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Indicazioni sulla salute - prugne

Indicazioni sulla salute in etichetta: respinte diverse richieste di autorizzazione

By Sicurezza AlimentareOne Comment

Con il Reg. UE 1886/2015 dello scorso 20 ottobre viene rifiutata la richiesta di autorizzazione ad indicare nell’etichetta di prodotti alimentari la dicitura “la lattasi per favorire la digestione” nel caso di presenza di Beta-galattosidasi prodotta da Streptococcus thermophilus e in riferimento allo sviluppo e alla salute dei bambini.

Viene rifiutata, nello stesso regolamento, la dicitura “le prugne secche/le prugne possono contribuire alle normali funzioni intestali”, sempre in riferimento allo sviluppo e alla salute dei bambini.

Queste due richieste di autorizzazioni rifiutate sono frutto della valutazione della correttezza e veridicità dell’indicazione stessa da parte dell’EFSA.

La valutazione viene effettuata in base alla procedura prevista all’art. 18 del Reg. UE 1924/06 e s.m.i. ed è naturalmente parte integrante di tutto l’inter autorizzativo.

Le aziende non sono più libere di riportare qualsiasi indicazione che faccia riferimento ai benefici sulla salute ottenuti dal consumo di un alimento particolare. Sulle etichette alimentari e in ogni fase della presentazione dell’alimento (sito internet, brochure, stand espositivi, ecc), le aziende possono utilizzare soltanto le indicazioni autorizzate dalla Commissione Europea in base alla procedura sopra citata e elencate nell’allegato del Reg.UE 432/2012, rispettando la esatta indicazione autorizzata.

Questo cambio di passo nella normativa, già ritenuto fondamentale e necessario nel 2006 con la pubblicazione del Reg.CE 1924, si basa sulla necessità di garantire che le indicazioni sulla salute risultino veritiere, chiare, affidabili e utili ai consumatori.

Proprio per questo motivo, con la pubblicazione del Reg.UE 432/12, viene meno la libera scelta di parole e diciture del produttore, stabilendo l’esatta dicitura che può essere utilizzata (elencata sempre nell’allegato).

Naturalmente lo scopo e l’obiettivo che si sono posti questi regolamenti rientrano esattamente nel quadro generale prescritto dal Reg.UE 1169/11 sulle informazioni ai consumatori: il consumatore deve avere gli strumenti giusti per poter effettuare una scelta consapevole prima dell’acquisto di un prodotto e non deve essere, in nessun caso, tratto in inganno.

 

bottiglie vino biologico

Il vino biologico non garantisce l’assenza di solfiti aggiunti

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Si vedono sempre più di frequente esposti sugli scaffali di enoteche o nei menù dei ristoranti vini biologici ma questi non garantiscono i consumatori sull’assenza dei famigerati solfiti

Ad assicurare le persone affette da allergie o intolleranze alimentari è solamente la scritta in etichetta “senza solfiti aggiunti” o “non contiene solfiti aggiunti”.

L’indicazione in etichetta di un’informazione del tipo “senza solfiti aggiunti”, infatti sarebbe consentita nel caso in cui il vino contenga solo solfiti formatisi naturalmente in seguito alla fermentazione e in concentrazioni non superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini SO2 totale.

E’ quanto ha precisato il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che ha richiesto un parere alla Commissione Europea sulla base di un quesito posto da Assoenologi sull’indicazione in etichetta in caso di presenza di solfiti (Regolamento Ue 1169/2011 art. 21, par.1, 2° comma e allegato II, punto 12).

I solfiti o anidride solforosa, rientrano tra gli allergeni e quindi tra le sostanze che provocano allergie o intolleranze, e peraltro potrebbero essere ridotti usando tecniche di coltivazione che aumentino la qualità del vino e quindi riducano l’uso di conservanti.

Pertanto qualora i solfiti siano presenti in quantità superiore a 10 mg/litro deve essere presente in etichetta la dicitura “contiene solfiti” secondo quanto previsto dal Regolamento europeo sulle etichette dei prodotti alimentari entrato in vigore a dicembre 2014.

