Mozzarella ancora sotto i riflettori dopo l’operazione dei Carabinieri in un caseificio della Murgia barese che ha portato alla denuncia dei titolari e al sequestro di mozzarella prodotta da “semilavorati industriali” di provenienza estera rinvenuti in cattivo stato di conservazione e sottoposti a congelamento senza il rispetto dei criteri di legge. E la Coldiretti ribadisce l’allarme sull’uso di semilavorati di provenienza estera per produrre mozzarella al posto del latte fresco e spesso privi della necessaria etichettatura.
Queste pratiche influiscono pesantemente sul mercato in modo negativo da un lato sulla fiducia dei consumatori verso l’industria casearia italiana e dall’altro sui prezzi.
Quale è la situazione del mercato in Italia oggi? Lo abbiamo chiesto a Laura Cuomo che da anni lavora nell’industria di latticini di famiglia, una delle eccellenze della regione Lazio e con radici a Vico Equense poco distante da Sorrento. Il caseificio Cuomo produce oltre alla mozzarella una vastissima gamma di prodotti dalla scamorza alla ricotta e caciocavallo rifornendo dagli alimentari tradizionali, bar ristoranti fino alla Grande distribuzione nel Lazio, Toscana, Umbria, Lombardia e Sicilia.
“Già da qualche anno molte aziende hanno iniziato ad usare un semilavorato, la cagliata, che non è di origine interna all’azienda ma viene acquistato in Germania o nell’Est Europa, paesi questi ultimi di cui si sa poco a livello di sicurezza alimentare – spiega Laura Cuomo – Quindi attraverso un processo semplice di filatura, con l’utilizzo di acqua calda o vapore, questo semilavorato si trasforma in mozzarella. Chi lavora il latte come noi attraverso una produzione tradizionale la cagliata la produce da solo partendo appunto dal latte fresco. Questi semilavorati possono avere una vita di 30 al massimo 60 giorni o sono addirittura congelati senza una garanzia né delle condizioni igieniche né degli ingredienti utilizzati.
Il consumatore non ne è al corrente se una mozzarella è prodotta con metodi tradizionali partendo quindi dal latte fresco e non da un prodotto semilavorato o persino congelato?
“Il regolamento europeo 1169 sull’etichettatura permette di indicare un ingrediente composto attraverso l’indicazione dei singoli componenti utilizzati, per la mozzarella dunque latte, sale e caglio. Il consumatore quindi non lo sa proprio perché c’è la tacita convenzione per cui si possono inserire ingredienti singoli del composto. Il fatto di produrre da semilavorati non viene verificato dagli organi di controllo a discapito delle aziende come la nostra che lavorano il latte. Alcune aziende non hanno neanche i contenitori del latte e producono un latticino bianco chiamato mozzarella e magari venduto anche come “made in Italy” perché prodotto in Italia. C’è molta confusione”
Come riconoscere allora il vero made in italy? Quale consiglio dare ai consumatori per distinguere la mozzarella prodotta secondo i criteri della lavorazione tradizionale?
“Il campanello di allarme dovrebbe essere il prezzo. Ora c’è un esubero di latte in Europa per cui i prezzi sono molto bassi e di conseguenza il prezzo della cagliata è sceso ai minimi storici. Queste aziende riescono a mettere sul mercato mozzarella anche a 3 euro al chilo. Per la nostra produzione noi spendiamo solo di latte più di 3 euro al chilo. La Gdo falsifica tutte le percezioni finali vendendo a 4 euro al chilo mozzarella che difficilmente è fatta con il latte”
Ed in effetti i sospetti dei Carabinieri, che hanno portato nel caso di Bari alla denuncia del titolare del caseificio, sono originati proprio dai prezzi di vendita dei prodotti caseari, non compatibili secondo i militari con i costi legati a materia prima e gestione degli impianti.
Il prezzo dunque è indice di lavorazioni conformi a standard di qualità che prevedono trasparenza sugli ingredienti, rintracciabilità delle materie prime e formazione del personale.
“Usiamo latte italiano della nostra zona, i nostri conferenti sono una trentina di stalle dislocate da Terracina fino a Latina coprendo l’80% della nostra produzione annua”- sottolinea Cuomo – Nei picchi di produzione estiva ci approvvigioniamo da altre zone che non sono il solito bacino di fornitori locali. Facilmente invece succede che viene spacciata sul mercato mozzarella prodotta con i metodi tradizionali e che magari viene da zone dove di latte non se ne produce.
Noi ci affidiamo al nostro claim “ogni mattino dall’Agro Pontino”. L’Agro Pontino produce tradizionalmente il fiordilatte di mucca e stiamo lavorando per ottenere una Dop per valorizzare i prodotti fatti con il latte della zona”
Per coprire la domanda crescente del mercato la produzione del caseificio Cuomo si è trasferita nel nuovo stabilimento di 33mila metri quadrati ad Aprilia, con una capacità produttiva di 3mila kg l’ora e 45 dipendenti, mantenendo comunque inalterati i livelli qualitativi dell’antica tradizione casearia storica fondata da Giovanni Cuomo ad inizio del secolo scorso. E per la propria produzione tradizionale di cagliata l’azienda Cuomo si avvale di laboratori interni all’avanguardia.
“Effettuiamo al nostro interno controlli chimici e microbiologici sia sulle materie prime che sul prodotto finito. Controlli sia di legge che della qualità del latte fornito, a livello ad esempio di proteine, grasso o fluidità, e per evitare eventuali frodi analizziamo quotidianamente il prodotto finito”
Ai controlli si affianca un’attività di ricerca e sviluppo dell’industria Cuomo all’interno della quale rimane figura chiave il casaro.
“Decide la miscela di latte, la qualità dei fermenti e i parametri della lavorazione come la temperatura di riscaldamento del latte. Il latte non è uguale ogni giorno ma diverso a seconda ad esempio da quello che mangiano le mucche o dalle temperature e quindi delle stagioni”.