
Il 19 gennaio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il tanto atteso decreto ministeriale relativo all’indicazione in etichetta dell’origine del latte, anche quando usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari.
Un simile decreto è stato fortemente voluto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in risposta all’esigenza di trasparenza dei consumatori e al loro diritto di conoscere la provenienza dei prodotti che acquistano, oltre che alla volontà di valorizzare e tutelare il Made in Italy.
Il decreto entra in vigore oggi 19 aprile, e vi rimarrà in via sperimentale fino al 31 marzo 2019, salvo l’adozione da parte della Commissione europea di atti esecutivi, in tal caso il provvedimento perderà efficacia dalla data di entrata in vigore degli atti stessi.
Cosa cambia sulle etichette di latte e formaggi italiani?
Le etichette di tutti i tipi di latte e prodotti lattiero caseari preimballati realizzati e commercializzati in Italia, dovranno indicare il nome del Paese in cui è stato munto il latte e il nome del Paese in cui il latte è stato condizionato o trasformato.
Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato o trasformato nello stesso Paese, sarà possibile inserire la seguente dicitura:
“Origine del latte: nome del Paese”.
Se invece tali operazioni sono state effettuate in Paesi differenti, si potrà inserire: “latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato o trasformato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento o di trasformazione.
Nel caso in cui le operazioni di mungitura, condizionamento e trasformazione avvengano nel territorio di più Paesi situati al di fuori dell’Unione europea, possono essere utilizzate le diciture: “latte di Paesi non UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato o trasformato in Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento o di trasformazione.
Le indicazioni sull’origine dovranno essere indelebili, visibili e facilmente leggibili e si applicheranno al latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale.
Quali saranno i prodotti interessati:
- latte e crema di latte non concentrati né addizionati con zuccheri o altri edulcoranti,
- latte e crema di latte concentrati o con aggiunta di zuccheri o di altri edulcoranti,
- latticello,
- latte e crema coagulata,
- yogurt,
- kefir ed altri tipi di latte,
- creme fermentate o acidificate, sia concentrate che addizionate di zucchero o di altri edulcoranti,
- creme aromatizzate o con l’aggiunta di frutta o di cacao,
- siero di latte, anche concentrato o addizionato di zucchero o di altri edulcoranti,
- prodotti costituiti di componenti naturali del latte, anche addizionati di zucchero o di altri edulcoranti, non nominati ne’ compresi altrove,
- burro e altre materie grasse provenienti dal latte,
- creme lattiere spalmabili,
- formaggi, latticini e cagliate,
- latte sterilizzato a lunga conservazione,
- latte UHT a lunga conservazione.
Restano esclusi dal campo di applicazione del Decreto i prodotti Dop, Igp ed il latte fresco per i quali continuano ad applicarsi le disposizioni previste dalla normativa specifica, ed i prodotti fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in un Paese terzo.
Un simile sistema, rappresenta una vera e propria sperimentazione all’interno dell’Unione Europea.
Ricordiamo infatti che il Reg. UE 1169/11 relativo alla fornitura di informazioni ai consumatori sugli alimenti non prevede tra le indicazioni che devono essere riportate obbligatoriamente in etichetta l’origine delle materie prime, ma lascia agli Stati Membri la possibilità di prendere decisioni in merito.
L’Italia, insieme alla Francia, è tra i primi paesi europei ad adottare una simile disposizione e ad estendere la lista degli alimenti per cui sarà obbligatorio indicare l’origine in etichetta anche a latte e derivati.
Si tratta di un importante segnale di cambiamento a livello nazionale rivolto non solo alla massima tutela e trasparenza nei confronti del consumatore ma anche alla tutela dei produttori e del made in Italy.
Cosa cambia per i consumatori?
Questo cambiamento incontra il favore della maggior parte dei consumatori italiani che sono sempre più attenti alla sicurezza igienico sanitaria e alla qualità dei prodotti che acquistano e che ritengono necessario che l’origine degli alimenti sia scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta dei prodotti agroalimentari, in quanto associata ad una serie di caratteristiche positive, tra cui la qualità.