 

clorato

Allerta EFSA: rischio clorato per i bambini con carenza di iodio

By Sicurezza AlimentareNo Comments

Un’esposizione a lungo termine al clorato contenuto negli alimenti e in particolare nell’acqua potabile può essere motivo di preoccupazione per la salute dei bambini, in particolare di quelli con carenza lieve o moderata di iodio.

Ma è improbabile che l’assunzione totale in una sola giornata, anche ai più elevati livelli stimati, possa superare il livello di sicurezza raccomandato per i consumatori di tutte le età.

E’ il parere dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) sui rischi cronici e acuti per la salute pubblica derivanti dall’esposizione alimentare al clorato, compresa l’acqua potabile.

Frutta e verdura e i surgelati in genere gli alimenti più a rischio, proprio perché sono risultati avere  i tenori massimi di clorato, probabilmente dovuto alla quantità contenuta nell’acqua utilizzata durante il processo di lavorazione. E’ l’acqua potabile però la fonte principale di clorato nella dieta, contribuendo probabilmente fino al 60% dell’esposizione cronica al clorato per i neonati.

Il clorato introdotto nella dieta attraverso gli alimenti contaminati, normalmente è rapidamente eliminato con l’urina e non si accumula nell’organismo. Tuttavia, se assunto in elevate concentrazioni, può impedire temporaneamente l’assorbimento dello iodio, con effetti sulla tiroide. Ad altissime concentrazioni (superiori a 50 mg/Kg di peso corporeo assunte per via orale), il clorato può essere addirittura letale con lisi dei globuli rossi e decadimento dei reni.

 

Esposizione cronica

L’EFSA ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 3 microgrammi per kg (µg/kg) di peso corporeo per l’esposizione a lungo termine al clorato contenuto negli alimenti.

Le stime più elevate dell’EFSA in merito all’esposizione cronica dei neonati, dei bambini piccoli e degli altri bambini (fino a 10 anni di età) superano la DGT, determinando un allarme per tutti i bambini che presentino una carenza di iodio lieve o moderata.

Esposizione acuta

Un elevato apporto di clorato durante un solo giorno potrebbe essere tossico per l’uomo, poiché può limitare la capacità del sangue di assorbire l’ossigeno, portando a insufficienza renale. L’EFSA ha pertanto stabilito anche un livello massimo di assunzione giornaliera di clorato pari a 36 µg/kg di peso corporeo (chiamato ‘dose acuta di riferimento‘).

Le stime più elevate di esposizione alimentare acuta per tutte le età si sono rivelate al di sotto di questo livello di assunzione di sicurezza, prendendo in esame anche categorie di consumatori particolarmente a rischio, come gli individui con malattie genetiche che possano influenzare il metabolismo del clorato o dello iodio.

Attualmente il limite per il clorato negli alimenti è di 10 µg/kg (Reg. CE 396/05 Art. 18)

Ciò vale a dire che, per raggiungere la dose giornaliera tollerabile, un adulto di 70 Kg potrebbe tranquillamente ingerire un quantitativo di cibo pari a circa 21 Kg! Il pericolo derivato dagli alimenti dunque, a patto che siano rispettati i limiti di legge, è nullo.

 

Maggiori problemi possono derivare invece dall’acqua potabile 

per la quale non esistono limiti di legge ma solo linee guida pubblicate dall’OMS, che ha proposto limiti pari a 0,7 mg/L (pari a 700 µg/L). In questo caso sarebbe sufficiente una assunzione giornaliera di appena 0,3 litri per raggiungere la dose giornaliera tollerabile.

Questi dati possono sembrare allarmanti, ma le stime dell’EFSA hanno considerato numerosi fattori, che hanno portato comunque ad escludere gli adulti dalle fasce di rischio (uno dei fattori è derivato dalle stesse linee guida dell’OMS, per le quali la concentrazione media di clorato nell’acqua non è mai superiore a 100 µg/L e quindi a livelli assolutamente tollerabili da un adulto). Permane, come detto, un pericolo significativo per i bambini fino a 10 anni di età.

