
Realizzare un’etichetta alimentare corretta dal punto di vista normativo è sempre un compito difficile, tanto più se l’alimento è destinato ad un mercato estero.
Innanzi tutto, la semplice traduzione delle diciture presenti in etichetta, per quanto possa essere un approccio “comodo”, non è sicuramente la soluzione migliore in quanto molti termini potrebbero essere superflui (occupando quindi spazio da destinare ad altre informazioni) o addirittura non consentiti!
Non si deve poi sottovalutare il posizionamento delle informazioni, che potrebbe portare a stravolgere il layout di un etichetta tanto faticosamente progettata.
Per quanto appena detto, è ancora più difficile pensare un’etichetta che sia adattabile a più di un Paese, in quanto si andrebbero a sommare le difficoltà.
Nella nostra esperienza le norme sull’etichettatura di ogni Paese hanno le loro particolarità, che possono anche tradursi in piccolissime differenze, spesso difficili da cogliere.
In questo primo capitolo del viaggio attorno al mondo che abbiamo intenzione di percorrere vogliamo focalizzare l’attenzione su un Paese che negli ultimi anni sta attraendo le aziende alimentari: il Brasile.
Per cominciare, la prima difficoltà che si presenta è quella relativa al posizionamento delle informazioni; se per il Reg. U.E. 1169/11 non ci sono particolari restrizioni, salvo quella di inserire nello stesso campo visivo la denominazione e la quantità netta, per il Brasile queste due indicazioni devono trovarsi invece nel campo visivo principale, con l’ulteriore vincolo per l’indicazione della quantità di essere impressa con un colore ben contrastante con il fondo dell’imballaggio.
Già questo può essere un primo problema, che costringe a riprogettare il layout; vediamo di seguito altre peculiarità.
Se nell’elenco ingredienti sono presenti degli additivi, oltre ovviamente a verificarne l’ammissibilità nell’alimento che si intende commercializzare (tramite un apposito regolamento), questi andranno riportati alla fine dell’elenco, senza rispettare l’ordine decrescente di peso!
Inoltre, non esiste differenza tra data di scadenza e data di preferibile consumo!
In Brasile esiste una sola “data di validità” (come viene chiamata) e dovrà essere indicata con modalità differenti a seconda della durabilità dell’alimento (es. con mese e anno per alimenti con validità superiore a tre mesi).
Già questi tre aspetti basterebbero per far capire che l’etichettatura per il Brasile è profondamente diversa rispetto a quella di un alimento destinato al mercato Comunitario, tralasciando poi i vari aspetti legati ai claims nutrizionali che seguono regole troppo complesse per essere elencate in questa sede.
Ci sono poi alcuni aspetti che invece in Brasile non sono contemplati e sarebbero quindi superflui, uno tra questi l’indicazione dell’ingrediente caratterizzante.
Concludiamo infine con un elemento che aiuta ancora di più a capire quanto due culture lontane abbiano ovviamente approcci diversi rispetto alle informazioni ritenute fondamentali per il consumatore: la presenza del glutine.
Se per la normativa Comunitaria l’indicazione relativa alla presenza di glutine rimane facoltativa, in Brasile vi è invece l’obbligo di indicazione (“contiene glutine” oppure “non contiene glutine” a seconda se nella composizione dell’alimento sia stato o meno utilizzato un cereale contenente glutine!).
Questa breve guida non vuole certo essere esaustiva (e come potrebbe), vuole solamente essere un inizio per chiunque sia interessato a realizzare un etichetta per il mercato Brasiliano, con l’accorgimento di affrontare la tematica con la giusta cautela e professionalità.