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Tutte le norme per l’home restaurant

By 8 Settembre 2023Sicurezza Alimentare7 min read
tavoli e sedie disposti in una caffetteria vuota freshblue

Quella degli home restaurant è una lacuna normativa che attende di essere colmata da molto tempo, vista l’espansione sempre più crescente di quella che comunemente è chiamata “ristorazione domestica”. Negli svariati tentativi di normare questo settore che si sono susseguiti negli anni, l’iter legislativo ha spesso incontrato diversi ostacoli lungo il proprio cammino. In questo articolo cerchiamo di ricostruire tutte le norme che regolamentano l’home restaurant.

Cosa si intende per home restaurant?

Per home restaurant si intende quell’attività di ristorazione finalizzata a ospitare eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche non all’interno di un locale, bensì in un appartamento privato in cui abbiano la residenza o il domicilio i padroni di casa, su specifica richiesta o prenotazione del cliente. 

La preparazione dei pasti avviene all’interno dell’appartamento stesso che i proprietari trasformano occasionalmente in “ristorante” per consentire ad amici, conoscenti ma anche perfetti sconosciuti (come potrebbero essere dei turisti) di sperimentare la cucina autentica del luogo.  

In verità, l’home restaurant è un’attività atipica, non può essere equiparabile del tutto all’attività di ristorazione; tuttavia, con essa condivide la preparazione e la somministrazione di pasti a clienti paganti ed è per questo che risulta fondamentale normare il settore. 

I principali punti presi in considerazione dalle proposte di legge

I tentativi di normare l’home restaurant nel corso degli anni sono stati davvero molteplici, ma ad oggi non esiste ancora una legge ad hoc. Nel 2016 fu presentata alla camera la proposta di legge C. 3258 presentata con C. 3337, C. 3725, C. 3807, approvata dalla Camera il 17 gennaio 2017 in testo unificato che doveva stabilire la “Disciplina dell’attività di home restaurant”. 

Il testo unico inquadrava innanzitutto a livello giuridico tutti i soggetti che sono parte attiva dell’home restaurant, fra cui: 

  • Il «gestore»: il soggetto che gestisce la piattaforma digitale finalizzata all’organizzazione di eventi enogastronomici; 
  • L’«utente operatore cuoco»: il soggetto che attraverso la piattaforma digitale svolge l’attività di home restaurant; 
  • L’«utente fruitore»: il soggetto che attraverso la piattaforma digitale utilizza il servizio di home restaurant condiviso dall’utente operatore cuoco. 

È interessante notare come la Disciplina non volesse normare solo l’attività in sé, ma anche le figure a essa relative, come ad esempio il gestore della piattaforma informatica incaricato di organizzare gli incontri enogastronomici.

norme home restaurant

Requisiti necessari

A differenza di un ristorante vero e proprio, in attesa di una normativa definitiva, al momento i requisiti necessari per aprire un home restaurant sono davvero minimi. Ad esempio, non serve aprire una partita iva, ma è necessario possedere requisiti professionali, dimostrando di aver lavorato per almeno due anni negli ultimi cinque nella ristorazione, di avere un diploma di scuola superiore o di istituto professionale inerente al settore alimentare, oppure di aver frequentato un corso SAB per la somministrazione di alimenti e bevande. 

A questo si aggiunga anche che, come qualsiasi altra attività commerciale, l’home restaurant deve essere praticato secondo i principi di onorabilità. Vale a dire che l’“utente operatore cuoco” deve possedere i requisiti morali previsti per qualsiasi altro soggetto che operi nella ristorazione convenzionale (ovvero, non deve avere alcuna condanna per reati di nessun tipo). 

I limiti imposti dalla normativa

Essendo una iniziativa imprenditoriale da parte di privati, nell’ambizione di diventare una vera impresa, l’home restaurant deve comunque rispettare dei limiti che lo distinguano dalla ristorazione tradizionale, verso il quale si vuole tutelare la concorrenza. In particolare: 

  1. Non può essere la fonte primaria di guadagno, dal momento che non può essere svolto in maniera continuativa ma saltuariamente; 
  2. Non è possibile ospitare all’interno dell’immobile di proprietà altre attività ricettive, come ad esempio un B&B; 
  3. Qualora nel regolamento di condominio sia espressamente indicato il divieto di attività commerciali (come potrebbe essere anche per i B&B), si fa obbligo di rispettare suddetto regolamento. 

A questi primi requisiti se ne aggiungono altri fondamentali, che riguardano il limite dei coperti, il limite del fatturato, le norme igienico-sanitarie e l’assicurazione sui rischi. 

Max 500 coperti annui

L’attività di home restaurant non può rappresentare la principale fonte di guadagno. È da considerarsi più che altro una piccola attività, un plus, dal momento che il numero di coperti annui deve rientrare nel limite massimo di 500 coperti. Ecco perché l’home restaurant non può essere in funzione continuativamente, ma solo occasionalmente, ad esempio uno o due giorni la settimana.

