OPTIME chiarisce alle aziende come è opportuno impostare i sistemi di riscaldamento e raffrescamento a servizio degli ambienti di lavoro, per massimizzare il risparmio energetico, ma allo stesso tempo garantire il rispetto dei parametri di legge e il comfort microclimatico dei lavoratori
OPTIME chiarisce alle aziende come è opportuno impostare i sistemi di riscaldamento e raffrescamento a servizio degli ambienti di lavoro, per massimizzare il risparmio energetico, ma allo stesso tempo garantire il rispetto dei parametri di legge e il comfort microclimatico dei lavoratori.
Nei mesi invernali, tra le principali azioni per la moderazione del microclima negli ambienti di lavoro, vi è certamente il ricorso ai sistemi di riscaldamento. Tuttavia, è importante fare un ragionamento attento sull’utilizzo accorto di tali sistemi, per evitare sprechi energetici inutilmente costosi sia per l’ambiente che per i responsabili delle strutture.
La corretta gestione del microclima diventa, quindi, non solo una necessità per il benessere dei presenti, ma un’occasione per utilizzare in maniera più efficiente le risorse energetiche.
Non è, comunque, sufficiente agire sui termostati e abbassare di qualche grado le temperature negli ambienti di lavoro per garantire l’equilibrio tra tutti i fattori in gioco.
Effettuare delle misure oggettive dei parametri microclimatici, elaborando a valle di queste una relazione dettagliata e conforme alle norme tecniche che restituisca la sensazione effettiva dei lavoratori presenti, fornisce al datore di lavoro uno strumento per:
Il microclima si riferisce alla combinazione di fattori fisici ambientali, parametri della vita, attività metabolica, abbigliamento e scambi termici che influenzano l’ambiente lavorativo. Questi fattori possono influire sulla produttività dei lavoratori e sulla loro salute.
Il microclima è influenzato da diversi parametri ambientali come la temperatura, l’umidità relativa e la velocità dell’aria. Questi fattori condizionano lo scambio termico tra individuo e ambiente. È importante comprendere come questi elementi interagiscono per adattare il microclima alle esigenze dell’uomo.
Il benessere termico si riferisce alla sensazione di comfort dell’ambiente su cui si basa il nostro corpo umano. I meccanismi di termoregolazione del corpo umano fanno sì che la temperatura, l’umidità relativa e la velocità dell’aria siano parametri fondamentali per raggiungere la soddisfazione termica. Il freddo e il caldo sono fattori che influenzano il benessere termico
Il Decreto Legislativo 81/08 stabilisce nell’allegato IV i requisiti dei luoghi di lavoro per garantire il benessere microclimatico dei lavoratori che operano al loro interno, sia per evitare problematiche di salute ma anche, più in generale, per assicurare un ambiente confortevole in cui svolgere la propria attività.
Ciò significa che i datori di lavoro devono assicurare condizioni adeguate all’organismo, tenendo in considerazione anche della tipologia di attività svolta, degli sforzi fisici effettuati, e che riflettano le specifiche destinazioni d’uso dei locali. Questo significa, ad esempio, modulare la temperatura tra gli uffici e gli spogliatoi.
Il microclima, allo stesso tempo, è anche un rischio fisico tra quelli che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ma questo si verifica in quegli ambienti lavorativi, definiti “vincolati”, in cui le esigenze operative rendono impossibile il raggiungimento di condizioni confortevoli, dove si dovrà intervenire con specifiche attività di gestione del rischio. Un esempio di ciò potrebbe essere l’attività svolta all’interno di celle frigorifere, in cui i parametri microclimatici sono vincolati dalla funzionalità per cui l’ambiente è progettato, e che quindi deve essere gestita fornendo abbigliamento adeguato e consentendo pause di recupero a temperatura moderata.
Il metodo più comunemente utilizzato, e indicato dalle linee guida INAIL, per la valutazione del comfort microclimatico dei lavoratori è quello descritto nella norma tecnica UNI EN ISO 7730, in cui si utilizza l’indice PMV (Predicted Mean Vote).
Questo indice misura in maniera oggettiva il livello di soddisfazione della maggior parte dei lavoratori che svolgono una specifica attività nell’ambiente analizzato, tenendo conto anche del grado di isolamento degli indumenti indossati.
Utilizzando questo algoritmo, partendo dai dati acquisiti strumentalmente (con l’uso di una centralina microclimatica) e dalle attività osservate, è possibile posizionarsi precisamente all’interno dello spettro delle condizioni di benessere o malessere rispetto al microclima.
In diretta correlazione con in PMV, è possibile determinare un secondo parametro, il PPD (Predicted Precentage of Dissatisfied) che misura la percentuale attesa di persone insoddisfatte per le condizioni microclimatiche presenti.
Poiché il microclima è legato a sensazioni estremamente soggettive, la percentuale minima raggiungibile di insoddisfatti, anche in condizioni ideali, è del 5%. Tra il 5 e il 10%, quindi, riteniamo di trovarci in una condizione di benessere termico, in cui gli insoddisfatti sono una ristretta minoranza e che, sicuramente, non comporta alcun rischio per la salute dei lavoratori.
Al di sopra del 10% è opportuno iniziare a porsi qualche domanda su come intervenire per migliorare le condizioni e limitare la sensazione di discomfort
Ottimizzare il comfort ambientale dovrebbe essere una priorità per ogni azienda per diversi motivi. Ad esempio, migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti aumenta la loro resa e rende l’ambiente di lavoro più piacevole. Inoltre, il rispetto di alcuni parametri di norma sul livello di comfort è importante per garantire efficienza e risparmio sui consumi energetici. Un miglioramento nel comfort ambientale può portare a risultati positivi sia dal punto di vista dei dipendenti che dell’azienda.