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Patatine artigianali: un caso emblematico

By 27 Novembre 2015Agosto 5th, 2022Sicurezza Alimentare4 min read
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La sentenza del T.A.R. del Lazio, emessa pochi giorni fa a fronte del ricorso presentato dalle aziende incriminate, non ha fatto altro che confermare quanto già stabilito dall’AGCM.

Leggendo la sentenza del T.A.R. non si può non notare, infatti, un’analisi accurata delle contestazioni mosse ai produttori.

Tuttavia, quello che risalta maggiormente è senza dubbio l’attenzione dedicata al consumatore e alle scelte che questi è portato ad intraprendere per un acquisto consapevole.

Al di là delle motivazioni che hanno portato alle sanzioni, che sono comunque da ritenersi sostanzialmente corrette, è interessante notare come le contestazioni siano scaturite non solo dalla verifica dell’applicazione del Reg. U.E. 1169/11 (che tutte le aziende seguono per la realizzazione delle proprie etichette), ma anche e soprattutto dal già citato Codice del Consumo, che spesso si spinge “oltre” i Regolamenti stessi.

Le sanzioni sono state comminate principalmente per:

  • pubblicità ingannevole, in violazione dello stesso Codice del Consumo;
  • l’indicazione di alcuni claim in etichetta, utilizzati da tutti i marchi coinvolti.

Le contestazioni sui claim riportati in etichetta hanno riguardato primariamente tre categorie:

    • “Meno …% di grassi”, 
    • “Cotte a mano/artigianali”
    • “Con olio di oliva”

Nel primo caso, mentre la minore percentuale di grassi era riportata in etichetta con caratteri molto vistosi, la frase comparativa “rispetto alla patatina fritta classica” risultava scritta in caratteri non immediatamente percepibili dal consumatore.

Riguardo invece l’olio d’oliva indicato tra gli ingredienti delle patatine artigianali, pur essendo il claim riportato sul fronte del pacco con il dovuto risalto (caratteri grandi, immagini di olive e bottiglie di olio, ecc), l’effettiva percentuale presente, peraltro irrisoria rispetto ad altri oli, era riportata sul retro e in caratteri più piccoli, perdendosi tra le altre informazioni.

In entrambi i casi, la norma comunemente applicata (il Reg. U.E. 1169/11) consente la realizzazione dell’imballo così come è stato effettivamente proposto sul mercato.

Tuttavia, la lettura data dall’AGCM e successivamente dal T.A.R. è stata quella di porsi maggiormente dalla parte del consumatore e di considerare i claim anche dal punto di vista della pratica commerciale ingannevole. Alla luce di questa lettura, le etichette così realizzate sono effettivamente risultate veicolare un messaggio ingannevole e/o scorretto e dunque sanzionabile.

In una delle sentenze, una delle ditte produttrici chiede il ricorso adducendo la motivazione che il suo operato (cioè scrivere in etichetta la dicitura “artigianale”) sia stato preventivamente approvato dalla A.S.L. territorialmente competente.

Questa motivazione è stata giustamente rigettata, in quanto la A.S.L. non risulta Autorità Competente per deliberare in merito ai messaggi pubblicitari o ai claim indirizzati ai consumatori.

Vogliamo poi soffermarci su un aspetto spesso trascurato, perché a torto non ritenuto rilevante ai fini dell’etichettatura, cioè che la Normativa riguardo la fornitura di informazioni ai consumatori, che comprende tutti i mezzi di comunicazione.

Poco importa se l’etichetta posta in commercio non presenti diciture contestabili, quando un messaggio proveniente da altre fonti (sito internet, televisione, radio) fornisca invece un messaggio commercialmente scorretto.

Nella valutazione delle Autorità Competenti sono stati presi in considerazione anche questi aspetti, cioè la pluralità di messaggi scorretti giunti ai consumatori.

Sull’ammontare delle sanzioni, ritenute esagerate dai ricorrenti in relazione agli effettivi introiti che si sono generati dallo sfruttamento dei claim scorretti, sempre il T.A.R. ha voluto precisare che:

“In materia di pubblicità ingannevole l’entità della sanzione deve commisurarsi non ai ricavi sul singolo prodotto oggetto della pubblicità ma sull’importanza e sulle condizioni economiche dell’impresa”.

Per finire, vogliamo chiudere con un passaggio estrapolato dalle sentenze, che può risultare utile per comprendere quale sia l’approccio degli Organi di Controllo nei confronti dei messaggi destinati al consumatore:

È in capo ai produttori l’onere di chiarezza e di completezza di informazioni, che non può non riguardare in primis la presentazione di un elemento cruciale nella scelta di acquisto dei consumatori…e la sua percezione da parte del consumatore deve essere immediata…tutte le informazioni importanti, che secondo buon senso e correttezza si presume possano influenzare il consumatore nell’effettuare la propria scelta, devono essere rese già al primo contatto

Dunque, cosa fare per avere la sicurezza di non utilizzare pratiche commerciali scorrette?

  • Consultare diverse fonti

Il Reg. U.E. 1169/11 è lo strumento per realizzare una etichetta corretta dal punto di vista tecnico ma come abbiamo visto il Codice del Consumo fornisce indicazioni preziose sotto altri aspetti, senza voler dimenticare le cosiddette “normative verticali”, cioè quelle relative alle singole categorie di prodotti.

  • Non fidarsi di quello che si trova già sul mercato

Non è detto che altre aziende, anche con un certo nome, siano infallibili.

  • Affidarsi a professionisti del settore

Potranno consigliarvi per il meglio.

  • Mettersi sempre dalla parte del consumatore

Vale a dire, chiedersi se il messaggio che si vuole veicolare possa risultare in qualche modo ambiguo o di difficile interpretazione.

 

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