Limite 5000 euro annui di fatturato

Uno dei limiti più importanti per l’home restaurant è quello legato al fatturato annuo. Essendo un’attività in cui non si richiede l’apertura di partita IVA, l’imponibile massimo annuo non deve superare i 5000 euro annui. 

Norme HACCP

Sotto l’aspetto igienicosanitario, fondamentale per garantire la sicurezza alimentare, rimane qualche perplessità su quello che è stato definito nel testo “rispetto delle procedure previste dall’attestato dell’analisi dei rischi e controllo dei punti critici (HACCP) ai sensi del Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari”, che possiamo interpretare come l’obbligo di predisporre delle procedure basate sui principi del sistema HACCP e quindi di dotarsi di idoneo Piano di Autocontrollo. La certificazione HACCP è un requisito indispensabile ogni qual volta ci sia manipolazione degli alimenti che vengono poi destinati al consumo umano e sarebbe auspicabile che anche i ristoranti domestici la possedessero. 

Assicurazione sui rischi

Al gestore dell’home restaurant spetta la responsabilità di assicurarsi che il cuoco e l’abitazione possiedano un’assicurazione per la responsabilità civile verso i danni arrecati a terzi, erogare i servizi a pagamento solo mediante mezzi elettronici (quindi tracciabili fiscalmente), provvedere alla registrazione degli utenti della piattaforma (i cui dati dovranno essere messi a disposizione delle Autorità per i dovuti controlli). La Polizza RC tutela tutti gli attori in campo da eventuali danni oltre a consentire la deducibilità fiscale, permettendo al gestore di ridurre il valore del reddito complessivo al fine calcolare la base imponibile.

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L’aspetto igienico-sanitario

Come si è detto, dal punto di vista dell’igiene dei prodotti alimentari la proposta di legge presenta delle lacune. La normativa HACCP mette in campo un Piano di Autocontrollo che andrebbe a tutela non solo del consumatore ma anche del gestore, tenendo in considerazione un’attenta analisi dei rischi che potrebbero derivare dalla manipolazione, produzione e somministrazione degli alimenti. 

Il Ministero dello Sviluppo economico con la risoluzione n. 332573 del 21 ottobre 2016, ha evidenziato che l’attività di home restaurant, in mancanza di una disciplina specifica “non espone a problematiche significativamente maggiori o diverse dalle comuni cene ad inviti presso abitazioni private, fermo restando il potere di accesso degli operatori di P.S.”. 

Tuttavia, se l’attività viene svolta in zone tutelate, è necessario che l’home restaurant possegga un piano HACCP, impianti e strutture a norma.

L’obbligo di presentare la SCIA

Non ultimo in ordine di importanza, troviamo l’obbligo per gli “utenti operatori cuochi” di presentare digitalmente presso lo sportello del proprio Comune la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) nella quale andrà segnalato l’inizio dell’attività di home restaurant. 

Nell’ambito della SCIA vanno indicate informazioni del tipo indirizzo dell’abitazione, i metri quadri, l’eventuale presenza di parcheggi e così via. 

Si tenga anche presente che anche la struttura deve rispettare requisiti strutturali e funzionali, per esempio, impianti a norma, possibilità di utilizzare la canna fumaria, trattamento dei rifiuti, conservazione degli alimenti, ecc. 

L’unica sanzione prevista nella proposta di legge riguarda proprio la mancata presentazione della SCIA che sarà punita con una sanzione da € 1.032 a € 10.330. 

L’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

È doveroso precisare che tale proposta di legge è rimasta bloccata per l’intervento dell’AGCM. Il Garante ha infatti bocciato il disegno di leggere per gli eccessivi limiti imposti ai proprietari di casa (i “gestori”) che sarebbero in contrasto con i regolamenti europei. 

Il Garante difatti ha osservato che:  

Il legislatore intende introdurre nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant), la quale, nell’ambito dei servizi partecipati che compongono la sharing economy, risulta essere in forte espansione anche nel nostro Paese, per la forte propensione, soprattutto delle nuove generazioni, ad aprire la propria casa e a condividere la cultura enogastronomica nostrana. 

In conclusione, al momento la disciplina degli home restaurant parrebbe trovarsi in uno stallo. La mancanza di una norma in tal senso è avvertita da tutti, sia per le preoccupazioni degli esercenti di pubblici esercizi che hanno visto tagliata via una fetta importante della loro utenza, sia per le obiezioni dei consumatori più attenti che non hanno potuto fare a meno di puntare il dito sulla carenza di requisiti igienico-sanitari (di natura chiaramente solo strutturale) e soprattutto di controlli ai quali queste attività non sono per ora soggette. 

Rimaniamo quindi in attesa del testo definitivo di una norma che molti attendono con grande trepidazione. 

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