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Ci vuole un fisico bestiale

By Sicurezza AlimentareNo Comments

Il pericolo fisico riguarda tutto quello che, “fisicamente”, può andare in qualche modo ad influire negativamente sulla salubrità di un alimento. In questo ambito ricade una ampia varietà di materiali quali ad esempio pezzi di macchinari, parti di imballi, oggetti personali degli operatori, materiali di scarto… e l’elenco potrebbe continuare.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una clamorosa operazione di ritiro dal mercato di barrette MARS, avvenuta a seguito del ritrovamento da parte di un consumatore di un pezzo di plastica rossa all’interno di una barretta. L’operazione ha riguardato, solo in Italia, 46 lotti di prodotti che sono stati prontamente ritirati dai supermercati. MARS sul proprio sito, nonostante cerchi di minimizzare l’accaduto, specifica però che le barrette ritirate sono state prodotte nel suo stabilimento Olandese, in un periodo tra il 5/12/15 e il 18/01/16, circa un mese e mezzo! un periodo di tempo decisamente ampio.

La stessa EFSA sul proprio portale RASFF ha classificato l’allerta come “seria” e ha elencato i 65 Paesi coinvolti, in Europa e non, dove il prodotto è stato distribuito e dove andrà conseguentemente ritirato.

Leggendo i numeri in nostro possesso, in particolare quelli riguardanti la durata della produzione, il numero di lotti ritirati e il numero di Paesi coinvolti, è impossibile non pensare ad una gestione delle procedure di sicurezza non efficace e/o efficiente.

Vale la pena ricordare in questa sede che l’apposizione del numero di lotto su una partita di prodotti non è solo un mezzo per poter rintracciare il prodotto stesso, ma è anche una identificazione di alimenti prodotti praticamente nelle stesse condizioni (stessa linea produttiva, con medesime materie prime ecc.).

Un’azienda alimentare, ancora di più se di un certo livello, deve effettuare controlli mirati a salvaguardare la salubrità dei propri prodotti, accertandosi che ogni singola produzione (lotto) avvenga in condizioni di sicurezza. Questo include naturalmente l’accertarsi che nessun elemento estraneo possa entrare a far parte del processo produttivo. È quindi ragionevole supporre che questo controllo sia venuto a mancare se si è deciso di richiamare tutta la produzione di circa 45 giorni, come a dire che in questo lasso di tempo non si è in grado di determinare con esattezza “quando” sia nato il problema.

Le conseguenze di questa gestione sono naturalmente sia economiche (mancati guadagni dovuti al ritiro dei prodotti) sia di immagine (la notizia che viene divulgata in breve tempo).

Cosa possono fare dunque le aziende per gestire al meglio questo tipo di pericolo?

In primis, è necessario partire da una corretta analisi dei pericoli in fase progettuale, che dovrebbe prevedere quindi una gestione quotidiana del pericolo fisico, proprio per arrestare in tempo una produzione nella quale sia entrato un elemento estraneo. Diversi sono poi i metodi operativi che possono essere messi in atto per tenere sotto controllo il pericolo fisico, partendo da un semplice controllo visivo dei locali e delle attrezzature (e conseguente manutenzione), passando per una corretta formazione del personale e finendo con la predisposizione di macchinari adatti allo scopo (es. metal detector alla fine della linea di produzione per i residui di metalli). Molte aziende possono adottare anche misure relative alla mappatura e controllo delle parti in vetro e plastica dura, oltre che controlli preoperativi (prima di ogni produzione) delle condizioni delle linee produttive, per verificarne la conformità strutturale.

Con questo non vogliamo dire che il pericolo fisico debba essere ridotto a zero, cosa virtualmente impossibile, ma che debba essere gestito per minimizzarne l’impatto.

Sempre di questi giorni è la notizia di un ritiro dal mercato di confezioni di wurstel a marchio Carrefour, prodotte dal salumificio Beretta. In questo caso trattasi della sospetta presenza di residui di alluminio all’interno della confezione. Il lotto interessato però in questo caso è uno solo, quindi la problematica è stata affrontata con le dovute tempistiche.

L’imprevisto è senz’altro qualcosa che è sempre dietro l’angolo, soprattutto per quanto riguarda la presenza di corpi estranei, ma se ben gestito può risultare in un danno relativamente ininfluente, tanto per l’azienda quanto per il consumatore; anzi, l’azienda può dare l’impressione di avere sempre sotto controllo le proprie produzioni e di avere a cuore la salute dei propri clienti, segnalando tempestivamente l’accaduto.

