Il cromo è un metallo che si trova abbondantemente in natura in complesso con altre specie chimiche. Il cromo esavalente è il secondo stato di ossidazione più stabile del cromo metallico, dopo il cromo trivalente. Esso viene utilizzato soprattutto nelle leghe metalliche, quali l’acciaio inossidabile, per la grande varietà delle sue applicazioni.
Proprio per l’ampiezza del suo utilizzo, il cromo esavalente può essere presente tanto negli alimenti quanto nell’acqua potabile, sia come conseguenza di processi naturali che di attività umane. Viste le conseguenze che può avere sulla salute umana, come rilevato dal Ministero della Salute nel report sulla presenza del cromo all’interno delle acque potabili (per leggere il documento clicca qui), diviene quanto mai fondamentale sottoporre l’acqua potabile a controlli analitici, onde verificare che i livelli di cromo esavalente rientrino nei limiti previsti dalla normativa.
Che cos’è il cromo esavalente
Per capire che cos’è il cromo, basta leggere la definizione di cromo esavalente fornita dal Ministero della Salute:
Il cromo è un costituente naturale della crosta terrestre e si trova naturalmente nelle piante, negli animali e nel suolo. Le due forme più stabili, e quindi più comuni, sono il cromo trivalente, Cr(III), e il cromo esavalente, Cr(VI). Può essere presente in diverse forme che hanno specifiche proprietà chimico- fisiche e tossicologiche.
Per scoprire dove si trova il cromo basta guardare alla natura e alle attività umane: infatti, il cromo esavalente sotto forma di varie leghe e composti è ampiamente utilizzato a fini commerciali da oltre 100 anni; mentre, in natura, è un costituente della crosta terreste e si trova nelle piante, negli animali e nel suolo.
Come si diffonde il cromo esavalente
La presenza di livelli apprezzabili di cromo nelle acque potabili distribuite può essere principalmente ricondotta a contaminazione naturale o a inquinamento da fonti industriali della risorsa, e mancanza di un sistema di trattamento dell’acqua captata.
Il cromo esavalente è considerato mutageno, cancerogeno e tossico e ha, inoltre, una elevata solubilità in acqua che lo rende altamente diffondibile nelle risorse idriche.
Questo ne causa una forte permanenza nell’ambiente, sia rispetto alla diffusione territoriale (grazie all’assorbimento del cromo nell’acqua, che di per sé è un elemento molto mobile) sia a quella temporale (se il cromo esavalente nell’acqua riesce a penetrare nell’impianto idrico può permanervi per molto tempo).
Quali sono gli effetti del cromo esavalente?
Gli effetti del cromo esavalente sulla salute umana possono essere diversi. Rispetto al suo “collega” trivalente, il cromo esavalente può essere pericolo per la salute visti i livelli di tossicità più elevati.
Quando presente in alte concentrazioni, gli effetti dell’assorbimento del cromo per via inalatoria possono provocare irritazione, ulcerazioni del naso, problemi respiratori, eruzioni cutanee, indebolimento del sistema immunitario e danni allo stomaco, fegato e polmoni.
Come prevenire la diffusione del cromo esavalente nell’acqua potabile?
Le analisi chimiche del cromo esavalente nell’acqua potabile sono uno strumento fondamentale per prevenire la contaminazione da cromo.
Dal momento che si tratta di un elemento di difficile bonifica, e pertanto eliminare il cromo nell’acqua rimane complicato, tenerne sotto controllo i livelli per mezzo di analisi chimiche è davvero l’unica via di prevenzione per monitorare la salubrità delle acque destinate al consumo umano.
Cromo e cromo esavalente nell’acqua: i limiti fissati dalla normativa
A partire dal luglio 2017, il cromo esavalente è stato inserito fra i parametri obbligatori da ricercare tramite le analisi chimiche per la potabilità dell’acqua. A fissare tale obbligo è stato il D.M. 14/11/16, emanato dal Ministero della Salute alla luce delle valutazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha stabilito anche i limiti del cromo nell’acqua potabile, vista la pericolosità intrinseca del cromo esavalente.
Questo decreto ha segnato un passo in avanti rispetto al D. Lgs. 152/06, che regolamentava i valori soglia per le acque sotterranee, in misura pari a 5 µg/l.
La ratio della norma è quella secondo la quale, ad elevate concentrazioni di cromo “semplice”, potrebbero corrispondere altrettanto elevate concentrazioni di cromo esavalente, con le possibili conseguenze per la salute.
Ecco, dunque, che la ricerca del cromo esavalente dovrà essere effettuata solo se il parametro “cromo” superi i 10 µg/l. In questo caso, andrà ricercato anche il cromo esavalente, per il quale è stato ugualmente fissato un valore soglia pari a 10 µg/l.
In altre parole, in prima istanza sarà sufficiente la semplice ricerca del cromo, con l’estensione dell’analisi al cromo esavalente solo alle suddette condizioni.
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