Rifiuti tossici, allarmismi e navi affondate:
E’ di qualche giorno fa la notizia, data dal ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, che il relitto che giace sui fondali antistanti Cetraro in Calabria, non sia quello della Cunsky come da molti temuto, nave affondata con un carico di rifiuti tossici e radioattivi e di cui ancora non si sa nulla, ma di una nave passeggeri affondata nella prima guerra mondiale.
Quindi non ci sarebbe da temere nulla per la salute dei cittadini calabresi né quindi per le condizioni del mare calabrese e quindi non si può parlare di un possibile disastro ambientale. Almeno per il momento.
Non bisogna fare inutili allarmismi, dice il ministro, rimane però il fatto che di navi affondate con rifiuti pericolosi nelle acque calabresi pare che ce ne siano diverse, addirittura una decina secondo indagini in corso, che giacciono sui fondali addirittura da una decina di anni.
Che comunque la Calabria sia un luogo di smaltimento di rifiuti pericolosi rimane accertato da diverse testimonianze e dati di fatto. Tra questi l’emergenza ambientale che riguarda la valle del fiume Oliva dove è stata rilevata la presenza di sostanze tossiche.
Si può parlare di pericolo da scorie chimiche e radioattive?
Da uno screening effettuato su 290 studenti di 2 scuole in Calabria costruite su rifiuti tossici, le analisi hanno rilevato la presenza nel sangue dei bambini e ragazzi di cadmio, nichel, arsenico e piombo in misura di 3-4 volte superiore ai valori normali con il rischio nel tempo di patologie epatiche, renali, gastrointestinali e delle ossa.
L’Arpacal, l’agenzia regionale per l’ambiente calabrese, si è fatta carico di effettuare monitoraggi nelle aree interessate. Bisognerà attendere gli esiti di queste analisi per avere un quadro più completo.
Rifiuti tossici: intervista all’esperto Bruno Panico:
Ci chiediamo, quali precauzioni sarebbero da seguire per evitare il propagarsi di un avvelenamento dell’ambiente da sostanze tossiche o radioattive e, nel caso in cui siano depositate sul fondo del mare dentro relitti, come delimitare il danno causato da tali sostanze e come affrontare una tale emergenza?
Questa ed altre domande le abbiamo rivolte a Bruno Panico, chimico ed ex direttore del dipartimento ‘Tutela ambientale’ della Provincia di Roma.
“Purtroppo l’inadeguatezza impiantistica e di sistema nella gestione di rifiuti , particolarmente vistose per i rifiuti pericolosi, è alla base di quel flusso di rifiuti che per circa trent’anni ha attraversato l’Italia e che ha portato anche alla pratica sciagurata dell’affondamento delle cosiddette ‘navi dei veleni’. In tutti questi anni la pressione, l’erosione, la corrosione possono avere aperto la strada a significative contaminazioni delle acque e quindi, attraverso la catena alimentare, della popolazione.
Che rischi ci sono che sostanze tossiche si diffondano nelle acque e in che quantità possono diventare pericolose? Il pescato di quelle acque potrebbe essere contaminato?
“Il rischio esiste ed è in relazione alla tipologia e alle quantità di sostanze presenti nei rifiuti. Per esempio composti del mercurio, che è un elemento bioaccumulabile anche se presenti nelle acque a bassa concentrazione, possono causare, attraverso la catena alimentare, gravi danni agli organismi viventi. Pertanto è necessario un accurato monitoraggio circa l’eventuale presenza di sostanze tossiche – metalli in particolare – sia nei fondali che nelle acque marine ove è stata rilevata la presenza di un relitto, per decidere quali precauzioni prendere ed eventualmente ordinare il divieto di pesca in quelle acque, delimitandole.
Quali sono le difficoltà di una eventuale bonifica dai rifiuti tossici?
Riguardo alla bonifica del sito marino, oggi abbiamo a disposizione tecniche e tecnologie per effettuarla. Ma, dopo aver rilevato la presenza del relitto e utilizzati i robot sottomarini per vedere di cosa si tratta e fare prelievi di campioni, occorre conoscere dettagliatamente lo stato ecologico dell’ambiente marino: fondali, colonna d’acqua, fauna ittica, ecc.. In presenza di un’indagine che rileva un più o meno grave stato di inquinamento da sostanze tossiche, il recupero del relitto e dei fusti deve avvenire utilizzando tecniche di massima sicurezza per non causare un maggiore danno all’ecosistema. Dopo di che si potrà procedere alla bonifica del sito, per esempio rimuovendo parte dei fondali contaminati e resti del relitto dispersi in un’area più vasta.
Riguardo i rifiuti radioattivi, sarei molto cauto prima di allarmare la popolazione, considerando la loro eventuale presenza in profondità marine di centinaia se non migliaia di metri. Altro discorso sarebbe se scorie radioattive fossero state interrate vicino a centri abitati.