Il parere all’EFSA è stato richiesto dall’Unione Europea proprio perché la Commissione ed alcuni Stati membri stanno riesaminando le misure in atto per limitare l’esposizione dei consumatori al clorato negli alimenti e per tutelare le classi di consumatori più sensibili.

 

etichettatura a semaforo parmigiano

Etichettatura a semaforo: approvato l’emendamento della Commissione Ambiente UE

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L’emendamento proposto dalla commissione Ambiente mette in discussione il sistema di etichettatura alimentare raccomandato dalla Gran Bretagna, portandone all’attenzione la scarsa valenza scientifica e le implicazioni sul mercato in termini di distorsione della concorrenza.

L’etichettatura a semaforo indica le informazioni nutrizionali degli alimenti tramite una semplificazione a tre colori che porta, per assurdo, a declassificare le eccellenze italiane.

Ne sono esempio formaggi prelibati, oli extravergini e salumi nostrani che, per via dell’alto tenore di grassi, risultano penalizzati sul mercato, con un notevole danno d’immagine e reputazione.

Ne traggono invece spesso vantaggio alimenti riformulati e prodotti industriali, poveri di grassi, zuccheri e sale, nonostante la compensazione di additivi e dolcificanti artificiali.

Il sistema di etichettatura a semaforo era già nel mirino della Commissione Ue con la procedura d’infrazione aperta a ottobre per violazione delle norme sulla libera circolazione delle merci.

La non correttezza delle informazioni nutrizionali fornite rischia inoltre di fuorviare la percezione e il giudizio del consumatore, a causa di un sistema che dovrebbe, come intento, aiutarlo in una scelta consapevole.

Un potenziale rischio per salute dei consumatori che sembra fare dell’etichettatura a semaforo un sistema discriminatorio più che di tutela, come denunciato fin da subito da diversi paesi del sud Europa e associazioni di categoria.

Non resta che aspettare il giudizio della Commissione europea.

EXPO 2015: LA COMMISSIONE EUROPEA DA INDICAZIONI PER L’IMPORT DI PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE

By Sicurezza AlimentareNo Comments

In occasione di Expo 2015, che si inaugura a Milano il 1° maggio e durerà fino al 31 ottobre 2015, la Commissione europea ha stabilito alcune deroghe alle condizioni di importazione per permettere l’introduzione di prodotti di origine animale da Paesi che non hanno i requisiti previsti dalle norme europee. Questi prodotti potranno essere consumati ed esposti esclusivamente all’interno di “Expo Milano 2015”.

Garantire la sicurezza alimentare per i consumatori rimane un obiettivo fondamentale.

Il Regolamento n. 329/2015, che prevede deroghe alle disposizioni dell’Unione in materia di sanità pubblica e animale per quanto riguarda l’introduzione nell’Unione europea di alimenti di origine animale o di alimenti contenenti tali prodotti destinati a EXPO Milano 2015, non si applica all’import di molluschi bivalvi e prodotti contenenti tali molluschi.

In base a tale regolamento, gli Stati membri possono autorizzare l’introduzione di prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi le cui importazioni nell’Unione sono vietate a norma della legislazione europea, esclusivamente ai fini del loro utilizzo sul sito espositivo di EXPO Milano 2015 e a condizione che tali prodotti:

a) provengano da un Paese terzo che partecipa ufficialmente a EXPO Milano 2015 e siano destinati allo stand espositivo di tale Paese terzo sul sito espositivo di EXPO Milano 2015;

b) siano imballati in contenitori o imballaggi sigillati che non consentono alcuna fuoriuscita del contenuto e siano contrassegnati con la dicitura «for exclusive destination EXPO Milano 2015» in rosso e bianco e a caratteri leggibili proporzionati alle dimensione dei medesimi contenitori o imballaggi;

c) nel caso si tratti di carni, preparazioni di carni, prodotti a base di carni, latte e prodotti a base di latte, prodotti composti, uova e ovoprodotti, prodotti dell’acquacoltura, che soddisfino alcune specifiche condizioni;

d) nel caso non si tratti dei prodotti di cui al punto c), che soddisfino tutte le seguenti condizioni:

i) siano accompagnati dal certificato veterinario, previsto dal regolamento in esame;
ii) soddisfino alcune delle condizioni previste per i prodotti di cui al punto c).

