
Che i prodotti Made in Italy esercitino un certo – giustificato – fascino sui mercati esteri è certo. L’Italia può vantare una quantità di prodotti d’eccellenza unica al mondo, motivo per il quale l’export è in continua crescita.
Non solo i vicini Paesi dell’Unione Europea, ma anche gli Stati Uniti dimostrano di apprezzare la tradizione agroalimentare italiana. Ma le aziende che esportano i propri prodotti alimentari all’estero, soprattutto extra UE, o che intendono farlo sanno veramente cosa le aspetta?
Questo articolo è qui per aiutarvi a capire se l’export verso l’estero fa al caso vostro, elencando le 5 cose più importanti da sapere prima di esportare.
Come funzionano le esportazioni?
Prima di iniziare le attività di export, è importante ragionare su alcuni aspetti che ogni singola azienda dovrebbe implementare. Bisogna avere un piano ben chiaro dei Paesi verso i quali si vuole effettuare l’esportazione dei propri prodotti, dal momento che ciascun Paese, soprattutto fuori dalla UE, ha delle regole ben precise, che possono essere anche molto diverse da quelle italiane.
Se non si hanno le idee chiare su questo punto, non sarà nemmeno possibile richiedere l’autorizzazione alle autorità competenti per esportare verso Paesi terzi, indispensabile per effettuare la spedizione dei propri prodotti alimentari a norma di legge.
Quello che bisogna tenere sempre presente è che il commercio internazionale, così come quello nazionale, deve garantire la sicurezza degli alimenti e la tutela della salute delle persone, onde evitare, ad esempio, la diffusione di malattie da un Paese all’altro. Ecco perché è opportuno la spedizione di prodotti alimentari a rischio o provenienti da aree geografiche che possono presentare dei rischi.
Il requisito generale per l’esportazione di prodotti alimentari in Paesi esteri è, dunque, la conformità alle disposizioni in materia di igiene degli alimenti vigenti nel Paese esportatore. All’interno dell’Unione Europea, il rispetto dei Regolamenti (CE) 852/2004 e 853/2004 è il requisito di base per poter esportare.
Perché iniziare a esportare?
Esportare i propri prodotti alimentari verso nuovi mercati ha sicuramente innumerevoli vantaggi, il primo dei quali potrebbe essere quello di espandere la propria clientela, aumentando la riconoscibilità del marchio anche all’estero.
Va da sé che, oltre a un ritorno d’immagine, si avrà anche un notevole ritorno economico, operando correttamente all’interno del mercato e offrendo prodotti di qualità e sicuri.
Le cose che ogni azienda dovrebbe sapere prima di iniziare le attività di export
Per districarci nella ragnatala dell’attività di export, abbiamo pensato una lista di 5 argomenti che ogni azienda dovrebbe conoscere prima di iniziare la propria espansione commerciale:
1. BRC o IFS sono importanti valori aggiunti o condizioni indispensabili
Le aziende che hanno implementato un sistema integrato HACCP e BRC-IFS sono sicuramente più agevolate all’esportazione.
Le aziende clienti estere vedono sicuramente in questi standard volontari maggiori garanzie di sicurezza e igiene alimentare. L’applicazione dello standard BRC è, per esempio, conditio sine qua non per l’esportazione in UK.
2. Regole di etichettatura specifiche
I Paesi extra UE hanno norme e regole di etichettatura diverse rispetto ai regolamenti europei e diverse tra loro.
È fondamentale quindi prendere consapevolezza del fatto che non è sufficiente tradurre semplicemente l’etichetta nella lingua estera del paese in cui il prodotto sarà commercializzato. Probabilmente sarà necessario aggiungere altre indicazioni, preparare una tabella nutrizionale diversa, e così via.
3. Limiti di additivi e fitofarmaci diversi
Ogni paese extra UE ha normative specifiche in merito alla possibilità o meno di utilizzare determinati additivi chimici nelle diverse tipologie di alimenti. Anche se un additivo è ammesso, potrebbero inoltre essere adottati limiti diversi. Questi aspetti vanno considerato in fase molto precedente all’attività di esportazione visto che potrebbe prevedere anche una riprogettazione della ricetta del prodotto.
4. Possibili audit dell’autorità competente
L’autorità competente potrebbe effettuare degli audit ed ispezioni presso lo stabilimento italiano per verificare il rispetto di tutte le norme previste. Uno tra tutti: l’FDA (Food and Drug Administration degli USA) è solita fare controlli presso gli stabilimenti italiani a campione e in funzione della classe di pericolo dell’alimento stesso. L’azienda deve essere preparata all’evenienza ed essere in grado di rispondere a tutte le eventuali domande.
5. Diverso sistema HACCP per la sicurezza alimentare
Gli USA hanno reso obbligatorio anche per gli stabilimenti esteri l’implementazione e l’applicazione di un Food Safety Plan, documento aziendale che deve prendere in considerazione tutti i pericoli possibili e le diverse azioni preventive. Ragionamenti e impostazioni di questo documento sono spesso diversi rispetto al manuale HACCP a cui siamo abituati noi in Italia.
Consigli finali per chi decide di iniziare a esportare
Alla luce di quanto ci siamo detti sino a qui, ci sentiamo di dare degli ultimi consigli a chi volesse intraprendere l’attività di esportazione verso Paesi terzi.
Innanzitutto, vi suggeriamo di creare una strategia a tavolino, effettuando una precisa analisi dei mercati di destinazione, con lo scopo di individuare il prodotto più adeguato a seconda del Paese verso il quale si va a esportare.
Un altro tassello fondamentale è certamente quello umano. Creare relazioni, instaurare fiducia con i propri importatori, tessere delle relazioni con la clientela locale: sono tutti elementi che concorrono a fortificare il legame fra il nostro Paese e quello estero.
In questo modo possiamo avere più controllo sul viaggio che il nostro prodotto e il nostro brand sta compiendo all’estero.
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