza di lattosio come contaminante all’interno del prodotto.
Cosa possono fare i produttori per proteggere la salute dei propri consumatori?
Ovviamente compito del produttore è quello di fornire al consumatore informazioni complete e corrette sulla composizione degli alimenti prodotti e in particolare sulla presenza di latte e prodotti a base di latte in accordo con quanto stabilito dal Reg. UE 1169/11 in modo da consentire al consumatore una immediata comprensione dell’etichetta e di scegliere l’alimento da consumare in totale sicurezza.
Inoltre per evitare che i consumatori corrano il rischio di manifestare i sintomi dell’intolleranza a causa della presenza accidentale di lattosio nell’alimento, e tutelare allo stesso tempo la propria azienda da episodi spiacevoli e danni di immagine che ne potrebbero derivare, è fondamentale attuare delle procedure per la gestione del rischio di contaminazione crociata da allergeni che può verificarsi accidentalmente durante la preparazione.
All’interno di aziende in cui vengono effettuate preparazioni di tipo diverso, il latte potrebbe infatti essere presente in tracce in alimenti la cui ricetta non prevede la presenza del latte o di prodotti a base di latte.
Per concludere, quindi, la normativa sull’etichettatura degli alimenti ha compiuto notevoli passi avanti nella tutela della salute e del diritto all’informazione del consumatore al fine di consentire una scelta consapevole per la sua sicurezza imponendo la trasparenza delle indicazioni fornite al consumatore in merito alla presenza di sostanze in grado di provocare allergie o intolleranze.
Parallelamente un altro strumento fondamentale per le aziende per aumentare ulteriormente il livello di sicurezza degli alimenti prodotti è rappresentato dalla formazione del personale addetto alla lavorazione degli alimenti circa il rischio di contaminazione crociata all’interno dell’azienda e la predisposizione di procedure specifiche per contenere tale rischio.