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Pane nero, fa bene… anzi no!

By Sicurezza AlimentareNo Comments

I panificatori non rischiano e tolgono il pane nero dalla produzione. Intervista a Dino Lenci, presidente di “Forni Riuniti Valpan SpA”

Ora è bandito da tutti, ma fino a poco tempo fa il pane nero al carbone vegetale era elogiato per  le qualità di integratore alimentare e per la sua azione antifermentativa e disintossicante. Non solo, il pane nero, o pane al carbone, era in voga  per la possibilità di essere usato come colorante alimentare o inserito negli impasti, “in giuste proporzioni frutto di ricerca e sperimentazione che conferisce maggiore digeribilità e leggerezza al prodotto”, come scriveva a luglio scorso la Cna.

Magari è vero che non fa male, come dicono in molti, e che basta non chiamarlo “pane” per poterlo continuare a vendere, come dice la legge, intanto però nel dubbio è meglio astenersi.

Così la pensa Dino Lenci, presidente di “Forni Riuniti Valpan SpA”,  importante azienda di Paliano (in provincia di Frosinone) che fornisce pane per la grande distribuzione, ospedali e scuole nel Lazio e Abruzzo, nonchè prodotti da forno in tutta Italia, commentando il caso del pane nero.

I dodici panificatori denunciati dal Corpo Forestale della Puglia dovranno rispondere di frode nell’esercizio del commercio e produzione di pane focaccia e bruschette al carbone vegetale trattati in modo da variare la composizione naturale con aggiunta di additivi chimici non autorizzati dalla legge.

“Abbiamo sospeso la produzione di pane nero perché quando succedono cose del genere la clientela si irrigidisce e allo stesso momento rischiare non ha senso – afferma laconico Lenci – In Italia dove  la mano sinistra non sa cosa fa la mano destra, spesso Corpo forestale , Guardia di finanza o Asl non concordano nell’interpretazione delle norme però comunque scatta la denuncia con il conseguente procedimento in Tribunale”.

 La normativa europea in questo caso è chiara: l’utilizzo dell’additivo usato per il pane nero, E153, è vietato per il pane e prodotti simili così come quello di qualsiasi colorante.

Ma era così richiesto il pane al carbone elogiato per le sue presunte qualità benefiche?

“In realtà si tratta di una produzione di nicchia, pari a circa un quintale al giorno ossia neanche lo 0,5% della nostra produzione.  Ora però Carrefour e Auchan hanno disdetto a tutti gli ordini di questo prodotto. E’ un pane che però aveva un costo molto elevato perché gli hanno attribuito benefici sulla salute, come pare che sgonfi la pancia , tutte cose che non possono essere reclamizzate”.

Ed infatti la legge dice non solo che il pane nero non è da chiamarsi “pane”, ma anche che non è ammissibile aggiungere nella etichettatura, presentazione o pubblicità del prodotto, alcuna informazione che faccia riferimento agli effetti benefici del carbone vegetale per l’organismo umano.

E’ un articolo che costa tanto a che interessa poco ai panificatori perché ha parecchia resa. Inizialmente la gente era incuriosita ma ora a poco a poco l’interesse per il pane nero è sceso. Il problema grosso – sottolinea Lenci è che spesso capita in azienda che la Asl dica delle cose o interpreti le norme in un certo modo che non è detto sia quello corretto ma nel dubbio seguiamo le sue indicazioni”.

 Quale è il pane più richiesto?

pane-nero-panificio-panettiere“Rosette, ciabattine e pane  casareccio. L’85% della nostra produzione è costituito dai prodotti cosiddetti base ossia fatti con acqua, sale e farina, tutti gli altri pani conditi costituiscono un mercato di nicchia” spiega il responsabile di Forni  Riuniti Valpan che detiene diversi marchi di produzione di pane  tra cui non manca il biologico che distribuisce nelle scuole e che ha appena investito oltre un milione di euro per un nuovo stabilimento interamente dedicato a prodotti senza glutine.

 I consumatori dunque preferiscono il pane tradizionale acqua,lievito  e farina. Ma da dove viene la farina utilizzata per il pane che troviamo in forni e supermercati?

Il 99% delle farine sono prodotte con grano non italiano perché per fare un buon pane servono grani particolari. In Italia non abbiamo grano sufficiente, copriamo il 20-30% del fabbisogno interno. Si tratta prevalentemente di grano francese e manitoba canadese e americana che vengono macinati e miscelati in Italia per produrre le farine migliori. I più grossi produttori sono Francia, Canada, Stati Uniti e da un po’ di tempo anche la Germania. Se importiamo il grano dall’estero la produzione di farina rimane italiana”.

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Luce sul pane nero

By Sicurezza AlimentareNo Comments

Pane nero, non è pane, ma si può fare!

In questi ultimi mesi si è assistito alla crescente diffusione del “pane nero”, un prodotto realizzato con l’aggiunta di carbone vegetale (o carbone attivo).
Il suo successo è dovuto principalmente alla “presunta” proprietà di contrastare gonfiore addominale e flatulenza vantata dal prodotto.

pane-nero-al-carboneIl Ministero della salute ha però dichiarato che il carbone attivo agisce sul gonfiore addominale solo se assunto nel rispetto di quantità e tempi determinati (1g almeno 30 minuti prima del pasto e 1g subito dopo). In caso contrario, è da considerarsi un semplice colorante (classificato come colorante E153 dal Reg. UE 1129/2011).

Ma anche l’utilizzo del carbone vegetale come colorante all’interno di prodotti da forno come il pane ha sollevato numerose perplessità circa la correttezza della pratica.

L’intervento del Ministero della Salute:

In merito al pane nero, con la nota 47415 del 22 Dicembre 2015, il Ministero della Salute ha chiarito che:

1. è ammissibile la produzione di un “prodotto della panetteria fine” denominato come tale, che aggiunga agli ingredienti base (acqua, lievito e farina), tra gli altri, anche il carbone vegetale come additivo colorante e nelle quantità ammesse dalla regolamentazione europea in materia (“quantum satis” cioè non è specificata una quantità numerica massima e le sostanze sono utilizzate conformemente alle buone pratiche di fabbricazione, in quantità non superiori a quella necessaria per ottenere l’effetto desiderato e a condizione che i consumatori non siano indotti in errore);

2. non è ammissibile denominare come “pane” questo prodotto, né fare riferimento al “pane” nella etichettatura, presentazione e pubblicità dello stesso, sia nel caso di prodotti preconfezionati che sfusi;

3. non è ammissibile aggiungere nella etichettatura, presentazione o pubblicità del prodotto stesso alcuna informazione che faccia riferimento agli effetti benefici del carbone vegetale per l’organismo umano.

Pane nero, si può fare se non è “pane”

È pertanto possibile produrre e commercializzare un alimento in cui agli ingredienti base (acqua, lievito e farina) venga aggiunto il carbone vegetale purché tale prodotto non venga assolutamente denominato “pane” ma “prodotto della panetteria fine con aggiunta di carbone vegetale” e purché al prodotto non venga attribuita alcuna proprietà benefica.

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