“Use by” e “Best before”
L’utilizzo dell’una o dell’altra dicitura dovrebbe essere deciso dl produttore in base alle caratteristiche del prodotto e ai suoi utilizzi previsti; inoltre tale decisione dovrebbe essere supportata da evidenze dimostrabili.
La Guida fornisce un utile albero delle decisioni, per facilitare le aziende nella scelta (vedi alla fine del paragrafo).
Vi si trovano una serie di indicazioni utili, che spesso esulano dagli attuali obblighi normativi. Come è bene noto, ad esempio, il Reg. U.E. 1169/11 non prevede l’indicazione della scadenza per frutta e ortaggi che non siano stati tagliati.
Tuttavia il suggerimento è quello di inserirla lo stesso (in forma di “best before”) per facilitare la gestione da parte dei consumatori.
I requisiti per l’utilizzo della data di scadenza (“Use by” – “Da consumarsi entro il”) sono i medesimi che è possibile trovare all’interno del Reg. U.E. 1169/11 e cioè “nel caso di alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico che potrebbero pertanto costituire, dopo un breve periodo di tempo, un pericolo immediato per la salute umana, il termine minimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza”
Da notare che entrambe le condizioni debbano essere soddisfatte per far si che l’applicazione della data di scadenza debba essere necessariamente apposta. Si ribadisce un concetto molto importante, cioè che i termini che definiscono la scadenza di un prodotto debbano essere stabiliti su base scientifica (prove di shelf life).
Ancora, sempre per il concetto che il “tempo” costituisce un parametro fondamentale per inquadrare il prodotto, va da se che per i prodotti surgelati non sia consentito l’utilizzo del termine minimo di conservazione.
Allo stesso modo, i requisiti per l’utilizzo del termine minimo di conservazione (“Best before” – “Da consumarsi preferibilmente entro il”) sono quelli ben conosciuti da tutti gli operatori.
La Guida, oltre a ribadire che la data di preferibile consumo si riferisce più al mantenimento di qualità organolettiche dell’alimento che a un reale pericolo per il consumatore, fa però un passo in avanti.
Laddove ci sia infatti un dubbio sul tipo di dicitura da utilizzare, la Guida fornisce alle aziende un pratico albero delle decisioni, attraverso il quale, rispondendo a poche semplici domande, è possibile determinare quale dicitura sia più adatta al proprio prodotto.
Il dubbio potrebbe infatti presentarsi più spesso di quanto non si possa pensare.
Difatti lo stesso Regolamento U.E. 1169/11 all’Art. 24 riporta che “nel caso di alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico che potrebbero pertanto costituire , dopo un breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana, il termine minimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza.”
Nella citazione di cui sopra infatti, ci sono alcuni termini (molto deperibili, potrebbero, breve periodo) che lasciano il campo all’interpretazione e che quindi possono mettere in difficoltà.
Nell’intento di andare oltre le “classiche” disposizioni normative, vengono poi presentate le cosiddette “best practices”, cioè una serie di raccomandazioni che si prefiggono lo scopo di indirizzare le aziende verso le soluzioni ritenute migliori, non solo dal punto di vista del rispetto della norma, ma anche dal punto di vista dell’informazione al consumatore.
Nel caso della durabilità dell’alimento, la “best practice” consigliata è quella di apporre il termine minimo di conservazione anche su una categoria di alimenti che, da Regolamento, ne sarebbe esentata, cioè frutta e verdura tagliate e confezionate.
Lo scopo di questa raccomandazione, nell’ottica di favorire il consumatore, è di aiutarlo a gestire il cibo, mantenendone allo stesso tempo freschezza e qualità.
La Guida specifica che non sarebbe possibile stilare una lista “definitiva” di tutti gli alimenti che richiedano una data di scadenza, fornendo tuttavia alcuni esempi di riferimento (carni fresche, pesce fresco, paste fresche, pasti pronti, ecc.).
Il successivo argomento che viene affrontato è quello relativo al superamento delle date riportate in etichetta.
Se, da un lato, si ribadisce (ovviamente) come sia vietata la vendita di alimenti la cui data di scadenza sia superata, altrettanto fermamente viene evidenziato che il superamento del termine minimo di conservazione non costituisca un fatto così grave.
Una volta superata la data di scadenza, un alimento è considerato a rischio secondo quanto definito dal Reg. C.E. 178/02 e la sua messa in vendita può causare un danno al consumatore. Inoltre tale comportamento è anche sanzionato ai sensi della normativa di ogni singolo Stato.
Una volta superata la data di preferibile consumo, un alimento non dà la garanzia di mantenere le proprie caratteristiche organolettiche ma non risulta, in genere, pericoloso per il consumo.
Difatti nel Regolamento U.E. 1169/11 non si fa alcun riferimento al divieto di messa in commercio di siffatta tipologia di alimenti, né nel quadro sanzionatorio questo aspetto viene toccato.
Tuttavia la Guida si sofferma su una considerazione sempre alida e cioè che è considerata un’infrazione della legge vendere alimenti che non corrispondano alla qualità che il consumatore si aspetta.
In altre parole, se si decide di porre in vendita alimenti la cui data di preferibile consumo sia superata, meglio accertarsi del mantenimento delle sue caratteristiche organolettiche. Se il semplice superamento della data non può costituire oggetto di sanzione, può esserlo invece la presentazione al consumatore di un prodotto non più rispondente alle sue aspettative (es. biscotti non più fragranti)