I visitatori devono essere informati dei possibili rischi derivanti dal consumo di prodotti non conformi i quali possono dunque essere esposti o degustati in loco e avranno indicato in maniera visibile la seguente dicitura:

«Questo alimento contiene prodotti di origine animale provenienti da paesi extra-UE e rispetta unicamente le norme di sanità pubblica di tali Paesi. Il consumo e la distribuzione di tali prodotti sono vietati al di fuori del sito espositivo di EXPO Milano 2015».

I prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi che non rispettano le norme di sanità pubblica dell’Ue, come ad esempio le norme che riguardano l’indicazione del paese di Origine delle carni suine, ovine, caprine e di volatili, per essere introdotti nell’Unione in occasione di Expo 2015 basta che siano conformi alle prescrizioni in materia di sanità pubblica del paese terzo di origine ed essere idonei al consumo umano in tale paese.

Il regolamento n. 329/2015 si applica dal 1° Marzo 2015 al 31 Ottobre 2015, tranne che per alcune disposizioni che continueranno ad essere in vigore fino a quando tutti i prodotti siano stati smaltiti entro il 31 dicembre 2015.

L’UE BOCCIA L’ETICHETTA A ‘SEMAFORO’ PER I PRODOTTI ALIMENTARI.

By Sicurezza Alimentare, VarieOne Comment

L’Unione europea ha aperto una procedura di infrazione contro il sistema di etichettatura a ‘semaforo’ in uso in Gran Bretagna per gli alimenti, ritenuto discriminatorio e lesivo della concorrenza sul mercato.

Si tratta di un sistema introdotto esclusivamente nel Regno Unito lo scorso anno, deciso dalle autorità inglesi per contrastare l’obesità (che in Uk colpisce il 60% degli adulti e il 33% dei bambini).

La quasi totalità dei cibi (il sistema è volontario ma avendo aderito il 97% della grande distribuzione inglese per i produttori è divenuto praticamente obbligatorio) hanno sulle confezioni bollini rossi verdi o gialli, a seconda del contenuto di zuccheri, sale, grassi e calorie per 100 grammi di prodotto. Il rosso indica un contenuto alto di grassi, zuccheri o sale, il giallo indica una quantità media e il verde un contenuto basso.

Il codice però non tiene conto delle quantità effettivamente consumate, ma solo una generica presenza di un certo tipo di sostanze. I bollini dunque non informano correttamente il consumatore sul reale valore nutrizionale di un cibo ma ne condizionano solo l’acquisto. Il semaforo rosso penalizza, infatti, la presenza di materia grassa superiore a 17,5 grammi, quello giallo tra 17,5 grammi e 3 grammi e il verde fino a 3 grammi.

Anche i nostri prodotti Dop e Igp sono stati bollati con codice rosso, definiti quindi cibi “pericolosi”. La lista è molto lunga, si va dall’olio d’oliva al Parmigiano Reggiano e Grana Padano, fino ai prodotti tipici come il prosciutto di Parma o San Daniele e la mozzarella. La situazione si configura come paradossale, se si considera che bevande gassate senza zuccheri come Coca Cola light o diet Coke – che contengono edulcoranti e coloranti – hanno ottenuto il semaforo verde dedicato ai prodotti “salutari”.

Di recente anche la Francia ha valutato l’introduzione dell’etichetta a semaforo per motivi di salute.

Dopo mesi di battaglie di molti Paesi europei, Italia in testa, per invitare la Commissione Ue a occuparsi della vicenda, e garantire la trasparenza delle informazioni in etichetta tutelando consumatori e ancora di più produttori dell’agroalimentare di qualità, ora Bruxelles ha inviato al Governo britannico una lettera di messa in mora.

Resta da aspettare, adesso, l’esito dell’indagine della Commissione, anche alla luce della riforma generale dell’etichettatura degli alimenti che entrerà in vigore in tutti gli Stati membri il 14 dicembre di quest’anno.

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