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A lezione dai fast food: il caso Chipotle

By Sicurezza AlimentareNo Comments

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“Diventeremo il posto più sicuro in cui mangiare”.

Questa la promessa del fondatore della catena di fast food americana Chipotle.

Catena che è diventata tristemente famosa a seguito di alcuni spiacevoli episodi di tossinfezione alimentare che hanno colpito alcuni dei clienti del fast food. Circa 52 persone, dopo aver mangiato in differenti ristoranti della catena, si sono ammalate a causa dello stesso ceppo di Escherichia Coli e 140 persone sono state colpite da norovirus in uno stesso fast food di Boston.

Il fatto che qualcuno si ammali dopo aver consumato un prodotto alimentare è indubbiamente inaccettabile. Ma gli episodi di tossinfezione, oltre ad aver colpito la salute dei consumatori, hanno messo a rischio anche il futuro dell’azienda, portando ad una significativa riduzione delle vendite rispetto all’anno precedente.

Tutto ciò ha posto la catena americana di fronte alla necessità di migliorare i propri standard di sicurezza alimentare in modo da ridurre il più possibile il rischio di contaminazione dei prodotti somministrati ed evitare il ripetersi di simili episodi in futuro per tutelare il più possibile la salute dei propri clienti.

Come rispondere alle emergenze, il fast food Chipotle sale in cattedra

La scelta dell’azienda è stata, quindi, quella di:

  • adottare nuove procedure di sanificazione,
  • instaurare protocolli più severi per i fornitori delle materie prime,
  • garantire giorni aggiuntivi di malattia pagati per i dipendenti malati,
  • implementare i programmi di formazione per il personale.

L’azienda ha quindi temporaneamente chiuso tutti i ristoranti degli Stati Uniti per permettere ai circa 50.000 dipendenti di prendere parte ad incontri sulla sicurezza alimentare, che si sono tenuti all’interno di teatri e di alberghi, durante i quali è  stata illustrata la nuova politica aziendale di garanzia della salute dei consumatori e sono stati proiettati video che fornivano istruzioni riguardanti l’igiene degli alimenti, le procedure di sanificazione, i protocolli di preparazione degli alimenti.

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Il caso della catena americana Chipotle  è un importante esempio di come un episodio spiacevole possa essere trasformato in un momento di crescita e cambiamento per l’azienda che ha deciso di investire maggiori risorse nella protezione della salute dei consumatori. Sicuramente non è possibile eliminare completamente il rischio di contaminazione dei cibi all’interno di un’azienda alimentare, ma è possibile ridurlo in maniera rilevante.

In questo senso il segnale della catena di fast food Chipotle è chiaro e significativo: la formazione del personale che lavora a contatto con gli alimenti è uno strumento fondamentale per garantire ai consumatori un cibo che sia sicuro oltre che buono.

L’importanza della formazione nella gestione delle emergenze

È ancora argomento dibattuto, l’allerta lanciata pochi giorni addietro dal Ministero della Salute riguardante salumi infettati da Listeria monocytogenes, che ha portato ad un massiccio ritiro di prodotti dal mercato e ha reso famosa, suo malgrado, l’azienda coinvolta. Purtroppo episodi simili sono successi e succederanno; tuttavia è possibile gestirli sia attraverso procedure specifiche (Vedi nostro articolo sulla gestione del pericolo da Listeria), sia attraverso la formazione del proprio personale.

La sicurezza alimentare, e quindi la tutela della salute pubblica dalle malattie connesse agli alimenti, passano necessariamente attraverso un’adeguata formazione del personale circa il rispetto delle norme igieniche e delle buone pratiche di lavorazione. Solo così è possibile fornire agli addetti alla manipolazione degli alimenti gli strumenti necessari per mettere in atto in maniera costruttiva ed efficace le procedure di autocontrollo aziendali e fare della salubrità degli alimenti l’obiettivo condiviso da tutta l’azienda.

Il sacrificio apparente al quale si è sottoposta la Chipotle, dovuto alla chiusura delle attività per una giornata e alle risorse spese per la formazione è poca cosa se paragonato sia al ritorno di immagine percepito dai consumatori, sia alla utilità di aver fornito ai propri operatori tutti gli strumenti validi a prevenire ulteriori episodi come quello citato. Iniziative come questa sono senz’altro apprezzabili e crediamo che dovrebbero essere prese d’esempio da qualsiasi azienda, sia essa una catena di ristorazione su scala nazionale o una semplice attività locale a conduzione familiare.

La formazione è la chiave per il successo, oggi più che mai.

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