Con l’entrata in vigore del provvedimento il consumatore potrà, quindi, scegliere in piena consapevolezza avendo a disposizione tutte le informazioni circa la provenienza del latte che acquista e soprattutto l’origine del latte utilizzato per molti altri prodotti come burro, yogurt, mozzarella, formaggi.
Cosa cambia per i produttori?
Un simile decreto valorizza l’impegno e porta al riconoscimento della qualità e del lavoro dei produttori che utilizzano latte italiano come materia prima per i propri prodotti e che credono nel valore aggiunto del legame prodotto- territorio, e fornisce un aiuto concreto al settore lattiero – caseario italiano.
D’altro canto i produttori dovranno anche affrontare il compito e l’onere di aggiornare ed adeguare le etichette al nuovo decreto e smaltire quelle non conformi.
I prodotti che sono stati portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati prima del 19 aprile 2017, potranno comunque essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte e comunque entro e non oltre 180 giorni successivi a tale data.
Le etichette non conformi verranno sanzionate ai sensi della legge 3.2.11 n. 4, articolo 4, comma 10.
La presenza sull’etichettatura di informazioni sull’origine rappresenta, indubbiamente, per la popolazione un valore aggiunto del prodotto e influenza in maniera determinante le decisioni di acquisto dei consumatori per il latte ed i prodotti lattiero-caseari, insieme ad altri fattori quali prezzo, gusto e data di scadenza.
Tuttavia, per molti prodotti l’etichetta resta ancora anonima, quali salumi, succhi di frutta, pasta, concentrato di pomodoro, sughi pronti, carne di coniglio, per citare solo alcuni esempi.
Anche nell’ambito dei prodotti lattiero caseari restano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto ministeriale i formaggi sfusi e preincartati (cioè quelli porzionati e impacchettati in un apposito involucro direttamente presso il punto vendita), che rappresentano comunque una quota di mercato significativa.
La stessa indicazione di origine “UE/non UE” potrebbe non fornire una soluzione soddisfacente per i consumatori, in quanto si limita a differenziare la produzione dell’Unione europea da quella dei Paesi terzi, informazione che potrebbe essere considerata troppo generica rispetto all’indicazione del luogo di mungitura, ad esempio.
L’Italia, comunque, per andare incontro all’esigenza e alla domanda della popolazione italiana di ottenere informazioni sistematiche sull’origine dei prodotti alimentari, si sta muovendo sempre più nella direzione della massima trasparenza nei confronti del consumatore e della tutela dell’identità delle produzioni agroalimentari italiane.
Il prossimo passo riguarderà l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta.
Ma il consumatore è disposto ad affrontare costi più elevati a fronte di maggiori informazioni sull’origine del prodotto?
Un’ulteriore considerazione da fare, infatti, riguarda la possibilità che i nuovi obblighi di etichettatura comportino un aumento dei costi di produzione (in particolare per i prodotti lattiero-caseari altamente trasformati mediante molteplici fasi di produzione, con ingredienti aventi origini multiple) che finirebbero per gravare principalmente sui consumatori.
Gli aumenti di costo potrebbero essere legati secondo la “relazione della Commissione al Parlamento europeo e al consiglio relativa all’indicazione obbligatoria del paese di origine o del luogo di provenienza per il latte, il latte utilizzato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari e i tipi di carni diverse dalle carni della specie bovina, suina, ovina, caprina e dalle carni di volatili”,
- all’adattamento delle prassi di approvvigionamento,
- alle possibili variazioni nel gruppo di fornitori,
- al passaggio a lotti di produzione più piccoli,
- all’adattamento dei processi di produzione per mettere in atto in loco la separazione per origine,
- all’adattamento del confezionamento e dell’etichettatura e dell’attuazione o dell’adattamento del sistema di rintracciabilità.
Infine, un’altra constatazione è d’obbligo.
Il latte proveniente dagli altri Paesi dell’UE non è necessariamente di minore qualità.
In molti Paesi dell’UE, come Francia, Germania, Austria, Slovenia, vengono seguite regole di produzione identiche a quelle italiane che assicurano quindi un elevato livello di qualità igienico sanitaria.
Inoltre le aziende di produzione italiana attuano dei sistemi rigorosi di autocontrollo, ed effettuano controlli attenti e costanti sia sulle materie prime che sui prodotti finiti per assicurare la sicurezza dei consumatori.