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Per le aziende che esportano o che vogliono esportare gli alimenti nel territorio statunitense, il FSMA e il Food Safety Plan (obbligatori ormai tra pochissimi mesi) prevedono di effettuare un’attenta valutazione dei fornitori.

La valutazione deve essere conseguente all’analisi dei rischi effettuata sulle diverse materie prime e semilavorati.

Studiando materia prima per materia prima, l’azienda deve valutare a quali pericoli (microbiologici, chimici, fisici, allergeni) potrebbe essere soggetta la stessa.

Questo deve essere effettuato attraverso un’attenta e approfondita hazard analysis.

In particolare, il Food Safety Plan deve porre particolare attenzione sugli alimenti che potrebbero essere terreno favorevole per lo sviluppo di patogeni vegetativi o sporigeni (come Salmonella, Listeria monocytogenes, Clostridium botulinum).

L’analisi dei pericoli quindi determina e stabilisce quando un pericolo richiede l’applicazione di una supply-chain preventive control.

Questo è un aspetto relativamente innovativo – tranne per le aziende già certificate secondo gli standard volontari BRC-IFS – portato dall’FSMA e che potrebbe essere, almeno per alcune aziende italiane, di non semplice applicazione.

 

Innanzitutto: cosa significa SUPPLY-CHAIN PREVENTIVE CONTROLS?

Non è altro che un controllo preventivo da applicare quando si individua un pericolo su una  materia prima che deve essere quindi controllata prima della sua ricezione.

Non tutte le materie prime devono essere soggette a un supply-chain preventive controls: per esempio un ingrediente come l’aceto non viene associato a nessun problema relativo alla sicurezza alimentare, quindi la sua produzione normalmente può prevedere l’applicazione delle comuni GMP e il preventive controls relativo al fornitore non è necessario.

La supply-chain preventive controls può non essere necessaria anche nei casi in cui esiste la possibilità di un pericolo specifico su un dato alimento, ma è possibile comunque ridurlo o eliminarlo all’interno dello stabilimento con uno o più processi produttivi caratteristici del prodotto finito.

In altri casi invece, laddove il pericolo non può essere ridotto o eliminato in step successivi e laddove i controllo del pericolo stesso può essere effettuato solo in fasi precedenti alla ricezione,  il supply-chain preventive controls diventa necessario.

I requisiti generali per l’applicazione di un SUPPLY-CHAIN PROGRAM sono descritti di seguito.

fspca preventive controls for human food-first-edition-2016

 

E’ evidente come tutti i fornitori di materie prime o ingredienti che applicano un controllo per un pericolo debbano essere approvati.

L’approvazione deve prevedere una verifica del fatto che il fornitore abbia implementato dei controlli appropriati,  che questi siano applicati e documentati.

Le attività da intraprendere per l’approvazione del fornitore variano a seconda della materia prima, del pericolo, e del food safety system implementato.

Le attività di verifica che devono essere previste devono prevedere una o più delle seguenti attività:

  • Un audit annuale presso il fornitore per la verifica delle procedure messe in atto per  la sicurezza alimentare. L’audit deve essere condotto da un auditor qualificato. Ciò è necessario per i pericoli che possono causare gravi conseguenze per la salute del consumatore, a meno che non sia implementata una istruzione interna che descrive il motivo per cui gli audit vengono effettuati con  frequenza minore
  • Campionare e analizzare il prodotto fornito dal fornitore, in merito al pericolo preso in considerazione
  • Controllo delle registrazioni sulla sicurezza alimentare effettuate dal fornitore, soprattutto per controlli di processo come tempo e temperatura

 

Eccezioni all’audit annuale sono ammesse solo se si dimostra e si da evidenza del fatto che altre attività di verifica o audit meno frequenti provvedono comunque ad una adeguata sicurezza.

L’audit deve essere effettuato da un auditor qualificato che abbia esperienza tecnica in materia di sicurezza alimentare e sia in grado di comprendere e valutare un’analisi dei pericoli.

L’audit è preferibile che sia condotto da un ente terzo esterno all’azienda, indipendente, in modo che l’esito sia il più oggettivo possibile.

L’audit deve prevedere sia la verifica delle registrazioni e dei documenti sia la verifica in campo dell’applicazione delle procedure e dei preventive controls (allergeni, sanificazioni, controlli di processo, supply-chain, GMP, recall plan): solo in questo modo si può avere una fotografia completa dell’azienda fornitrice e quindi del prodotto o materia prima che si acquista.

In questo modo inoltre si può fare una valutazione del prodotto e quindi confermarne o meno l’utilizzo e l’acquisto.

Naturalmente tutti i dati raccolti durante l’audit devono essere registrati.

Il Supply-chain program deve quindi prevedere l’implementazione di documenti appositi, che prevedano l’indicazione almeno dei seguenti dati:

  • Ragione sociale e sito
  • Procedure secondo cui è stato svolto l’audit
  • Data dell’audit
  • Conclusioni dell’audit
  • Azioni correttive da intraprendere in risposta a significative carenze identificate
  • Documentazione attestante che l’audit è stato eseguito da un auditor qualificato.

Le aziende italiane, soprattutto quelle non certificate secondo lo standard volontario BRC e/o IFS , devono iniziare quindi a cimentarsi con questa valutazione dei fornitori, evitando quindi di richiedere semplicemente un questionario informativo, come spesso è prassi comune!

 

Entro il 17 Settembre 2017 è necessario redigere il Food Safety Plan per continuare le collaborazioni commerciali con gli USA.

E a redigerlo può essere solo una persona con il titolo di PCQI!

 

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